ALICE CAPOZZA | Debutta Gianfelice Imparato che porta sulla scena iNuovi, la giovane compagnia dei diplomati alla fiorentina Scuola di Teatro Orazio Costa, dopo la regia di Marco Baliani di Mandragola, ancora sul palco dell’antico Teatro Niccolini di Firenze. Quattro atti unici scelti nel vasto repertorio di Eduardo De Filippo raccolti in questo Eduardo per I Nuovi: Pericolosamente, I morti non fanno paura, Amicizia, e la prima parte di Uomo e Galantuomo. I nove interpreti sono stati selezionati dal regista all’interno della compagnia in base alle caratteristiche dei personaggi delle scene, dopo una prima parte di lavoro e studio con un laboratorio collettivo del maggio scorso. La prima nazionale a Firenze è parte di un progetto più ampio sulla drammaturgia di De Filippo della Fondazione Teatro della Toscana in collaborazione con Elledieffe – la compagnia di Luca De Filippo – che ha portato i giovani attori anche a Napoli al Teatro Nuovo di Alfredo Balsamo, con una vera e propria prova del nove là dove quei testi hanno le proprie radici.

foto-di-scena-1--eduardo-per-inuovi-ph-filippo-manzini-10-2018-dsc_7801_45005418272_oI primi tre quadri, tratti da Cantata dei giorni pari e Cantata dei giorni dispari, compongono il primo atto dello spettacolo e sono accumunati da un elevato ritmo comico basato sulla ripetizione delle gag, come in una barzelletta, fino all’epilogo della battuta finale.

In Pericolosamente un marito rieitera l’azione di domare i capricci della moglie sparandole con una rivoltella a salve, e ogni volta la poveretta grida al miracolo con lo sbigottimento dell’incauto avventore amico di famiglia in cerca di una stanza in affitto. I morti non fanno paura ci trasporta a una veglia funebre, una farsa macabra dove tutti i convenuti per la camera ardente sono in cerca di una soluzione alla propria povertà e sondano a turno il terreno per capire come poter racimolare soldi. Amicizia, vede protagonista il povero Califano in visita al vecchio amico Bartolomeo, ormai malato, per compiacere i desideri del quale è costretto a travestirsi interpretando diversi ruoli, fino ad essere colpito da una scomoda confidenza di tradimento, che mette a dura prova la loro amicizia.

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Infine Uomo e Galantuomo, che prende tutto il secondo atto: il dramma di una compagnia teatrale, che tenta di mantenere l’ingaggio in una località turistica pur non avendo grandi doti attoriali. Un sapiente uso del sistema degli equivoci e l’involontario scambio di persone creano delle situazioni decisamente esilaranti.

Questa pièce, più lunga e articolata, in cui recitano tutti i nove gli attori, riesce a mettere in evidenza le doti di ciascuno nei vari ruoli, anche quelli minori, creando delle piccole maschere di comicità irriverente soprattutto nella parte in cui la compagnia prova, nellatrio dell’albergo che li ospita, il copione che vorrebbe portare in scena. Un pezzo di teatro nel teatro che ricorda il quinto atto di Sogno nella notte di mezz’estate di Shakespeare in cui gli artigiani comici offrono al pubblico una divertente parodia del teatro; allo stesso modo Eduardo non risparmia sbeffeggi ai suoi contemporanei e non solo.

Le tragiche situazioni dei testi scatenano la risata della commedia che svela, con aspra ironia, il proprio meccanismo in quell’equilibrio tipicamente partenopeo tra comicità e tragicità. I corpi degli attori sono plasmati dalla gestualità e dall’espressione napoletana. Nonostante la scelta di tradurre in italiano i testi, infatti, iNuovi riescono a mantenere un atteggiamento, un modo di muoversi sulla scena veraci, sanguigni, rispettando, perciò la “napoletanità” dei testi originali.

foto-di-scena-1--eduardo-per-inuovi-ph-filippo-manzini-10-2018-dsc_63371_43242357100_oScelta felice quella di recitare in italiano che ha risparmiato allo spettatore un napoletano approssimativo ed evitato il rischio di sottolineare la provenienza degli attori da diverse parti d’Italia. Inoltre, come spiega il regista, questo ha permesso di lavorare sui meccanismi comici intrinseci alla drammaturgia di De Filippo che sono indipendenti dalla lingua usata.

«La comicità autentica, che nasce da una drammaturgia, dal cinismo, da spunti tragici, da autori geniali come Eduardo De Filippo, in tv e al cinema è andata alla deriva e i giovani non la conoscono» commenta Gianfelice Imparato alla presentazione dello spettacolo. E non possiamo che concordare abituati come siamo a deludenti e vuoti sketch determinati dai tempi televisivi che non danno modo di costruire una drammartugia fatta della comicità intelligente dei grandi autori, che oltre a far ridere sa giocare con la realtà, scoprendone le pieghe più inaspettate e anche tragiche, con uno sguardo sulla società capace di andare oltre e diventare universale.

La comicità di Eduardo nasce dalla tragedia sfiorata con la leggerezza partenopea dell’incertezza del domani – «Addà passà ‘a nuttata!» e poi si vedrà –, grazie alla quale di quella tragedia si può arrivare a ridere, come fanno Wilder con irriverenza o Chaplin e Keaton con umanità poetica, o Monicelli col suo cinismo dolce e beffardo. Non ci sono volgarità, battute facili, doppi sensi, costumi assurdi, personaggi incredibili nella scrittura di De Filippo, ma donne e uomini che combattono le battaglie quotidiane della vita di ognuno: la coppia, la libertà, la morte, la povertà, il successo, l’amore. Eppure si sorride e si ride di questo straordinario quotidiano, seppur datato (i testi proposti vanno dal 1922 al 1952), ma universale e comprensibile a tutti i livelli.

