LAURA BEVIONE | L’ultima settimana del Festival delle Colline è stata inaugurata da uno spettacolo assai emblematico, sia per le tematiche trattate sia per il linguaggio adottato. Parliamo di Empire, ideato dal regista svizzero Milo Rau: Pac l’ha già recensito ma ci teniamo a condividere alcune riflessioni. Sul tema: definirlo uno spettacolo sulla migrazione e sul cambiamento in atto nella fisionomia dell’Europa ci appare forse riduttivo, come testimoniano le lacrime che segnavano non poche gote degli spettatori del teatro Astra, colpiti al cuore dal racconto di rapporti involontariamente spezzati con padri e madri; dalla rievocazione  di nonni e nonne magari mai conosciuti ma concretamente determinanti nel plasmare personalità; dall’implicito ma costante riferimento a radici strappate e con non poche difficoltà ripiantate in terreni spesso ostili.

Temi atavici, che hanno a che fare con la comune natura umana e che sul palco sono esemplificati dalla vicende autobiografiche di quattro attori professionisti, ciascuno dei quali protagonista suo malgrado di una vicenda di spostamento e migrazione. Attori che abitano una scena quasi iperrealista – la ricostruzione della camera di uno di loro, con una piccola cucina e un lettino – e recitano stando seduti di fronte a una telecamera che ne proietta il primo piano sullo schermo posto sulla parte alta. Ecco allora affacciarsi la questione – squisitamente teorica – posta dallo spettacolo di Milo Rau: l’attenzione dello spettatore per la gran parte del tempo è calamitata dallo schermo e dai volti così iconici ed espressivi dei quattro interpreti, dimenticando quasi la loro fisica presenza sul palco. È ancora teatro tutto ciò? Sì, perché i quattro sono presenti e le riprese avvengono “in diretta”, così da rendere ogni replica unica e irrepetibile; eppure la modalità di fruizione risulta più “cinematografica” che teatrale e lo stesso si può affermare per quanto concerne la regia. Milo Rau, dunque, da una parte spinge lo spettatore a riflettere sulle radici personali – e nazionali – e, dall’altra, forza il linguaggio teatrale, piegandolo a nuovi vocabolari.DSC_0305[1]

Uno spettacolo “pre-.tecnologico” è, invece, il Macbettu di Alessandro Serra, anch’esso già recensito da Pac. Ci piace nondimeno sottolineare la capacità del registra di mescolare senza forzature arcaico e contemporaneo, l’assordante eco di riti e lingue antichi con un capitale immaginifico solidamente immerso nell’oggi. L’incontestabile parallelismo fra la Scozia medievale ritratta da Shakespeare e la Sardegna terra di archetipi ctoni e vitali è nutrito di sapiente e originale inventiva, così da creare in scena un universo – non solo movimenti e parole ma costumi, scene, suoni e pochi ma significativi oggetti – coerente e atemporale, frutto del fertile dialogo fra tradizioni del passato e avanguardie novecentesche.17_MACBETTU

E passato e presente dialogano pure in Aiace, lo spettacolo che Linda Dalisi – anche regista – e Matteo Luoni hanno scritto partendo dall’omonima tragedia di Sofocle. Se nell’originale, Aiace era il “diverso” in quanto portatore di un patrimonio di valori dai propri contemporanei ritenuto oramai del tutto svalutato, nella riscrittura di Dalisi-Luoni egli diventa lo straniero e la sua parte è affidata ad Abraham Kouadio Narcisse, rifugiato ivoriano, mentre i ruoli femminili – Atena e Tecmessa – sono attribuiti a un’attrice francese, Estelle Franco. Il risultato è un plurilinguismo – italiano, francese, dialetto ivoriano – che è oggettivazione di una comunicazione quasi impossibile. Lo spettacolo incarna in Aiace, nella sua schiava-concubina Tecmessa e nel rivale Odisseo, tre differenti modalità di essere e concepire il mondo refrattarie all’interazione. E, così, la “modalità” apparentemente più fragile è destinata fatalmente alla sconfitta. Una lettura contemporanea della tragedia greca che ne svela il solido nucleo più che mai attuale nella nostra smemorata società ansiosa di muri e barriere.21_AIACE

