RENZO FRANCABANDERA | Quasi un cimitero. Lucine rosse e fiori finti addobbano il palco in forma sepolcrale, lasciando l’idea che si stia per entrare in un oltremondo, che le vicende cui assisteremo appartengono al regno dei morti (le scene sono di Angelo Gallo).
Radio Argo di Igor Esposito, proposto in questi giorni al Franco Parenti di Milano, diretto e interpretato da Peppino Mazzotta è stato presentato per la prima volta al Festival Primavera dei Teatri nel maggio 2011, suscitando fin dal suo debutto una grande attenzione e un riconoscimento per il recitativo intenso, per poi raccogliere nell’anno passato il Premio Nazionale della Critica, e quest’anno il Premio Annibale Ruccello.
La drammaturgia propone , per grandi salti temporali, la saga degli Atridi attraverso il ventennio che va dalla partenza per la guerra di Troia, con il sacrificio di Ifigenia per propiziare la vittoria, fino, dieci anni dopo, al ritorno in patria di Agamennone, il conquistatore che torna in patria accompagnato dalla triste figura di Cassandra, divenuta sua schiava e che predirà il loro comune destino di morte, per mano della ex moglie di Agamennone, Clitemnestra, e di colui che nei dieci anni di lontananza del re ne era diventato amante, Egisto.
Ancora alcuni anni, sette per l’esattezza, e anche il destino di costoro si compie, con l’uccisione per mano del figlio di Agamennone, Oreste, che uccide i due usurpatori.
Fin qui la storia di cui la leggenda plurimillenaria conserva traccia, e che Esposito rilegge in modo drammaturgicamente fedele, narrando le vicende attraverso i panni dei protagonisti. Sulle spalle di Mazzotta la resa dei monologhi attraverso in quali la storia si dipana, partendo da Ifigenia, che rende testimonianza praticamente in tempo reale del suo sacrificio, per passare poi ad un duetto fra Egisto e Clitemnestra che si confrontano concitati all’arrivo di Agamennone in patria, per passare poi allo stesso re vincitore, che arringa la sua folla al ritorno, e alla sua schiava Cassandra, che predice il futuro di morte. Chiude la rassegna di figure epico-mitologiche il figlio Oreste, che compie il destino di vendetta.
Si tratta di monologhi intensissimi, cementati dall’espediente drammaturgico di incastonarli in una sorta di trasmissione radiofonica, il cui presentatore spiega di fatto il corso degli eventi al pubblico, agli “amici della notte” di Radio Argo, appunto. Anche il presentatore, come tutte le altre figure sono affidate all’istrionica e totale presenza di Mazzotta, che aggiunge ad una capacità recitativa innegabile, l’espediente di recitare per quasi tutto lo spettacolo in sedia a rotelle o assistito da mezzi di ausilio alla deambulazione, fino a lasciar ragionevolmente intendere al pubblico si tratti di una reale disabilità dell’interprete e non un fingimento scenico.
Come questo leghi le figure, il loro stare in piedi o essere costrette alla sedia (Ifigenia, Agamennone e Oreste sono in piedi, tutti gli altri, dj compreso sono sedute), è forse più una scelta legata alle esigenze sceniche che ad un tema drammaturgico esplicitato, anche perché non è il discrimine della consapevolezza, ad esempio a determinare la cosa. D’altronde immaginare un Agamennone che arringa la folla seduto in posizione inabile sarebbe stato un ovvio controsenso.
I monologhi che si seguono a ritmo incalzante, e per una durata complessiva coerente e ben calibrata, hanno fin da subito una temperatura scenica assai alta, quasi come un fornello mandato a mille per far bollire l’acqua in pochi minuti. Ed effettivamente lo spettatore è subito travolto. Non fa in tempo a capire di chi si sta parlando che già deve fronteggiare l’espediente drammaturgico della Radio, cerca di capire se l’attore è disabile e si trova gettato in un monologo a due fra Egisto e Clitemnestra che dire serrato è poco. Di lì a qualche minuto ecco arrivare Agamennone, che si leva in piedi per arringare la folla. E infine le figure, molto belle e forti, di Cassandra e Oreste, vittime e carnefici nell’incarnare il compiersi del destino.
Lo spettacolo è bello. Molto bello. Forte. Intenso. Se proprio dal punto di vista scenico dovessimo approfondire un tema, porteremmo al centro dello sviluppo del recitato fatto di ripetizione in rapida sequenza di brevi monologhi la questione di una sorta di variatio emotiva, ovvero dell’opportunità di maneggiare la manopola della fiamma in modo che l’acqua possa, per continuare con la metafora, ora bollire a pieno gorgoglio, ora in forma leggera e impercettibile, ora quasi per nulla. Questa modalità, di cui solo gli intermezzi del dj di Radio Argo sono incarnata testimonianza, permetterebbe forse un effetto ulteriore di straniamento del pubblico costretto ancor più alle montagne russe dell’emozione.
Ma è una cosa su cui è chiaro che governa la sensibilità individuale, e per discutere la quale non resta che invitare, come assolutamente facciamo, alla fruizione. Al Franco Parenti fino al 21 pv.
Di seguito un video promo dello spettacolo
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