ANDREA OLIVA | In Guerra e Pace, nelle ben più di mille pagine del celebre romanzo, Tolstoj pone e tenta di dare una risposta alla domanda sul senso e sull’inevitabilità della guerra. I Gob Squad, collettivo scenico performativo anglo-tedesco da alcuni anni celebre a livello internazionale per l’originalità della loro proposta, e di recente in scena a Torino, provano a loro volta a rispondere alla medesima domanda e utilizzano gli stessi personaggi del libro, così come il suo autore, per farlo. Eppure non basta più oramai riproporre solo il testo tolstojano, è necessario fare propri i problemi che lì si pongono, è necessario reinterpretare le azioni che lì si compiono così come i personaggi che danno loro senso. Quale modo migliore che non usare l’ironia per farlo? Ma ancora non basta, i Gob Squad sanno di aver bisogno di altro, sanno che soli non possono neanche sperare di avvicinarsi ad una domanda così profonda quale il senso della guerra, e allora chiedono incessantemente aiuto al pubblico, tirato dentro lo spettacolo fino alle più estreme conseguenze, ossia parteciparvi attivamente.

cgkn0rowiaanrpbCiò chiaramente non permette allo spettacolo di svolgersi su una scena tradizionale. Sul palco sono presenti solo un tavolo apparecchiato che rimanda allo stile dei Saloon francesi copiati nella Russia dell’800, con liquori e frutta regolarmente offerta a chi vi è seduto, e un gazebo chiuso in un abito di tulle trasparente, come fosse una stanza privata sul palco. Il palco non è che uno tra gli spazi che si vivono durante lo spettacolo, e forse neanche il più significativo. La mancanza totale della quarta parete infatti permette di far attraversare alla performance tutti gli spazi, il palco, la platea, l‘ingresso: nulla si salva e tutto e tutti sono posti di fronte alle domande dell’allestimento, che vive di momenti performativi, videoproiezioni, e riprese dal vivo, come nella tradizione dei loro spettacoli.

Qualcuno degli spettatori è più partecipe di altri: tre di loro infatti, selezionati a caso tra il pubblico, siedono insieme agli attori attorno al tavolo per conversare come nel Saloon descritto da Tolstoj.

L’ultimo spazio infine è quello digitale, una facecam al centro del tavolo riprende in primo piano i commensali, e all’interno della “stanza-gazebo” due camere a circuito chiuso spiano dall’interno uno spazio già di per se trasparente. A seconda del momento il girato si mostra o su un telo enorme al fondo del palco o su due piccoli teli verticali ai lati della scena. Assistiamo quindi a più performance simultanee, quella degli attori, quella degli spettatori al banchetto e in platea, e il “film” sia dell’interno della “stanza-gazebo” che dei volti dei conviviali del Saloon.

I Gob Squad portano in scena una tensione, che cresce nella contrapposizione di due momenti che costantemente si compenetrano. La tensione si esprime da un lato nella serietà delle domande, tratte da Guerra e Pace e poste dagli attori al pubblico del “Saloon” che tenta di rispondere senza cadere nel “Je ne sais quoi”. Dall’altro lato i personaggi di Tolstoj sono portati in scena tramite sfilate ridicole e ridicolizzanti, momenti di comicità spiazzante o brevi performance canore e balletti. L’intento ovviamente non è denigrare, ma aprire nuove chiavi di lettura del problema tramite l’ironia, e la “distraction” su Pierre Bezuchov e i suoi stati di “denial”, “doubt” e “need” è un esempio riuscito di questi operazione.

Questa tensione cresce nell’impossibilità di trovare una risposta certa ed inequivocabile, cresce nei toni, nelle luci e nelle musiche. I Gob Squad sono costretti a scavare ancora più a fondo e a portare in scena se stessi, la loro storia, la loro famiglia, a immaginare l’incontro tra Tolstoj e figure storiche successive alla sua morte, come Lenin e Walt Disney o Chelsea Manning. Si assiste così a un vorticoso inseguimento del senso, che mette in scena finanche dei gattini e finisce per distruggere la scena.

Infatti, al di là del fastidio che può dare trattare il tema della guerra in modo comico, anche se mai ridendone, ciò che fa da motore dell’azione è, strictu sensu, il senso, che sia della guerra o della pace, della storia o dell’uomo. Come secondo Tolstoj, un gesto acquisisce il suo senso solo quando, ormai già passato, lo si può inserire in una narrazione, così i Gob Squad agiscono in uno spettacolo che solo quando è compiuto e narrato si apre al senso e alla comprensione.

Fonderie Limone, Torino – febbraio 2017
WAR AND PEACE
dal romanzo di Lev Tolstoj
drammaturgia: Johanna Höhmann, Christina Runge
Ideazione e regia: Gob Squad
cast per Torino: Sean Patten, Sharon Smith, Bastian Trost, Simon Will
scene: Romy Kiessling
costumi: Ingken Benesch
luci: Andreas Rehfeld, Chris Umney
suono: Jeff McGrory, Torsten Schwarzbach
video design: Miles Chalcraft, Anna Zett
regista assistente: Mat Hand
produzione: Gob Squad / Münchner Kammerspiele
in coproduzione con. Volksbühne am Rosa Luxemburg – Platz Berlin, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Schauspiel Leipzig, Konfrontacje Teatralne Festival Lublin, Lancaster Arts at Lancaster University, Malthouse Theatre and Melbourne Festival, Gessnerallee Zürich, Nottingham Playhouse.