tecVINCENZO SARDELLI | Che cosa saremmo disposti a fare pur di comparire, di esibirci, di uscire dall’anonimato ed essere catapultati nel gigantesco caravanserraglio mediatico che è il mondo dello spettacolo e della Tv?
È questa la domanda che ci si pone assistendo allo stravagante show di Tec Teatro dal titolo “Il protagonista”, vincitore della Borsa Teatrale “Anna Pancirolli” 2012 (anche Menzione Giuria Giovani) recentemente di scena al Teatro I di Milano con l’altro vincitore ex aequo, “Mi chiamo Rachel Corrie”, di Marta Paganelli.

Qualunque simulacro di video serve a immortalare la nostra faccia, i nostri gesti, attimi banali di vita normale, con la narcisistica illusione che basti cristallizzarli in un’immagine per renderli rilevanti ed eterni.
Per perpetuare le nostre sembianze, per guadagnare un’effimera celebrità, saremmo disposti a qualunque tipo di rischio. Forse persino a rinunciare… alla vita?
“Il protagonista” (con Riccardo Maffiotti, Filippo Parma, Luca Roncaglia, Marco Cantori, fonografia di Luca Roncaglia, luci di Enrico Barbieri, regia di Marco Cantori) è ispirato a “La lotteria di Babilonia”, racconto breve di Borges, dove l’estrazione di una speciale lotteria assegna ai partecipanti dei destini: alcuni belli, altri terribili.

In questo spettacolo dai toni surreali, con qualche venatura d’assurdo e un  grottesco ping-pong di battute con il pubblico, compaiono tre personaggi di una scalcinata compagnia. Sono un capocomico e un inserviente entrambi in camice bianco e occhiali da sole a specchio, e anche un presentatore in frac, che presto si trasformerà in una stramba, rubiconda, sinistramente eccitante valletta-trans.

Parte lo show televisivo. L’estrazione sta per avere inizio. Il Protagonista sorteggiato festeggia con foga iperbolica, con tanto di spogliarello e maquillage, fino al coinvolgimento in una serie di demenziali format televisivi che vanno dal mega-colloquio mozzafiato a un’estenuante gara pubblicitaria, a un’esilarante performance ballo-ginnica. Si finisce con una pirotecnica prova del cuoco, che impregna la sala dell’odore pungente degli ortaggi usati.
Luci ammiccanti e atmosfere soft, voci persuasive e decadentemente calde al microfono, coreografie di gruppo bizzarre e monche esprimono la vacuità di un mondo di lustrini e paillettes. Il baraccone mediatico fagocita la nostra coscienza e individualità, ancor prima della nostra intelligenza.
L’umorismo cinico di Tec Teatro si vale di pochi mezzi (un camice da estetista, o cuoco o infermiere; un lenzuolo bianco che diventa sudario o schermo su cui proiettare delle immagini) per irridere la nostra epoca, che preferisce l’apparire all’essere, la copia all’originale.

Il burlesco manichino in cartone di Giorgio, il Protagonista, tra una coltre di palloncini bianchi, chiude uno show divertente e laconico. Non semplice, perché l’attributo di qualunque fenomeno è la complessità; ma capace di distrarre e di far riflettere senza la pretesa di persuadere.

Rinunciando agli effetti speciali di uno stile barocco o di un finale inatteso, Tec Teatro, in bilico tra realtà e fantasia, tra realismo e simbolo, preferisce la preparazione di un’aspettativa a quella di uno stupore. Intraprendente la regia, esuberante e convincente la prova degli attori.

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