1392395567342eduardofoto_monologoLe commedie di De Filippo sono certamente permeate del tempo in cui sono scritte e parlano dei contemporanei di allora, ma nonostante gli evidenti legami con l’epoca, la grandezza drammaturgica riesce ancora a far identificare il pubblico con i personaggi. Eduardo è comprensibile a tutti, capace di far filosofia e dare lezioni di vita vissuta, capace di denunciare i mali della società per indurre a riflettere, a reagire.

La regia di Gianfelice Imparato è accurata, vitale e punta sul ritmo e la dinamica delle scene, svelando con leggerezza questo senso universale del comico. Le scenografie sono essenziali: oltre allo sfondo di colore diverso per ciascun atto unico,  pochi oggetti e arredi, manovrati dagli stessi attori nei passaggi da un quadro all’altro. Gli interpreti agiscono la scena, ne sono, oltre protagonisti, manovratori, proseguendo, con questo spettacolo l’interessante percorso formativo della tecnica attoriale, sempre più affinata.

Gianfelice Imparato ha dato la possibilità ai Nuovi di misurarsi con la complessa partitura di Eduardo fatta non solo di parole e ritmo comico, ma anche emozioni, pulsioni e sensi, diversi per ogni personaggio che porta il suo personalissimo sguardo sul mondo. La scena ricostruisce le vicende umane senza mai ridurne la varietà: la giovane coppia di sposi che si spara in ogni litigio o il lamento funebre della vedova nulla tenente, pur essendo semplici e leggeri nella rappresentazione in scena, contengono una grande complessità emotiva che non può essere relegata a struttura narrativa.

Non sempre questa profondità è indagata a sufficienza dai giovani attori della compagnia, forse anche per la loro età e ancora breve esperienza. Forse siamo un pubblico condizionato dalle immagini indimenticabili delle linee rugose sul volto di De Filippo che fatichiamo a sentire le stesse parole pronunciate da dei ventenni. Tuttavia è evidente che gli attori si sono avvicinati ai testi comici con grande serietà e che hanno studiato i tempi comici con cura riuscendo a portare in scena un prodotto riuscito. Certo ancora la compagnia avrà tempo di maturare, proprio per perdere quella sensazione di scuola che mostra in scena il lavoro che sta dietro, regalando così al pubblico il sogno che tutto quello che fa è incredibilmente facile e naturale, come quando si guarda la piroetta di un ballerino che volteggia in aria.

Nel pubblico, comunque, abbiamo riso, apprezzato le battute; qualcuno si e lasciato andare a commenti ad alta voce, entrando a pieno nel clima di divertita partecipazione della farsa; usciamo distesi, soddisfatti e allietati, col pensiero su quanto possa essere “semplice” la commedia quando è ben scritta e ben fatta.

EDUARDO PER I NUOVI

Pericolosamente – I morti non fanno paura – Amicizia – Uomo e galantuomo
quattro atti brevi di Eduardo De Filippo
con iNuovi: Francesco Grossi, Filippo Lai, Athos Leonardi, Claudia Ludovica Marino, Luca Pedron, Laura Pinato, Nadia Saragoni, Erica Trinchera, Lorenzo Volpe
scene e costumi Laboratorio d’Arte del Teatro della Pergola
luci Loris Giancola
direttore di scena Emiliano Gisolfi
sarta Eleonora Sgherri
musica del finale Maestro Fiorenzo Carpi
assistenti alla regia Francesco Argirò, Maria Lucia Bianchi
regia Gianfelice Imparato
amministratrice Anastasia Ciullini
foto Filippo Manzini
produzione Fondazione Teatro della Toscana, Elledieffe – La Compagnia di Teatro di Luca De Filippo

Prima Nazionale
Teatro Niccolini di Firenze
6 ottobre 2018

3 COMMENTS

  1. Sulla scelta della “traduzione” in italiano delle opere eduardiane, ci sono opinioni diverse, anche opposte a quella di Alice Capozza, e piuttosto articolate, com’è ovvio vista la rilevanza della questione. Mi sembra interessante confrontarsi, ad esempio, con il parere espresso da Enrico Fiore proprio su questo spettacolo nel suo blog Controscena il 17 ottobre con il titolo Eduardo, l’italiano; e sul seguito di riflessione pubblicato sul sito della Compagnia Il Socco e la Maschera, sotto il titolo EDUARDO DE FILIPPO È TRADUCIBILE IN ITALIANO?.
    Mi pare che comunque possa essere d’utilità generale interrogarsi e indagare questo aspetto non certo marginale per la riproposizione delle opere del grande Eduardo.
    Cosa ne pensate?

  2. Ciao Rosa
    Sarebbe utile avere i link delle pagine di Controscena e de Il Socco per facilitare i lettori
    Riesci?
    Quanto al mio parere personale, ritengo che la lingua sia e debba essere sempre un fatto vivo. Non leggiamo più l’Iliade e l’Odissea nella lingua in cui sono state scritte
    Di molti drammaturghi stranieri non abbiamo MAI conosciuto il lavoro in lingua originale.
    Nessun grande poeta è traducibile in forma meccanica in altra lingua e il tema della traduzione è di suo vivissimo. Ma penso che sia a volte fuorviante. Penso al napoletano come ad una lingua a suo modo straniera come tutte quelle che hanno autonomia e consistenza
    E quindi certo, dopo una traduzione è impossibile parlare di Eduardo ma di Eduardo tradotto da.
    E in quel tradotto da c’è tutta la responsabilità di un’azione culturale, artistica
    Che si basa sul linguaggio.
    Rischiosissima
    Ma non impossibile
    Altrimenti non potremmo vedere Shakespeare, o Cechov o Ibsen in Italiano

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