E ostacoli – fisici e mentali – sono quelli che si propone di superare Bird / Osservatorio, tappa nel percorso creativo che Caterina Mochi Sismondi ha da qualche tempo intrapreso sul possibile dialogo creativo fra circo, danza, musica dal vivo e costruzione dello spazio scenico. Un assolo affidato a un giovanissimo artista circense e mirato a incastonarne i singoli “numeri” in un discorso drammaturgico coeso e non pretestuoso.BIRD[1]

E primo passo di un cammino artistico felicemente  ambizioso è anche Dialoghi con Leucò, l’indagine avviata da Silvia Costa sull’opera forse meno nota – ma non meno luminosa – di Cesare Pavese  Un libro che unisce poesia e miti antichi e che, ancora una volta, guarda al passato più remoto per parlare dell’umanità di oggi. Un testo che Silvia Costa sceglie di affrontare ricorrendo a un immaginario visivo lindo e suggestivo, astratto ed evocativo.19_DIALOGHI CON LEUCO

Un’altra promettente prima tappa è stata la lettura scenica di Artemy, testo in cui convivono atmosfere perturbanti e suggestioni cinematografiche, analisi di debolezze e viltà dell’animo umano e genuina compassione verso i tre personaggi.

www.festivaldellecolline.it; www.fondazionetpe.it

EMPIRE

Ideazione, testo e regia Milo Rau

Drammaturgia e ricerca Stefan Bläske, Mirjam Knapp

Scenografia e costumi Anton Lukas

Video Marc Stephan

Musiche Eleni Karaindrou

Sound design Jens Baudisch

Interpreti Ramo Ali, Akillas Karazissis, Rami Khalaf, Maia Morgenstern

Produzione IIPM – International Institute of Political Murder; in collaborazione con Zürcher Theater Spektakel, Schaubühne am Lehniner Platz Berlin, Sterischer Herbst Festival Graz

MACBETTU

Regia, scene, costumi, luci Alessandro Serra

Traduzione in sardo e consulenza linguistica Giovanni Carroni

Collaborazione ai movimenti di scena Chiara Michelini

Musiche, pietre sonore Pinuccio Sciola

Composizioni pietre sonore Marcellino Garau

Produzione Sardegna teatro, Compagnia Teatropersona; con il sostegno di Fondazione Pinuccio Sciola, Cedac Circuito regionale Sardegna

ARTEMY

di Simone Carella

Regia Tommaso Rossi

Musiche Attila Faravelli

Interpreti Angelo Di Genio, Francesco Martino, Paolo Musio, Emanuela Villagrossi

Produzione Festival delle Colline/Fondazione TPE

DIALOGHI CON LEUCÒ

di Silvia Costa

Composizione sonora Nicola Ratti

Realizzazione delle sculture in scena Paola Villani

Interpreti Laura Dondoli, Silvia Costa

Produzione Festival delle Colline/Fondazione TPE

BIRD / OSSERVATORIO

Regia e scrittura coreografica Caterina Mochi Sismondi

Costumi Carla Carucci

Luci Max Vesco

Music live e suono Federico Dal Pozzo

Rigger e video live Davide Bertorello

Interprete Jonnathan Rodriguez Angel

Produzione blucinQue, Associazione Qanat, Fondazione Cirko Vertigo

AIACE

Drammaturgia Linda Dalisi, Matteo Luoni

Regia Linda Dalisi

Scene Giuseppe Stellato

Costumi Graziella Pepe

Luci Simone De Angelis

Suono e musiche Marco Messina

Interpreti Abraham Kounadio Narcisse, Michelangelo Dalisi, Estelle Franco

Produzione stabilemobile in collaborazione con l’Asilo – exasilofilangieri.it