ESTER FORMATO e RENZO FRANCABANDERA | EF: Quando Sei personaggi in cerca d’autore debuttò all’inizio degli anni ’20, quasi unanime fu lo sgomento, se non il disprezzo, per una pièce del genere, additata come una sorta di manicomio. Eppure, se pensiamo bene, Pirandello, Cechov, persino Shakespeare in alcuni dei suoi drammi – capisaldi del teatro occidentale – ‘mettono su’ un teatro “destabilizzante” per il pubblico, partendo da una direzione del tutto opposta alla prassi drammaturgica convenzionale.
Avendo visto Sei personaggi per la regia e adattamento di Michele Sinisi al debutto al Teatro Fontana di Milano, ci rendiamo più conto di quanto si confermi stridente il genio pirandelliano con il teatro stesso, innescando il paradosso novecentesco sul quale ancora oggi si basano gli innumerevoli tentativi di andare oltre le convenzioni formali e che si concretano in un teatro che sa in ogni momento di esser tale, e quindi di essere finzione.

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RF: E infatti, giusto per saltare dall’inizio alla fine, lo spettacolo si conclude proprio con Stefano Braschi che, mandando un po’ tutti a quel paese, esce di scena rimuginando e un po’ prendendo pure per il culo il teatro tutto, su questo atavico e invero un po’ specioso dilemma: Realtà – Finzione, Realtà – Finzione. Ma andatevene a… Sembra quel personaggio di Verdone, Pasquale Ametrano, che in Bianco Rosso e Verdone tornava dalla Germania per votare, gliene capitavano di tutti i colori e alla fine mandava tutti a quel paese dopo aver votato. Ecco, al nostro capocomico capita più o meno lo stesso. Dopo aver attraversato questi Sei personaggi ugualmente caotici e destrutturati, compie il suo dovere, ma non resiste a mandare tutti a quel paese.

EF: Un assioma presente anche qui, sin dall’inizio, quando, mentre in platea è ancora fitto il vociare degli astanti, lo spettacolo è già incominciato e quello che pare essere una banale presenza degli attori sul palco prima di iniziare qualcosa è, invero, il “teatro” in sé che appare in prova, work in progress, fra l’ingresso delle attrici in ritardo e lo scorrere di immagini dal computer dal quale si proiettano video di youtube.

RF: E chissà che non si voglia alludere al fatto che forse i personaggi in cerca d’autore sono nel pubblico, che entrano dal fondo della platea come nel dramma pirandelliano che non arriva a compiersi mai….

EF: È la compagnia tutta (quella che abbiamo dinanzi in carne e ossa) che finge di provare un Pirandello, continuamente interrotto da osservazioni contrastanti, dagli screzi in seno alla compagnia, dalla lettura di una recensione teatrale dallo smartphone, dai commenti sulla produzione che li ha preceduti qualche giorno prima in questo teatro milanese; il berretto del personaggio de Il giuoco delle parti che non vogliono indossare, il regista che cerca di spiegare, stremato, il pensiero dell’autore senza trovarci alcun senso… Insomma, è la compagnia di Michele Sinisi che ha preso su di sé il ruolo di quella del testo di Pirandello, quella con cui i sei personaggi collidono in modo grottesco. Ed eccoli spuntare lateralmente alla platea, salire sul palcoscenico, tranne il figliastro che rifiuta di prendere parte al tutto e di scontrarsi con gli “attori veri”.

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RF: Tutto si muove dentro una dinamica apparentemente caotica ma evidentemente costruita in un logico meccanismo di scatole che, una volta pronte per essere chiuse, si aprono invece su un’altra struttura in miniatura che replica esattamente il dramma della scatola precedente. Una struttura a matrioska potenzialmente infinita e in cui, a un certo punto, arrivano anche artisti esterni alla compagnia che portano uno stimolo di improvvisazione vera che poi i teatranti devono replicare. In alcune repliche come con Astorri Tintinelli o Frigo Produzioni pare sia successo il delirio. Ma in generale, l’esperimento ha portato una ventata di verità improvvisa in un teatro bloccato ormai dalla logica dell’esteticamente composto.

EF: L’allestimento di Sinisi fa leva ovviamente sulla tripla finzione del dramma e sullo smascheramento insito nella finzione stessa; una struttura concentrica e complicata che funge al contempo anche da destrutturazione, nell’annoso tentativo di smontare la “forma” e offrire uno scorcio della “vita”, flusso in verità impalpabile che esiste solamente proprio grazie alla forma.

