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FRANCESCA PEDDONI | Fili cuciti, ricuciti e scuciti. Fili tesi o aggrovigliati, liberi o annodati che s’impossessano dei linguaggi silenziosi di una piccola donna: Maria Lai. Sono i fili che uniscono virtualmente tre delle maggiori istituzioni artistiche della Sardegna: Musei civici di Cagliari, MAN di Nuoro e la Stazione dell’arte di Ulassai, in “Ricucire il mondo” – dal 10 luglio al 02 novembre 2014 – la prima retrospettiva dedicata all’universo artistico di una fra le più importanti protagoniste femminili dell’arte contemporanea.

Era una piccola donna sarda, con un passato legato agli zingari e alle leggende, in un luogo aspro come la Sardegna, terra primitiva di pastori e tessitrici, luogo un po’ magico dove le janas, le fate delle grotte, aiutano a costruire le trame delle cuciture di tappeti e di stoffe con il loro ordito che mescola rigore geometrico e libera fantasia. Sono i fili della tradizione e del passato che stanno alla base di quest’originale ricerca creativa che porterà l’artista ad amare le sue radici e allo stesso tempo a doversene staccare, trovando nei linguaggi contemporanei dei punti di riferimento necessari per quello che diventerà il suo linguaggio personale. L’immaginario intreccio d’arte allestito in occasione della mostra inizia con le prime opere esposte nel percorso cagliaritano: schizzi dell’artista realizzati dagli anni quaranta agli anni sessanta, influenzati dagli insegnamenti di Arturo Martini, suo maestro durante gli anni della formazione a Venezia.

Si tratta di disegni su carta, semplici, istintivi, immediati, poche linee evocano volti dignitosi e gestualità antiche legate al lavoro delle donne sarde. Le matite e le chine con gli anni accolgono il colore, steso a velature sulla carta; così il segno, sicuro e preciso, si evolve verso l’essenzialità. Nascono da qui i lavori più celebri: le Lavagne, le Geografie, i Libri cuciti, opere in cui l’artista interviene inventando parole non scritte, visibili ma incomprensibili, in cui libera e aggroviglia i tanto amati fili che prepotentemente s’impadroniscono delle sue opere. E’ sempre il percorso cagliaritano a offrire documentari e interviste, testimonianze commoventi dalla flebile voce dell’artista che nella sua apparente fragilità ha saputo “legarsi alla montagna”: il filo nel 1981 si trasforma in nastro e partendo da una leggenda locale che menziona un “nastro azzurro”, l’artista decide di legare con un tessuto lungo oltre venti chilometri 10615579_760613787315558_2316735299533274132_nle case del paese fino alla montagna, in cerca di una tregua spirituale con la natura. Una performance legata all’analisi delle emozioni dell’animo umano: uno stesso nastro che tiene uniti insieme odio, amore, amicizia, diversità e uguaglianze. Un grande telaio all’aria aperta, una metafora dell’arte, raccontata in mostra dalla proiezione del filmato originale. Il percorso cronologico continua al MAN di Nuoro con la produzione dell’artista dai primi anni ottanta al duemila, attraverso opere, materiali, documentari, foto e video dei principali interventi ambientali, da “La disfatta dei varani” a “Essere è Tessere”.

Una serie di lavori, tra cui “Lenzuoli”, “Libri cuciti”, “Geografie” e “Telai”, raccontano infine la relazione dell’artista con il mondo dell’infanzia e della didattica. La retrospettiva culmina nella Stazione dell’Arte di Ulassai, un museo d’arte contemporanea fondato dall’artista stessa. E’ il silenzio che accoglie il visitatore in quest’angolo sperduto della Sardegna, un’ex stazione ferroviaria immersa nel verde dell’Ogliastra. Qui sono raccolte le opere della maturità divise in due parti: le sculture esposte all’interno degli spazi museali e un percorso ambientale, caratterizzato da dodici opere suggestive, posizionate in spazi che dal parco dell’ex stazione si snodano all’interno del paese di Ulassai. Negli spazi museali, le grandi “Carte geografiche”, che l’artista ha continuato a modificare soprattutto negli ultimi anni; tele e velluti, luminosi e profondi sono dei grandi spazi cuciti, talvolta scuciti e poi ancora ricuciti.

Nel percorso lo spazio più interessante è dedicato alla bellissima installazione “Invito a tavola”, pani e libri monocromi “apparecchiano” un lungo tavolo bianco; un’Ultima Cena che rappresenta la fine del percorso artistico di Maria Lai, con due simboli che racchiudono l’essenzialità di un lavoro durato una vita: il pane e il libro, metafore dell’arte come nutrimento. E’ circondati dal silenzio di questo luogo quasi magico che si è coinvolti appieno dal testamento artistico di questa piccola donna sarda. Il suo linguaggio fatto di fili, cuciti ricuciti e scuciti, è testimone di una vita di ricerca, che qui finisce, fra le parole non scritte che raccontano di fate e telai, nastri e montagne silenziose.

Alcuni video della mostra

 https://www.youtube.com/watch?v=TL8mGWVreeI

https://www.youtube.com/watch?v=0rVoN64Fz-o