ELENA SCOLARI |  Examleto in scena al Franco Parenti di Milano fino al 6 dicembre 2012, un grande Roberto Herlitzka rende onore al capolavoro di Shakespeare.

“E non dovete trinciar l’aria con la mano, ma imprimere, bensì, dolcezza al gesto. Poiché nel torrente, nella tempesta o nel vortice della passione, proprio allora dovete acquisire e dar forma a una sorta di moderazione”. Così Amleto istruisce gli attori della compagnia che metterà in scena la tragedia dell’uccisione del padre. Parole d’amore per il teatro e regole che mai sarebbero da dimenticare…

Certo non le dimentica Roberto Herlitzka, grande attore in questa versione di Amleto prodotta da Teatro Segreto (già in tournée da qualche anno), nella quale, solo sul palco, ci regala una prova recitativa eccellente, direi stupefacente, se già non lo avessimo apprezzato come uno dei migliori in Italia, anche sul grande schermo.

La riscrittura del testo, curata da Herlitzka stesso, è intelligente, moderna, freschissima nella sua complessità. L’idea centrale dello spettacolo è che Herlitzka/Amleto non solo interpreti tutti i personaggi, ma che Amleto sia tutti loro, che li racchiuda tutti in sé: un Amleto archetipo dell’uomo che ha dentro di sé la fragilità e l’amore di Ofelia, l’ambizione dello zio, la sudditanza di Gertrude, la superficialità della corte, la saggezza del becchino, lo spirito di Yorick, la giustizia di Laerte e il senso dell’amicizia di Orazio.

Così come Herlitzka è lo spettacolo tutto, mattatore fantastico in continuo e abile equilibrio tra mille registri diversi, che attraversa con la disinvoltura dell’acrobata, saltellando agile dal tragico al lirico, dal minimal all’umoristico, dal poetico al parodistico.

Possiamo osservare che tale bravura può, qua e là, risultare un po’ esibita, mai con compiacimento ma talvolta lievemente insistita, a svantaggio del coinvolgimento emotivo, siamo comunque dell’idea che davanti a tanta capacità non si possa essere che essere grati.

Allo spettatore è richiesto uno sforzo di attenzione molto alto, non c’è sosta, mai e seguiamo l’attore su un ottovolante teatrale di rara qualità. Il passaggio da un personaggio all’altro avviene in un battito di ciglia, pur conoscendo bene l’opera non ci si può distrarre.

Roberto Herlitzka indossa un semplice abito scuro e usa solo pochi oggetti evocativi: una sedia, una spada, il flauto (Amleto a Guildenstern: “Tu mi potrai prendere per qualunque strumento che vorrai, tastarmi quanto vuoi: non puoi suonarmi”), la cornice di uno specchio e il teschio di Yorick. Si muove con gestualità sapiente ed estremamente duttile sul palco.

Il lavoro drammaturgico è improntato all’asciuttezza, con ironia si sottolineano la mancanza di onestà, attualissima, e il disprezzo per la virtù. Lo stile di recitazione è quasi sempre a togliere, a “buttare via” con finta distrazione versi splendidi dando l’impressione che possano sgorgare naturali, c’è un distacco diffuso che esalta i momenti di maggior indignazione verso le bassezze che Amleto ha scoperto essere state perpetrate contro l’amato  padre, e che saranno tragicamente vendicate.

Una nota di perplessità, marginale, va al piano luci di Examleto, che ci è parso non abbastanza curato, brusco rispetto alla svelta dinamicità dell’interprete, alcuni cambi un po’ secchi e la strana scelta di un faro a  pioggia fuxia durante l’Essere o non essere.

Amiamo particolarmente l’Amleto, ritenendolo un compendio ineguagliabile delle passioni umane, un catalogo sottile e crudele di ciò che ci muove alla vita, e alla morte.

Siamo sicuri che a Elsinore Herlitzka sarebbe il benvenuto.