ALESSANDRA CORETTI | Teatro e territorio: un corteggiamento di lunga data che non interpreta una relazione risolta, ma un groviglio di senso estremamente vulnerabile. Un’unità drammaturgica che si esprime per deragliamenti. Un legame importante perché costringe a riconfigurare lo sguardo sui rispettivi domini.

foto Luca Centola

Dalla necessità di risignificare questo incontro nasce Nessuno Resti Fuori – Festival di teatro, città e persone (Matera, 19-30 luglio 2016). Si tratta di  un attraversamento teatrale, un telaio di poetiche che tende a tessere le storie della città con le sue strettoie emotive, per sentirne gli echi, per esplorarne le stratificazioni, così da non percorrerne soltanto il perimetro urbano; in cerca di un legame altro. Più che un festival un moto vibrazionale di cui la Città dei Sassi sentiva fortemente il bisogno. Inclusione, partecipazione e prossimità il nucleo progettuale del festival che, pur essendo alla prima edizione, non fa trapelare sbavature o incertezze; ben collaudato infatti il congegno messo a punto dal Centro Arti Integrate (IAC) di Matera in partnership con la compagnia teatrale L’Albero di Melfi, l’Associazione L’ambulante di Cagliari, la rete europea Circus Next e l’Associazione culturale ideAgorà di Fossano.

Nesuno Resti Fuori – tappa conclusiva del progetto “Teatri diffusi. Narrare il territorio attraverso il teatro”, finanziato dalla Regione Basilicata nell’ambito del programma Visioni Urbane – raccoglie  un mandato culturale importante per Matera: porre in rapporto di reciproco scambio e dipendenza teatro e contesto, creando una zona di raccordo tra la dimensione artistica e la creazione di nuovi pubblici, o meglio, la creazione di nuove cornici che permettano a diversi pubblici, non necessariamente eruditi, di entrare nel percorso performativo senza sentirsi fuori. Al di là di specificità spettacolari NRF si interroga su quale ruolo possa ricoprire il teatro all’interno della città, quali i potenziali interlocutori con cui interfacciarsi, come riformulare il rapporto teatro, poteri e  istituzioni. Costringe a dilatare lo sguardo e a ragionare in termini di semina e di germinazione, di accompagnamento e mediazione. Ovvero di “coltura” teatrale. Lo fa configurandosi come un festival-piattaforma: un aggregatore di visioni che incrocia idee e pratiche di artisti, studiosi, critici e cittadini interessati a disegnare nuove possibilità di incontro tra teatro e polis. Teatro e memoria collettiva. Teatro e identità territoriale. Riflessioni sempre più urgenti per la Capitale europea della Cultura 2019.

A battezzare la prima edizione della kermesse, concepita come un’ipotesi di avvicinamento al territorio attraverso immersioni residenziali: Alessandro Argnani e Alessandro Renda (non-scuola/ Teatro delle Albe), Gianluigi Gherzi (Teatro degli Incontri) e Daniele Ninarello. I quali propongono tre grafie, tre differenti modi di abitare le arti sceniche, con un minimo comune denominatore: praticare un teatro epidermico, vivo, necessario.

La coppia Argnani-Renda, al timone della prima non-scuola materana, ha aperto il cantiere laboratoriale del festival con “La città dei ragazzi e delle ragazze”. Per dieci giorni le due guide del Teatro delle Albe hanno letteralmente scosso le energie di trentasei adolescenti provenienti da Italia, Costa d’Avorio, Gambia e Ghana, mandando in cortocircuito il testo “Gli Uccelli” di Aristofane. Risultato? Un’esplosione di bellezza devastante e contagiosa. Una festa itinerante, una processione laica che ha chiamato a raccolta l’intera città lucana nel rione Piccianello (quartier generale del festival).

Di segno opposto, ma altrettanto intenso il lavoro di riscrittura drammaturgica che il regista Gianluigi Gherzi, volto caro – per prassi di lavoro condivise – al  progetto “Teatri diffusi”, ha compiuto con un nutrito gruppo di attori, professionisti e non, durante il laboratorio “La città narrata”. Un caleidoscopio di aneddoti, testimonianze ed emozioni ha generato una performance lieve di cura e amore intorno al tema del pane e della sua preparazione. Una pratica  per tradizione grezza e al contempo conturbante legata a ritualità manuali e collettive.

Radicale e chirurgico lo sguardo di Daniele Ninarello, coreografo e danzatore che nel laboratorio “La città fisica, aragoste, pellegrini e cavalieri in fuga”, parte dal corpo come unità di misura nel tentativo di espanderne i confini forzando le costrizioni fisiche e mentali. Un modo di indagare lo spazio intimo in relazione alla dimensione urbana e viceversa. Il tentativo di costruire una nuova relazione con il paesaggio circostante passando per un approccio diretto, non mediato, intuitivo. Profonda tensione e tangibile commozione restituisce, alla città di Matera, la performance proposta, durante l’ultimo giorno del festival, dal gruppo di lavoro coordinato dal giovane artista.

Oltre ai laboratori in residenza e le restituzioni pubbliche, fondamentale l’Osservatorio Critico moderato dal pensiero militante di Emilio Nigro. Non solo scrittura, ma un incontro di visioni, uno scambio di interrogativi e di strumenti con cui affrontare l’evento scenico.

Importanti anche gli eventi collaterali inseriti nel programma del festival; lavorando per prossimità non potevano mancare momenti di approfondimento (Playing about) in cui condividere strumenti e sviscerare alla cittadinanza le tematiche su cui si intende lavorare a lungo termine per tracciare continuità al progetto. Tra le priorità: costruire in Basilicata un sistema teatrale che pensi ed agisca in ottica reticolare; rafforzare e rendere necessario il lavoro con le infanzie; sciogliere l’astio e restringere le distanze tra cultura e supporto istituzionale.

Infine, a ispessire le trame del festival, un esercizio di alfabetizzazione alla visione: un viaggio nelle poetiche degli artisti coinvolti in questa prima edizione di NRF (di cui torneremo presto a parlare in queste pagine), con la performance di ricerca  “God Bless You” di Daniele Ninarello, “Stran’Arte il bambino che guardava i quadri” di e con Gianluigi Gherzi, “Rumore di acque” del Teatro delle Albe – in scena Alessandro Renda e, per concludere, “Il Convegno” azione teatrale di Punta Corsara.

Svelati dunque gli ingredienti che rendono Nessuno Resti Fuori un’opera aperta, fluida e in divenire, segnando l’inizio di un processo irreversibile per Matera: la nascita di un dialogo tra artisti interessati a instaurare un rapporto intimo, profondo e non scontato con il luogo, puntando sulla qualità dell’incontro con il territorio e sul rispetto del suo “Genio”.