ANTONELLA D’ARCO | “Una volta mi ricordo mio nonno, mi parlava di una terra promessa”.

Entrando da Fuori Porta San Gennaro s’incontra una chiesa. È la chiesa di Santa Maria della Misericordia ai Vergini, conosciuta nel quartiere come la chiesa della Misericordiella: la terra promessa che accoglie il dolore e la speranza trattenuti in Holzwege-Sentieri interrotti. Il concept, ideato da Loredana Putignani, riprende il titolo dell’opera del filosofo Martin Heidegger, e si pone come una tappa dell’osservatorio Visioni Migranti che la regista porta avanti, nella sua ricerca, da anni. Dopo il Ric e la Biennale di Venezia il lavoro di sperimentazione teatrale sul tema della migrazione dei popoli diventa materia indifferibile nel momento storico e politico che si sta vivendo.

Sentieri interrotti non è soltanto il percorso dello straniero in quanto tale perché si trova a vivere in un Paese che non è la sua patria, è la volontà di rappresentare l’umanità tutta, straniera ed estranea a se stessa e alla Terra che abita. Rilevare e rivelare le tracce di vita sensibile nel bosco della propria esistenza è ancora possibile.

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Foto di Guglielmo Verrienti

L’ininterrotta erranza esistenziale dell’uomo trova ristoro nell’idea del trascendentale. Alle spalle del performer Youssef Tayamoun, sacerdote e guida nel viaggio di suggestioni in cui si è calati, si legge infatti: “Quando la bilancia passa dalla mano del mercante a quella dell’angelo”. L’epifania del sacro è verso l’alto. Le immagini proiettate di volti, folle, mani, creano visioni di umanità. E il rimbalzo delle luci e delle ombre nello spazio disegna il luogo nel quale a parlare è il linguaggio del corpo. Suoni e immagini riempiono l’unica navata della chiesa della Misericordiella, site-specific quanto mai giusto per rievocare il sentimento di compassione quale compartecipazione al proprio e all’altrui senso di pietà. La danza tribale è “ritmica percussione sui nervi” che ci conduce nel recinto sacro del tempo circolare: nascita-morte-rinascita. La perpetua condizione dell’uomo. Youssef cade sul pavimento, stremato, si spoglia del paramento sacro, agonizzante striscia nella polvere: un corpo stanco sulla spiaggia dopo la traversata in mare, che ancora pulsa di vita.

La mostrazione dell’umana miseria è presa di coscienza di un cambiamento necessario. Si seguono i segni lungo il cammino, ci si addentra per il sentiero, si discende all’inferno per poi riemergere.

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Foto di Guglielmo Verrienti

Il percorso visivo e performativo prosegue nell’ipogeo della chiesa, un tempo cimitero dell’ordine dei Teatini, poi sversatoio. Come profeta rabdomante in cerca dell’oro blu da cui si genera la vita, Youssef indica la strada e la speranza, col suo bastone, “in nome degli uomini semplici che la povertà ha reso puri; in nome della scandalosa forza rivoluzionaria del passato; in nome della grazia dei secoli oscuri”.

L’impalpabile essenza del teatro di Antonio Neiwiller fa eco nella visione di Loredana Putignani, che ha lavorato con il regista napoletano.

Partire dal soggetto che si pone la domanda su cosa sia l’essere, partire da se stessi per giungere all’agnizione e al ri-conoscimento dell’altro, è lavorare sui confini, al limite del teatro. In equilibrio su quella linea di demarcazione, le parole della canzone Sometimes I feel like a motherless child diventano lamento condiviso. Ci si trova orfani e schiavi della Terra sulla quale si vive e che distrattamente si abita.

HOLZWEGE | SENTIERI INTERROTTI

Napoli Teatro Festival Italia 2018

Concept Loredana Putignani

Video sound performed Youssef Tayamoun

Responsabile tecnico Max Mugnai

Coordinamento organizzativo Clarissa Veronico

Assistenti Marta Porzio, Giulia Ines Simonetti

Produzione Putignani-Tayamoun