bradford-cox-2_V1MANFRED ZEIT | “This is an american drama in Italy!”. Così dichiara un irritato e irritante (per molti degli astanti, ma non per chi scrive) Bradford Cox a circa metà esibizione dei suoi Deerhunter, tra le zanzare e il pubblico inerte del Magnolia. Basterebbe questa frase a spiegare che cosa è accaduto, ma entriamo nei dettagli!

Bradford Cox, assieme a Lockett Pundt (amati da molti anche per i rispettivi progetti solisti Atlas Sound e Lotus Plaza), è la mente musicale dei Deerhunter. Ma la mente poetica ed emozionale è certamente l’allampanato freak (affetto da Sindrome di Marfan fin dalla nascita) di Altanta: Bradford Cox ragazzo difficile e musicista prolifico oltreché dal tocco originale e unico. Arrogante e dispotico, con voce candida e poi improvvisamente aspra, appassionato di escapismo!

Un personaggio naif e trasversale che certamente incarna con esattezza l’essenza del musicista indie contemporaneo. Però qui non si tratta di pose, qui tutto è fottutamente reale e sofferto: Bradford è realmente malato, Bradford è un reale provocatore, disturba e afferma la sua diversità con grande convinzione e con il supporto di un immaginario sonoro e poetico (oltreché estetico, ma su questo torneremo) di grande impatto e di grande autenticità. Bradford Cox è una creatura dell’America freak e sognante, marginale e vitale, reale e artificiosa, potrebbe ricordare lo spaventapasseri o l’omino di latta del meraviglioso mondo di Oz. L’immaginario dei Deerhunter si colloca in quella zona dell’indie americano che va dai REM a Flaming Lips, dai Velvet Underground agli Animal Collective.

Sebbene molti “moralisti” rock’n’roll un po’ se la stiano prendendo, io non mi stupisco che Bradford Cox sia antipatico e indolente perché l’acustica del Magnolia si rivela inadeguata e, nonostante ripetute richieste da parte dei musicisti, i fonici del locale non siano in grado di migliorarla. Non mi stupisce che Bradford sia dispotico con il resto della band, ne’ che si conceda variazioni sui brani e lunghe digressioni verbali dove, prima prova a dialogare ironicamente con il pubblico che non comprende il suo inglese americano, restando bolso e inerte, poi comincia a insultare il così detto “malcostume degli italiani”, il provincialismo, Berlusconi e così via. Intona anche una preghiera per Little Tony e si chiede come questo possa essere il paese che ha prodotto Pasolini. Ma non è mica la prima volta che musicisti stranieri si irritano e si scagliano contro il clima mefitico e sciatto che si respira dalle nostre parti! Che qualcuno dell’organizzazione si lamenti di quanto è stato irritante, cattivo e indisciplinato un artista rock, lo trovo quantomeno patetico: se organizzi concerti rock non ti aspetterai di ricevere sempre dei simpatici e composti gruppetti di boy scout!?

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I Deerhunter pare abbiano passato il pomeriggio a decorare sassi, questi simpatici oggetti sostituiranno il merchandising assente e saranno offerti gratuitamente al pubblico dalla band.

Quindi tutto diventa psicodramma e farsa. I brani del nuovo stupendo album “Monomania” (titolo assolutamente puntuale e preciso nel descrivere il contenuto dell’album), ma anche quelli pescati dai dischi precedenti, sono dal vivo molto più rumorosi e affollati di suono: una melassa sporca e seducente, assordante e trascinante. Tutto è romanticamente confuso e piangente. Bradford provoca e sbeffeggia il pubblico tra coltri di chitarre sovrapposte e sovraesposte, mentre la batteria di Moses Archuleta riorganizza il caos scandendo ritmicamente questa matassa di suono notturno, indolente e retrò. Bradford indossa una parrucca nera con enorme ciuffone da New York Wavers che richiama alla mente il CBGB’s di fine ’70, ed è un perfetto costume di scena: per buona parte del concerto sembrano essere i suoi veri capelli a coprirgli metà del volto e gli occhi. Poi quando qualcuno nelle prime file, durante un momento particolarmente noise del concerto, incita Bradford a buttarsi nel pubblico come un vero punk rocker dei Seventies, lui si toglie improvvisamente la parrucca ed è straniamento puro: “guardatemi, spennacchiato e deforme, io sono un freak, una creatura eccezionale. Non mi butterò tra le vostre braccia!”, dopodiché indossa nuovamente la parrucca svelata come fosse una protezione. Un’arma.