RF: Secondo me questa è la cifra profondamente interessante della ricerca di Sinisi oggi, questo gesto destrutturatore, performativo, vòlto a bloccare il meccanismo teatrale della replica e a vivere ogni volta un’emozione inaspettata. Lo dico da tempo che il pensiero di questo artista ha via via meno a che fare con il teatro di prosa tal quale e sempre più con la creazione di ambienti emotivi dal codice molto delineato. Misconoscere questa dimensione che si va definendo in modo progressivamente più strutturato significa, a mio avviso, guardare il dito e non la luna del percorso, probabilmente perfino inconsapevole, a cui l’artista si sta votando, fra passi avanti, passi indietro, laterali. Ma la direzione, guardando a dieci anni fa, e a cosa è successo in questo tempo e ai segni scenici proposti, mi pare piuttosto leggibile.

EF: Al di là di ciò che già si rileva nel testo pirandelliano che viene interamente incapsulato nello spettacolo dopo un inizio autonomo e un finale altrettanto svincolato dal dramma originario, un’altra delle peculiarità dell’adattamento di Michele Sinisi è l’introduzione del web che fa da sfondo per tutto il tempo, ora con accessi a Youtube, ora con la ricerca di fotografie da Google in riferimento a elementi e personaggi – se non agli attori stessi – emblematici della vicenda, ora con l’uso di videoscrittura che ripropone campali battute del testo. Se in primis tutto ciò può apparire una cornice estetica, in realtà lascia spazio a una sorta di implosione della struttura escogitata da Pirandello. Siamo in un’epoca in cui probabilmente la dicotomia forma/vita ha assunto le fattezze virtuali dei social, un livello dunque di estremizzazione tale che non si è più in grado di ragionare dialetticamente per strutture.

RF: Un altro segno diverso, che magari ha qualche costanza di immagine nel ripetersi sera dopo sera, ma che sicuramente incrementa la dinamica entropica. Il caos, la rottura del meccanismo del teatro borghese del Novecento.

EF: Il Sei personaggi di Michele Sinisi non è la celebrazione del grande drammaturgo siciliano quanto provocatoriamente appare un atto di rivolta, di inconscio rifiuto del suo teatro; lo si intuisce anche quando Ferdinando Bruni – attore ospite nella sera della mia replica – irrompe sul palcoscenico esprimendo un’avversione per i testi di Pirandello e suggerendo di rifare la scena del Padre e della Figlia nell’atelier di Madama Pace senza parole, dunque muta e così eliminando a priori la struttura e Pirandello stesso!bassa-1-768x512

RF: Nella mia replica c’era Rosario Lisma invece a farne un mélo in salsa telenovela.

EF: Inoltre, alla fine, la stessa scena viene riprodotta con due giganti fantocci di cui si intravedono solo gambe e bacino, ripensando finalmente all’opera senza alcuna struttura e dicotomia, ma afferrandone non il dramma dell’essere nati personaggi, quanto il dolore di una madre… Ecco, l’epilogo è cogliere un urlo di dolore, afferrare qualcosa di diretto, di estremamente umano che Pirandello nasconde fra le sue strutture e dicotomie che ritornano a noi sfiorite, talvolta incomprensibili, ma che adesso imprigioniamo ugualmente nello storytelling virtuale, rigenerando inconsapevolmente nuovi cortocircuiti.

RF: Qui mi sentirei proprio di chiudere la riflessione ricordando la dimensione assoluta, direi apicale dei segni di Federico Biancalani nelle costruzioni sceniche di Michele Sinisi. Direi che Biancalani, in questo momento, rappresenta un segno artistico di assoluta novità e pregnanza nel panorama teatrale italiano. Uno dei pochi fautori di una scenografia dinamica, potremmo dire performativa, capace di sommare l’artigianalità in movimento con corde e carrucole a un simbolismo accrescitivo che gioca sull’elemento dimensionale. Tre anni fa furono gli spaghetti in Miseria e Nobiltà, l’anno scorso la zecca che portava la peste ne I promessi sposi. Quest’anno un’altra geniale trovata. Vale il biglietto già solo lui!

 

SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE
di Luigi Pirandello    

drammaturgia Francesco M. Asselta, Michele Sinisi
regia e adattamento Michele Sinisi
con Stefano Braschi, Marco Cacciola, Gianni D’addario, Giulia Eugeni, Marisa Grimaldo, Ciro Masella, Stefania Medri, Giuditta Mingucci, Donato Paternoster, Michele Sinisi, Adele Tirante
aiuto regista in scena Nicolò Valandro                               
scene Federico Biancalani      
assistente alle scene Elisa Zammarchi 
direzione tecnica Rossano Siragusano
produzione Elsinor centro di produzione teatrale

Teatro Fontana, Milano | 19 marzo 2019