RENZO FRANCABANDERA | Esiste qualcosa di immortale nel burattino. Anni fa un burattinaio mi raccontava proprio questo: di come alcune sue creazioni fossero rimaste giovani e lui no. È destino che il burattino sopravviva al burattinaio, e infatti il primo finale di Pinocchio, quello quale il burattino moriva impiccato, non potè essere accettato dai bambini e lettori di Collodi, che fu, come noto, costretto a scrivere il sequel, riportando in vita il discolo adolescente di legno, per fargliene passare ancora qualcuna di avventure, ma per regalare poi alla sua creatura letteraria l’esito naturale che si deve al burattino: sopravvivere.
Ogni puparo lascia dunque un’eredità immateriale, quella dell’artista, alle generazioni successive, e una materiale, composta di oggetti di scena, a chi, nella compagnia, porta avanti l’arte.

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È quello che succede alla famiglia milanese dei Colla, secoli di storia, generazioni che, una dopo l’altra con dedizione e raffinato senso dell’arte scenica, hanno mantenuto in vita un patrimonio materiale e immateriale davvero unico.
Come non ricordare qui la straordinaria figura di Eugenio Monti Colla, che abbiamo avuto la fortuna di videointervistare per PAC nel 2015 prima che ci lasciasse, in un dialogo che racconta proprio come quello del burattinaio e dell’artista sia un po’ un destino.
È tradizione da alcuni anni che, sotto Natale, la compagnia esca dal suo teatrino (cosa che peraltro fa per andare in tournèe nel mondo), per essere ospitata al Piccolo Teatro per proporre alcune nuove creazioni o grandi classici dello sterminato repertorio.
La lampada di Aladino si colloca nel filone delle fiabe della Compagnia Carlo Colla & Figli dove figura, accanto a titoli del repertorio come Cenerentola e Il gatto con gli stivali.
Scritta nel 1993 da Eugenio Monti Colla – che l’anno successivo ne curò anche la regia in occasione del debutto al Festival di Spoleto – la fiaba-spettacolo, proposta a Milano nel ’94 / ’95, è stata successivamente in tournée in tutta Italia. Torna quindi ad oltre vent’anni di distanza per essere proposta a un pubblico che è una nuova generazione di spettatori e che vivono l’incanto di un allestimento che ha la ricchezza di un’opera lirica: sono infatti duecento le marionette a filo utilizzate, fra protagonisti, comprimari, comparse e animali; gli animatori sono dodici dei quali due addetti a muovere solo il genio, una singolare creatura lunga due metri con la testa, il busto e le braccia di cartapesta e il resto del corpo fatto di seta e organza.  In realtà nella fiaba i geni sono due, ed escono uno dall’anello magico e l’altro dalla lampada; uno è nero, simbolo dell’irrazionale, l’altro è bianco a significare il raziocinio e il sentimento: dalla loro unione scaturirà l’armonia.

Lo spettacolo si compone di quadri scenici, ben tredici più il prologo, e corrispondono ad altrettante sequenze del racconto, in parte realizzate ex novo e in parte provenienti da vecchi spettacoli; duecento costumi sono stati creati per questa edizione. A intervallare le scene quasi sempre il sipario che cala con un’immagine ispirata all’arte orientale che riproduce la figura del protagonista.
1-1.jpgLa vicenda ricalca sostanzialmente la storia delle Mille e una notte ed è ambientata in Cina, quello che era il vero Oriente per gli arabi.
Dove le musiche non potevano essere quelle di un’opera lirica, codice a cui la Compagnia ha sempre dato la massima attenzione nei rimandi, si è sempre scelto per composizioni originali, come in questo caso: Danilo Lorenzini, più che un commento all’azione, ha composto un vero e proprio poema sinfonico che rimanda a sonorità orientali, guardando comunque anche alla Madama Butterfly e ad altre opere di ispirazione esotica, capaci di seguire l’andamento della narrazione, costruendosi attorno a un tema che ritorna nelle varie sequenze.

Curiosa la funzione intervallare che nelle opere dei Colla assumono le parate:  fantastiche sfilate di decine e decine di marionette, spesso bizzarre, in cui si alternano uomini e animali, e che, in questo caso, sono il corteo della principessa, la sfilata degli schiavi magici prodotti dal genio e quella dell’esercito imperiale, condotto da Aladino, che torna vittorioso.
Ma la bellezza singolarissima di queste creazioni è, per chi scrive, quello che potrebbe definirsi “il secondo piano poetico”. Non manca mai scena nella quale la vicenda principale ricavi una sua ambientazione geografica o emotiva attraverso la presenza, spesso in secondo piano, di figure di pura presenza o passaggio come, in questo caso, la bambina che gioca con l’anatra, o il bambino che fa volare un aquilone. Nulla che abbia a che fare con la narrazione in primo piano ma che crea un paradigma di profonda verità dell’idea di spettacolo, un teorema creativo al quale Eugenio Monti Colla credeva in modo particolare, come confermava in chiusura di questa nostra video chiacchierata che riproponiamo qui, proprio per ricordare la grandezza della mano e del pensiero del maestro, del quale invitiamo ad andare a conoscere questa antica ma sempre moderna creazione.

 

LA LAMPADA DI ALADINO

fiaba in un prologo, due tempi e quattordici quadri di Eugenio Monti Colla
musica di Danilo Lorenzini
scene di Achille Lualdi e Franco Citterio
costumi di Eugenio Monti Colla
luci di Franco Citterio
direzione tecnica di Tiziano Marcolegio
regia di Eugenio Monti Colla
produzione ASSOCIAZIONE GRUPPORIANI – MILANO
i marionettisti
Franco Citterio, Maria Grazia Citterio, Piero Corbella, Camillo Cosulich, Debora
Coviello, Carlo Decio, Cecilia Di Marco, Tiziano Marcolegio, Pietro Monti,
Giovanni Schiavolin, Paolo Sette
voci recitanti
Loredana Alfieri, Marco Balbi, Roberto Carusi, Fabio Mazzari, Lisa Mazzotti,
Gianni Quillico, Franco Sangermano
registrazione musicale eseguita dall’Ensemble “Guido d’Arezzo”: Sonia Turchetta, mezzo soprano, Luca Garro, pianoforte, Danilo Lorenzini, direttore