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MARTINA VULLO | Quello che rimane, in un primo momento, di David è morto dei Babilonia Teatri, andato in scena all’Arena del Sole di Bologna dal 9 al 21 Febbraio, è il flusso inarrestabile degli applausi finali, poi Tender dei Blur (quasi una colonna sonora su uno spettacolo che sembra riprendere, fra le altre cose, elementi cinematografici), poi ancora il grande cuore rosso al neon sul fondo della scena e infine il naso di un pagliaccio legato ad una croce.

In scena cinque personaggi, attraverso dei monologhi alternati, ricostruiscono post mortem la trama della tragedia che li ha travolti in vita.

E’ un susseguirsi di frammenti, immagini, piccoli spunti che ricorrono assemblati, elencati, montati attraverso un mix dolce e amaro, come gli aggettivi con cui la sorella del ragazzo suicida ne descrive il sangue, prima di replicare il gesto estremo. Il tutto in un piccolo paese in cui per la mancanza di stimoli, altri ragazzi in poco tempo faranno la stessa fine.

Sullo sfondo la tragedia di una coppia di genitori che, con dei rievocativi passi a due, mostra una passione ormai andata: colpa del tempo, della vicinanza, della morte interiore che  li ha colpiti e che non è poi così diversa da quella dei loro figli.

Pirandelliano l’atteggiamento della madre che si preoccupa di nascondere ciò che realmente è accaduto e di celare dentro sé la propria morte, anche se la società di cui la pièce si vuole fare specchio, non è certo quella borghese e sicula che descriveva il premio Nobel a inizio novecento, ma quella attuale e globale, estremamente apatica e molto più mediatica.

Si manifestano allora sin dalle prime entrate i peculiari caratteri che la contraddistinguono: dall’espediente della voce fuori campo che quasi come in un talk show, presenta gli attori con concisi accenni biografici per  poi svelarci i personaggi in cui “solo per noi!” si esibiranno, fino all’utilizzo di un linguaggio ripetitivo e asettico (quasi da navigatore satellitare) dove si intrecciano citazioni di ogni genere: frasi di film, oggetti di pubblicità, titoli di romanzi e pièce teatrali.

Gli elementi di continuità rispetto ad altri spettacoli della compagnia sono fortissimi: il tono della declamazione di Chiara Bersani, che in lingerie scarlatta, nei panni della sorella di David, ricorda quello della Raimondi nel precedente Jesus ed anche molte tematiche ritornano: come quella della famiglia tutt’altro che unita, che si riunisce a natale per onorare la tradizione… anche se questa volta al posto dell’agnello, si mangia il panettone. Motta! (Senza canditi!).

Ed a proposito di quel famigerato agnello, che per il suo rivestimento in pelle aveva destato, mesi fa, delle polemiche nate dagli animalisti ed incapaci di risolversi in un dialogo, è interessante la posizione qui denunciata da alcuni personaggi. La vita per loro si divide in due: c’è giusto e sbagliato, ci sono i carnivori e ci sono gli erbivori (da cui diffidare sempre!), c’è chi a colazione mangia dolce e chi (dio ce ne scansi) mangia salato.

E poi ci sono i primi e tutti gli altri: questo lo dice Alex, la pop star che fa il suo esordio nello spazio circolare fra il palco e le poltrone (speculare la scelta della contenuta sala Salmon, a garantire un rapporto diretto con il pubblico).

E’ grazie ad Alex che conosciamo questa storia: lui, un numero uno senza ispirazione, si illumina di fronte alla tragedia che tradurrà nel nuovo, fortunato, singolo “David è morto”. Il pubblico potrà ascoltarlo live in uno spassosissimo momento in cui gli attori rockeggiando con chitarre elettriche in mano, lo coinvolgeranno in un intrattenimento che si mescola alla cupezza della strumentalizzazione che rivela. Anche la pop star si unirà alla schiera dei morti suicidandosi alla fine del pezzo.

Scriveva Cesare Pavese, in relazione all’Antologia di Spoon River, che per Lee Masters la morte “è l’attimo decisivo che dalla selva dei simboli personali ne ha staccato uno con violenza, e l’ha saldato, inchiodato per sempre all’anima”.

C’è molto Lee Masters dietro ai personaggi che nel finale siedono, ognuno con il proprio simbolo accanto ad una croce. Ma una palla, un naso da pagliaccio, il gesto di un abbraccio, una chitarra elettrica e i fiori bianchi non sono certo le sole cose che rimangono della pièce.

Di questo delirio quella che resta è l’ambiguità, l’impossibilità di separare il cuore rosso dalle croci, la parlata all’unisono dei coniugi dalla loro effettiva distanza, il divertimento dell’intrattenimento dallo scoramento per i contenuti.

Come del sangue di David, del riuscito spettacolo dei Babilonia rimane questo: il dolce e l’amaro.

David è morto: uno spettacolo di Valeria Raimondi e Enrico Castellani
parole di Enrico Castellani
collaborazione artistica di Vincenzo Todesco
con Chiara Bersani, Emiliano Brioschi, Alessio Piazza, Filippo Quezel, Emanuela Villagrossi
musiche originali di Cabeki

Produzione Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale / Emilia Romagna Teatro Fondazione,
da un progetto di Babilonia Teatri

Visto Mercoledì 17 Febbraio. Arena del Sole. Bologna