d.f. wallaceEMANUELE TIRELLI | La morte aggiusta le cose, ma forse non tutto e comunque non per tutti. Prendete due autori famosi, uno è morto e l’altro, pochi anni dopo la scomparsa, ne parla pubblicamente su twitter come del “più noioso, sopravvalutato, pretenzioso scrittore della mia generazione”. Quello che non c’è più è David Foster Wallace, suicida nel 2008 quando era già considerato uno dei geni della letteratura contemporanea. Quello vivo è il Bret Easton Ellis di American Psycho, per dirne uno. Certo non è molto pulito uscire fuori con una frase del genere su qualcuno che non potrà ricambiare. E probabilmente non è nemmeno una gran mossa visto che gli amanti di DFW continueranno ad amarlo, quelli che non lo amano continueranno a non amarlo e quelli che sono indecisi forse si schiereranno dalla sua parte, anche solo e semplicemente perché è morto. Ma come mai tutto questo astio? Magari un po’ d’invidia? Cosa ha fatto il ragazzo con l’asciugamano al collo (che usava per “difendersi” dalle sudorazioni causate dall’ansia e che coordinava con una racchetta da tennis per far sembrare meno strana la presenza dell’asciugamano) o con la bandana sulla fronte (credeva che gli sarebbe esplosa la testa. Se non lo sapete e ve lo state chiedendo, la risposta è “sì, Wallace non stava affatto bene”)… insomma, cosa ha fatto per meritarsi queste sciabolate tutt’altro che morbide? Qualcuno sostiene che si sia ispirato a un romanzo di Ellis senza ammetterlo (vedi biografia ufficiale targata DT Max e pubblicata in Italia da Einaudi). Quello che è sicuro, invece, è che DFW fosse passato una e più volte con la sua lingua pesante sul famoso American Psycho e sullo stile di Ellis, argomentando, sentenziando, criticando in un’intervista rilasciata nel 1993 a Larry McCaffery. Intervista che da settembre possiamo leggere per intero anche in italiano grazie a Un antidoto contro la solitudine – interviste e conversazioni edito da Minimum Fax. E va bene, Wallace non le ha mandate a dire e aveva sempre una parola su ogni argomento: parlava di tennis, parlava di matematica, parlava di crociere, parlava di rap, parlava di filosofia e ancora e ancora e ancora. Ovviamente parlava di letteratura, scrittura e scrittori. Non ha risparmiato nemmeno Thomas Pynchon, definendolo un autore “oramai superato”, almeno da quanto possiamo leggere, sempre dallo scorso settembre, in Di carne e di nulla, una raccolta di riflessioni e interviste pubblicata da Einaudi. Insomma, abbiamo davvero tanta roba per conoscere meglio Wallace, farci gli affari suoi, capire cosa c’era dietro romanzi, saggi e racconti, e per dare anche una spiegazione a tutta una serie di vicende collegate. D’altronde, si può anche essere d’accordo con l’idea che la morte non aggiusti tutto quanto e che attaccare fortemente uno scrittore sulla propria letteratura sia molto peggio che prenderlo a randellate sulle ginocchia, però Bret Easton Ellis continua ad aver fatto la figura del rosicone. Insomma è come se mezza intellighenzia, e non solo, italiana criticata apertamente da Edmondo Berselli in Venerati Maestri iniziasse a dire pubblicamente che Berselli era davvero, ma sul serio, ma incredibilmente un poveraccio. Certo, tutto può succedere, ma la figura ricorrente sarà sempre quella del rosicone.

Una video intervista a D.F. Wallace…

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