Ma sei proprio sicura che noi siam desti? Mi pare di dormire ancora, di sognare.
(W. Shakespeare)

GIAN LUCA ATZORI | Quando Oberon, Re degli Elfi, ingaggia il folletto Puck per stregare la moglie Titania in modo da concedergli un suo servitore, non si aspettava certo di farla innamorare di un artigiano con la testa d’asino, disperdendo il confine tra realtà e immaginazione e catapultando i personaggi Shakespeariani della Grecia antica in un sogno di una notte di mezza estate. Cosa rimane dei sogni al risveglio? E’ proprio intorno a questa domanda che si sviluppa la XXI edizione dei Cantieri di Lavoro Teatrale. Quello che in psicoanalisi prende il nome di residuo onirico diviene tema, e per lo più pretesto, per radunare decine di artisti nei boschi di ossidiana altrettanto onirici del Monte Arci in Sardegna.

Il festival promosso da Carpe Diem e Casa delle Storie negli anni si è mosso tra Montevecchio e Soleminis coinvolgendo artisti di altissimo calibro. Quest’anno col cambio di location ha dovuto forzatamente ridimensionarsi ma senza scemare in qualità. L’offerta culturale ha previsto 18 performance partendo da Soleminis (23, 24, 26/09), facendo tappa a Cagliari (25/09) e approdando per l’intera settimana successiva a Pau, nell’Alta Marmilla, territorio originario di Antonio Gramsci.

La Residenza Artistica ha costituito il cuore pulsante del Cantiere di Lavoro. La compagnia di danza e fotografia Prendashanseaux, la regista Mila Vanzini, il drammaturgo Carlo Guasconi, il poeta Andrea Peracchi, le cantanti liriche Natalia Bocco e Nila Masala, le attrici Giusi Merli, Susanna Brusa e tanti altri, hanno creato un percorso itinerante nel bosco, trasformandolo in uno sconfinato teatro all’aperto e dando vita ad una performance dove non è stata solo l’opposizione tra sogno e veglia a far da padrone, ma anche quella tra natura e comunità, terra e aria, arcaico e contemporaneo. Un legame intergenerazionale tessuto nei giorni dall’arte e dalla convivialità tra gli artisti.

Nel corso della settimana infatti, il musicista Andrea Mazzacavallo si è rivolto ai più giovani, affiancando l’arte nelle scuole all’insegnamento della matematica, per poi condurci in “un viaggio comico-economico”, interiore ed esteriore senza età, che prende il nome di “Ticket”. E’ nel dialogo tragicomico con il baratro all’interno di ognuno di noi che si sviluppa anche lo spettacolo dei Principio Attivo, in cui la leggerezza affronta i filoni più oscuri dell’animo umano senza mai proferir parola o scadere in superficialità. Tema ripreso anche dall’attore Felice Montervino che nel suo Trittico sulle Idiosincrasie estremizza le fobie recondite del maschilismo moderno.

Un viaggio nella profondità dell’anima dunque, che nei giardini del Caffe Letterario, il Nautilus del compositore Francesco Morittu, è riuscito ad insinuare sotto le nostre pelli nel tentativo di riconnetterci con le nostre origini. Rossella Faa e Anna Paola Marturano hanno invece traslato l’itinerario onirico ed esistenzialista dall’uomo alla macchina, portando in scena la storia vera di Geordie, un intelligenza artificiale che sogna la terra e scopre la poesia.

A chiudere il ciclo di performance, le note grevi del cantautore Folco Orselli che tra sacro e profano hanno echeggiato tra le pareti della storica ed intima chiesa di Santa Prisca. Una location provocatoria anche per l’opera di Verga reinterpretata da Rosy Bonfiglio ed incentrata sul tema della libertà, di noi capinere un po’ narcise e un po bocchedoro, incapaci di nutrirci di solo miglio ma assuefatte dalla cattività che ci porta a considerare il volo come una malattia.

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La forza di questa esperienza sta però nel non limitarsi solo ad un forte impatto culturale. Si è affacciata infatti in un territorio critico, quello di Pau, di appena 316 abitanti, definito in “via d’estinzione”. A detta degli organizzatori Aurora Aru e Franco Marzocchi, il grande potere sociale di questa iniziativa sta proprio nel trasformare la “diffidenza in confidenza” e i “problemi in opportunità” attraverso la rivalorizzazione di spazi e tempi in disuso.

La brina del mattino; l’odore di leccio e sughero; il riflesso dell’ossidiana al tramonto che scivola tra le dita; le facce stanche di chi è pieno di vita e mai è sazio di nutrirsi della propria arte; una comunità che quell’arte l’ha appena assaggiata e pare già non poterne più fare a meno. In questo scenario dionisiaco per tutta la settimana si è riflettuto su una domanda ben precisa: Cosa rimane dei sogni al risveglio? Dopo questa esperienza non ho certo la presunzione di aver trovato la risposta, ma più volte ho percepito la sensazione di trovarmi al fianco di Titania, Oberon e Puck, nel chiedermi l’esatto opposto: Cosa rimane della realtà per chi al risveglio è ancora in grado di sognare? Perché esistono esperienze capaci di farci scorgere anche solo per un istante il mondo che vorremo. Un mondo capace di farci vivere i nostri sogni e non solo di farci sognare la nostra vita.