ELENA SCOLARI |  Prima mondiale del Paradiso di Dante messo in scena di Eimuntas Nekrosius al Teatro Olimpico di Vicenza, conclusione del viaggio teatrale nella Divina Commedia.

Paneacqua ha avuto la fortuna di trovare un biglietto all’ultimissimo minuto per la messinscena del Paradiso di Dante diretta dal grande regista lituano Eimuntas Nekrosius, rappresentata al Teatro Olimpico di Vicenza nei giorni scorsi. Siamo riusciti ad entrare in Paradiso! E abbiamo goduto di una perfezione “olimpica” di luce e anima.

Il teatro Olimpico è il più antico teatro coperto del mondo (1585), è stato di recente restaurato e restituito alla cittadinanza vicentina, è costituito da un’imponente scena fissa marmorea che ricostruisce una porta d’ingresso ad una città ideale, con statue, nicchie e fronti ricchi di bassorilievi, dietro di essa si scorgono le tre vie principali della città, ognuna è una via di fuga realizzata con sapiente uso della prospettiva. Questa cornice poteva essere vincolante per la realizzazione dello spettacolo, un teatro con un carattere così forte avrebbe potuto sovrastare l’azione scenica e indebolirla, Nekrosius ha invece saputo sfruttarla facendo risaltare la semplicità del suo allestimento.

Lo spettacolo si apre con un canto lituano tradizionale, intonato a cappella da due attrici, sole in scena ed entriamo subito in un clima di soavità, per il tono e per la pulizia delle due voci, subito dopo entra San Pietro, in pastrano nero, insieme alle anime che si apprestano alla loro entrata celeste (i giovani ma esperti attori della compagnia Meno Fortas di Vilnius), qui vediamo una delle più belle idee dello spettacolo: ogni anima si deve liberare di tutto ciò che di terreno ancora l’appesantisce e tutti gli oggetti presenti sul palco vengono consegnati al guardiano  San Pietro che li incarta uno per uno in fogli bianchi, come per un trasloco divino. Il tutto avviene con una leggerezza di movimento da parte di tutti gli interpreti che dona un tono ironico al fatto: c’è chi non si vuole separare dallo specchietto, chi cerca di nascondere un libro… Compare poi Dante, un bravissimo Rolandas Kazlas, in camicia rossa e pantaloni neri, invitato da Pietro ad indossare delle speciali pattine di carta bianca per non rovinare il pavimento  del paradiso… Dante è il primo a recitare alcune terzine (in lituano, per il pubblico proiettate nell’originale italiano), declama i suoi versi a testa in giù, giusto punto di vista della sfera celeste.

Il regista ha scelto, ad arte, solo 99 terzine della cantica, tagliando e montando per concentrarsi soprattutto sul rapporto tra Dante e Beatrice, nello spettacolo la parte testuale risulta ridotta a vantaggio dello spirito delle parole dantesche, tutto presente nell’atmosfera davvero gioiosa, aperta e luminosa che attraversa il lavoro.

Crediamo che l’intento di Nekrosius sia stato quello di rendere la sensazione che la lettura del Paradiso lascia in chi lo affronta: una grande armonia, una levità che avvicina al processo di separazione dal corpo. La regia ha scelto di usare un piano luci molto elementare, basato sul bianco e sulla diffusione costante della luce, che diventa elemento caratterizzante dello spazio e del sentimento scenico. Un grande proiettore da cinema è la luce suprema, governata da Dante con il movimento delle mani, come a scoprire il potere delle proprie capacità, quando ci si alleggerisce di tutti gli orpelli umani, troppo umani.

Struggente è la spontaneità con cui Kazlas esprime la sua devozione amorosa per Beatrice, vera luce, unico sole.

Abbiamo avuto conferma del punto forte di questo regista: lavorare in levare per puntare dritto all’essenza semplice e quindi invincibile dell’emozione centrale di ogni testo. Bene gli era riuscito con Shakespeare, meno con Dostoevskij in cui la sottigliezza delle riflessioni aveva un po’ ingessato la trasposizione teatrale de L’idiota. Il metodo è perfetto la terza cantica della Commedia.

Questo teatro così speciale ha ospitato con garbo uno spettacolo che ha reso con grazia celestiale la serenità allegra e rotonda del paradiso del poeta, Nekrosius ha voluto trasmetterci il sentimento, l’emozione fresca ma molto profonda che Dante ha descritto parlando di un luogo immaginario.

Ci piace sorridere all’illusione che almeno in teatro Beatrice abbia ragione, l’ultima battuta dello spettacolo è sua: “Il paradiso c’è”.