ILENA AMBROSIO | Ha preso avvio la settima stagione della rassegna Il Teatro cerca Casa ideata e diretta da Manlio Santanelli. Un tour di spettacoli itineranti che eleggono a proprio palcoscenico salotti domestici – 200 per la stagione 2017/2018 – distribuiti tra Napoli, Caserta, Salerno e province.

Alla conferenza stampa di presentazione – tenutasi proprio in casa Santanelli – quale sia l’humus di questa iniziativa è stato immediatamente chiaro: la condivisione dell’arte da parte di un gruppo di persone – gli organizzatori, i padroni delle “scene”, gli stessi artisti coinvolti – oramai familiari le une alle altre che si ritrovano, con entusiasmo, allo stesso modo in cui si rincontrano per le festività amici e parenti ma con una leggerezza raffinata, da otium litteratum.

La stessa atmosfera si è respirata all’apertura di stagione tenutasi, lo scorso 23 settembre, presso il Complesso Monumentale di San Nicola da Tolentino, a Napoli, con lo spettacolo In principio fu voragine, con Maurizio Capone e Antonello Cossia.
A precedere la messa in scena una visita guidata dello splendido monastero seicentesco posto ai piedi della Collina di San Martino. img_3822.jpg
Una location che dona la possibilità di abbracciare in un solo sguardo tutta la maestosa bellezza del golfo di Napoli ma la scelta della quale va ricercata soprattutto in una virtuosa partership che l’organizzazione della rassegna ha instaurato con la Cooperativa San Nicola da Tolentino. Un gruppo di giovani volontari che, dal 2014, hanno avviato un progetto di riqualificazione del sito, divenuto in parte un B&B, allo scopo di offrire lavoro, favorire integrazione e soprattutto riscatto per una zona come quella dei Quartieri Spagnoli, drammaticamente nota per essere covo di delinquenza e bruttura e che, invece, cela tra i suoi vicoli, alcuni tra i luoghi più incantevoli del Paese.

Nel giardino del complesso, con alle spalle la vista del mare al tramonto, si è tenuta lo spettacolo nel quale le parole, declamate da Antonello Cossia, hanno incontrato i suoni realizzati da Maurizio Capone.

Racconti mitici sono stati proposti al pubblico nella versione che lo storico e antropologo Jean-Pierre Vernant ne dà in L’Universo, gli dei, gli uomini. Una scelta “intellettualoide”, si potrebbe pensare; ma quel testo nasce da una circostanza tutt’altro che accademica: i momenti di “gioco” dell’autore con il nipote che gli chiede di raccontargli storie. Così Gaia, Urano, Crono, Afrodite e Amore; i Giganti e degli dèi, Pandora e Prometeo e, ancora, Elena e Paride diventano protagonisti di una narrazione favolesca – come è, in definitiva, il mito – capace non solo di “insegnare” ma anche di intrattenere.
cossia.jpgLa lettura/interpretazione di Cossia riesce a camminare con abilità ed equilibrio su questo doppio binario aggiungendo, altresì, una marcata ma mai eccessiva componente teatrale nell’intonazione e nei gesti. Di fronte al suo leggio l’attore è moderno cantastorie capace di dare al mito ciò quella linfa capace di renderlo imperituro, non soggetto alle leggi del tempo: la trasmissione orale e, con essa, la condivisione con l’altro.

Accanto a ciò prorompe, poi, una marcata tribalità, quella dei griot africani, cantori depositari della tradizione degli avi, tramandata oralmente alla comunità, raccolta sotto l’albero centrale del villaggio, in un connubio, ancora, di insegnamento e intrattenimento.
Sotto questo aspetto la partitura sonora creata da Maurizio Capone è capace di creare un’atmosfera perfetta. capone.jpgCiò che Capone maneggia non sono strumenti tradizionali bensì creazioni realizzate con materiali di uso quotidiano, di scarto persino: un “bongattolo”, bongo con barattoli di marmellata; una “scopa elettrica”,  vera e propria scopa dotata di corde con la quale, all’inizio dello spettacolo, rifà l’inno americano alla Jimi Hendrix – Woodstock 1969: sempre di mito parliamo! –;uno “scatolophon”, ricavato da una scatola di polistirolo per alimenti. Insomma, una illuminante testimonianza della leggendaria “arte dell’arrangio” tipica dei partenopei. Il risultato sono flussi sonori che sanno di ancestrale, di primordiale, suoni che sembrano venire dal cosmo, da uno spazio e un tempo infinitamente lontani così come le storie raccontate.

La sintesi tra i due piani, quello della parola e quello del suono, però, pare faticare a realizzarsi e si ha l’impressione, piuttosto, di una giustapposizione tra percorsi indifferenti l’uno all’altro. Probabilmente una maggiore coerenza tra senso testuale e sollecitazione sonora e una differente scelta di pause e alternanze avrebbe valorizzato un incontro, alle premesse, comunque suggestivo.

Resta comunque chiaro e intatto il senso globale del lavoro che ben si presta a fare da apertura alla nuova stagione del  Teatro cerca casa. Il recupero della dimensione orale e sociale del racconto fa da intro al leit motiv della rassegna: l’arte come condivisione, come occasione di incontro e di ritrovo; un’arte che, in un ambiente domestico e intimo che si fa eccezionalmente scena, sa essere collante di una comunità e, ancor di più, occasione di conoscenza del nuovo e avvicinamento al bello.

 

IN PRINCIPIO FU VORAGINE

con
Antonello Cossia: voce narrante
Maurizio Capone: percussioni
produzione Altrosguardo Associazione

23 settembre 2018
Complesso di San Nicola da Tolentino – Napoli