FEDERICA GUZZON | Distretto Creativo ha portato in scena in questa edizione di Distretto Festival gli esiti dei percorsi laboratoriali condotti tra la laboratorio teatrale civita castellanaprovincia di Viterbo e di Rieti.
Si è tenuto sabato 15 dicembre il saggio dei ragazzi dell’Istituto Artistico Midossi e a seguire quello del Centro Diurno Rosa Frezza Merlini.

Ferdinando Vaselli e Alessia Berardi hanno un’esperienza consolidata nei laboratori in quartieri di periferie, con giovani e persone in condizioni di marginalità.
Ad accomunare i due progetti è stato il punto di partenza: la fiaba del Brutto Anatroccolo. Ai partecipanti è stato chiesto come si vedono, come li vedono gli altri e come vorrebbero essere visti.

Il teatro entra nelle dinamiche sociali, nella percezione di chi siamo, perché confrontarsi col personaggio è confrontarsi con una maschera. Per indossarne una, prima bisogna togliersi la propria, diventare carta bianca su cui scrivere. Nel periodo di transizione adolescenziale, in cui si viene a definire la propria identità, è fondamentale chiarire chi si è e chi si vuole essere.

Il nostro tempo è molto fragile, i ragazzi ricevono continuamente stimoli senza libretto di istruzione. Alla confusione interiore si aggiunge quella del mondo esterno, che fornisce modelli senza prendersene le responsabilità. Così entrare a contatto con il teatro aiuta a non aver paura di confrontarsi, ad ammettere le proprie difficoltà, a comprendere la diversità.

Nel saggio degli allievi dell’istituto Midossi emerge la voce del singolo portata avanti dal gruppo. Ognuno ha disegnato il proprio ritratto, chi più realistico, chi più astratto e al microfono ha definito in quale animale si rispecchia. Il gruppo, come un’eco, ne ha preso le sembianze per non sentirsi più solo.
La diversità è una forza, ma i ragazzi la percepiscono come un limite, perché il branco tende a bullizzare. Di questo argomento se ne parla più al telegiornale che con i ragazzi e questo laboratorio è servito anche a questo.

«Indossiamo sempre una maschera, anche quando siamo soli ne indossiamo una: quella con cui ci vediamo», recita alla fine uno di loro. Speriamo che questo sia un inizio, per guardare il mondo dal punto di vista privilegiato del palcoscenico, che ti insegna a schierarti in prima linea, senza aver paura di essere giudicato. Infondo siamo tutti diversi, tutti speciali, ognuno deve trovare la propria strada.

Ferdinando e Alessia sono interessati a raccontare attraverso il teatro il mondo, quello vero: lavorare con queste realtà permette loro di assorbirne le dinamiche, lo sguardo, per poterlo restituire. I loro laboratori sono uno scambio reciproco e si respira la fiducia che si concedono, soprattutto con il Centro Diurno Rosa Frezza Merlini. Ci sono persone di tutte le età, alcune affette da problematiche complesse. Al Centro sono abituati a disegnare, alcuni di loro partecipano a corsi di recitazione o di musica.

Per Distretto Creativo questa è la prima volta, e ci raccontano che è stata meno complessa di quanto pensassero. «Sono come bambini per certi versi, non hanno filtri», loro si buttano, si divertono, non hanno pregiudizi nel dire ciò che pensano, né remore a mettersi in mostra.
Anche loro hanno realizzato un ritratto e devo dire che spiccano dei talenti, come in altri è evidente la passione per la danza. Si lasciano andare, la voce non trema, ballano, fanno delle smorfie, raccontano come si vedono «sono bella, bellissima!».

Serve a loro questo laboratorio, serve a Distretto e serve alla comunità che impara a togliere le etichette e guardare in faccia chi ha più coraggio nel mettersi in gioco, chi non si autocensura, chi concede un sorriso, un abbraccio senza chiedere nulla in cambio. Chi dà se stesso perché lo fa star bene.

Vanno / Vengono / ogni tanto si fermano / e quando si fermano / sono nere come il corvo / sembra che ti guardano con malocchio / Certe volte sono bianche / e corrono / e prendono la forma dell’airone / o della pecora / o di qualche altra bestia / ma questo lo vedono meglio i bambini / che giocano a corregli dietro per tanti metri.

Commuove sentir recitare De Andrè, con la voce candida, con semplicità, ma nel contempo sembra una rivelazione. Sembra che quel momento custodisca il segreto del mondo. Dopotutto non siamo così bravi ad ascoltare, dopotutto loro sono degli ottimi attori, perché Sono, mai interpretano.

Perché vivono il presente, sempre, non si perdono nelle maschere, solo nei pensieri, solo nell’arte; ma poi sembra che lo scordino e non hanno paura a riprovarci ancora.
Quel respiro di vita è un respiro di gioia.