MentanaALESSANDRO MASTANDREA | “Siamo in guerra”, sono mesi che Beppe Grillo lo ripete, ed Enrico Mentana deve averci creduto, se, visti i tempi incerti, ha deciso di fare di necessità virtù, trasformando lo studio del proprio TG nel campo base da cui dirigere l’offensiva mediatica de La7.
Che la rete di Urbano Cairo molto debba al direttore e volto noto della sua testata giornalistica, è un fatto assodato: ma può il volto di maggior successo di una emittente, trasformarsi anche nell’incubo peggiore del proprio editore? In colui che poco a poco ne ha scalato i vertici imponendo la propria immagine a scapito del resto?
Se paragonassimo La7, con i suoi problemi nella programmazione e quella certa instabilità nel palinsesto, a una casa sfitta, Mentana ha in fondo rivendicato il proprio diritto ad abitare quegli spazi, occupandoli, in mancanza di proposte migliori, senza troppe cerimonie.
Si da’ il caso, infatti, che a parte i talk show politici, la satira di Maurizio Crozza e gli eventi televisivi di Fazio e Saviano in trasferta dalla RAI, nessuno dei format convenzionali tipici della TV generalista sia riuscito ad attecchire a La7. Dei molti tentativi fatti da La7 in direzione di un rafforzamento della propria posizione nel panorama dell’etere, altrettanti hanno prodotto sonori fallimenti, con un Mentana stakanovista chiamato a fare gli straordinari e a declinare se stesso – vero e proprio brand – per tutte le fasce orarie. In questa sua dipendenza da sovraesposizione catodica, il direttore Mentana con ghigno beffardo pare sussurrare tra se’ e se’: “ne rimarrà solo uno”, dopo che gli indici Auditel hanno decretato la fine prematura di una lista interminabile di nomi noti.
Una strage vera e propria, se vogliamo dar conto delle numerose vittime illustri che si sono succedute a ritmo incalzante, nelle più impensate fasce orarie: Antonello Piroso la domenica, Serena Dandini il sabato sera, Geppi Cucciari prima del TG serale, ma anche Sabrina Guzzanti e le sorelle Parodi.
L’ultimo grande flop, di Salvo Sottile e della sua “Linea Gialla”, ha poi generato una vera e propria slavina nel palinsesto settimanale, con “La Gabbia” di Paragone slittata alla domenica, il rientro in gioco di una Bignardi sempre meno barbarica e infine Crozza al venerdì sera, col rinforzo a seguire dell’immancabile direttore con il suo “Bersaglio Mobile”.
Forte di questa lenta ma inesorabile scalata alla guida di una intera rete, oggi nessun obiettivo pare troppo grande, nemmeno intervistare il leader politico più inaccessibile del momento. Così, venerdì scorso, è riuscito a Mentana quel che non era riuscito nemmeno a Matteo Renzi, ovvero far tacere per qualche momento il proprio interlocutore, evitando di schiantarsi contro il muro di parole dei suoi famigerati monologhi e riuscendo finanche a porre qualche domanda. Niente di eccezionale, per carità, ma tanto è bastato per scatenare un tripudio di commenti e rilanci nei giorni successivi, con Mentana che ancora gongola.
Come noto tuttavia, in ogni guerra che si rispetti devono esserci delle vittime collaterali. E le fortune del Mentana direttore, quello dipendente da estenuanti maratone in diretta, passano anche per le sofferenze altrui. In particolar modo per quelle di Alessandra Sardoni, inviato feticcio del direttore, colei che, trasferita la propria residenza in Piazza Montecitorio, armata di microfono, sacchi di sabbia e moschetto, felice vive la propria condizione di eterna inviata sul fronte più caldo della politica italiana.

sardoniNon vi è infatti diretta dal Parlamento che non la veda presente e vigile, pronta a raccogliere testimonianze e interviste dagli attori protagonisti di questa perenne guerra di trincea. Nessun giorno di riposo per lei, che ha sacrificato la propria vita privata per la maggior gloria del suo TG. Complice, suo malgrado, della lenta metamorfosi dell’emittente per la quale lavora in una rete all-news, alla Sardoni non rimane che pregare perché scoppi improvvisa la pace, o, quantomeno, un armistizio che la salvi dalle continue fibrillazioni della politica. E’ forse chiedere troppo una serata da passare serenamente a casa sul divano, senza il terrore del telefono che squilla, con all’altro capo della linea il mefistofelico direttore?

L’intervista a Beppe Grillo:

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