CIRCOLO BERGMAN | Da diversi anni il Collettivo Circolo Bergman (Paolo Giorgio, Marcello Gori, Sarah Chiarcos) porta avanti una riflessione performativa sullo spazio, realizzando audioguide partecipate nelle quali il pubblico attraversa territori immerso in suggestioni sonore e visive. Fin dall’inizio il Collettivo è intervenuto in luoghi negati alla Comunità a cui appartengono, in direzione di una rigenerazione urbana dell’immaginario.
La Compagnia Arti e Spettacolo (Giancarlo Gentilucci, Tiziana Irti, Daniela Vespa) ha dedicato gli ultimi dieci anni a un lavoro sulla memoria del terremoto dell’Aquila e alla ricostruzione immateriale della comunità attraverso le sue attività prima nel teatro tenda di Villa S. Angelo, poi, dal 9 luglio 2009, nello Spazio Nobelperlapace di San Demetrio ne’ Vestini.
Arti e Spettacolo ha invitato Circolo Bergman a realizzare un’audioguida partecipata per le strade del centro storico de L’Aquila in occasione del decennale del terremoto del 6 Aprile 2009. Chi ha custodito una memoria ha voluto aprirla a uno sguardo straniero per vederla da un altro punto di vista. Da questo invito è nato un incontro, uno spettacolo, un momento di vita.
Queste sono alcune parole chiave di questo processo, che i membri del Circolo hanno provato a raccontare.

Decade - foto di Paolo Porto - selezione per PAC 01.JPG
Foto Paolo Porto

Camminare
Per scegliere l’itinerario dobbiamo tenere conto di diversi fattori: quali sono i luoghi che vanno assolutamente raggiunti, quali possono essere le criticità dell’attraversare certi spazi con un gruppo numeroso di persone, qual è la durata degli spostamenti, quali luoghi si prestano alla sosta e in che relazione stanno con il percorso nel suo insieme. Lo sviluppo del percorso e della drammaturgia vanno di pari passo, e si influenzano nel loro mettersi a punto e definirsi.
A L’Aquila, a questi fattori, se ne aggiungono altri legati alla natura del paesaggio che abbiamo davanti: precario, mutevole, a tratti ostile. Quindi dobbiamo considerare anche i cantieri e il loro movimento, la zona rossa, nella sua invalicabilità, e confrontarci con una viabilità che cambia da un giorno all’altro.
Camminiamo molto nella città prima di chiudere la bozza di percorso. Camminiamo di giorno, in pausa pranzo, la notte, durante la settimana e nei weekend. E il paesaggio intorno a noi cambia in modo radicale, con l’attività dei cantieri o nel passeggiare pigro del sabato pomeriggio.
Ci guardiamo in giro, guardiamo tutto: i ponteggi, i muri nuovi, le gru, le scritte “Affittasi”. Facciamo moltissime foto. E guardando la gente scopriamo un “abbandono” che non abbiamo mai incontrato prima: di persone abbandonate dalla propria città, un po’ sperse, un po’ alla deriva, disorientate.
E allora mettiamo l’accento sul semplice gesto di camminare in gruppo, perché vogliamo che chi partecipa si senta cellula di un organismo in movimento, e chi vede da fuori questo organismo muoversi ne percepisca la presenza, il peso. Vogliamo che nell’esperienza dell’audioguida, che per sua natura tende a portarti in una dimensione intima, ci sia anche un ascolto degli altri, una percezione, anche laterale, del peso di questo gruppo di persone in movimento.
Camminare al fianco di qualcuno, cercando di avere un passo comune senza forzare la mano, lasciandosi accompagnare in luoghi che conosci da una vita. Sfilare per le strade della tua città, quella città da cui sei stato abbandonato, e che vorresti tornasse a prenderti.

Ascoltare
Ascoltare è attività fondamentale del nostro approccio ai site-specific: i nostri lavori non sarebbero nati senza gli incontri, le conversazioni e le interviste che abbiamo realizzato con chi conosce, ha già attraversato o desidera riconquistare quel luogo. Cerchiamo sempre di ascoltare i luoghi e le comunità senza idee preconcette, restando il più possibile aperti ad ogni suggestione. A L’Aquila, per la prima volta, abbiamo registrato queste conversazioni, non solo per spirito documentaristico, ma perché desideriamo fare di questo lavoro anche un lavoro corale, in cui la comunità parli non solo con la nostra voce, ma anche attraverso la sua stessa. Il racconto di Decade è attraversato, oltre che da “scene” appositamente registrate insieme a Tiziana Irti e ad alcuni studenti dei suoi laboratori, da frammenti di quelle conversazioni, lacerti che dialogano a distanza per ricostruire una storia complessa.
Importante è anche nutrirsi di una varietà di ascolti: al ventaglio già molto ampio di incontri che i nostri ospiti ci hanno organizzato, abbiamo voluto aggiungere quello con alcuni operai, reso possibile dalla disponibilità della ditta Cingoli di Teramo ad ospitarci nella mensa che organizza per i suoi lavoratori. Le parole di alcuni di loro accompagnano gli spettatori nel passaggio in Via Cascina, uno dei cuori della città cantiere.
Ascoltare è anche e sempre, nei nostri lavori, ascoltare i suoni di diversi ambienti e situazioni; registrarli, e farne un ingrediente del disegno sonoro o uno spunto per il testo. In Decade, l’immagine distopica di una città abbandonata e riconquistata dalla natura e dagli animali selvaggi nasce dalla rielaborazione della surreale esperienza sonora del “giovedì universitario”: in pochi minuti di cammino si passa da rumorose piazzette piene di studenti a vie spettrali in cui risuonano solo i propri passi, teli dei cantieri agitati dal vento, e può capitare di incontrare una faina.
Infine i rumori dei cantieri: una tessitura continua ed estremamente variegata, per gli abitanti del centro una costante del suono della città, almeno durante la settimana. Quei rumori, campionati e opportunamente montati, costituiscono, nell’attraversamento di Via Cascina, una vera e propria traccia musicale, che vuole sublimare le difficoltà ambientali e farne una possibile nuova identità sonora.

Comunità
Siamo in piedi al centro di un incrocio in cui convergono gli assi centrali della città. Chi è dell’Aquila lo chiama ‘I Quattro Cantoni’. Era il luogo in cui ci si incontrava passeggiando per il Corso, il crocevia della socialità prima del Sisma. Oggi si riempie di persone soprattutto il sabato e la domenica, quando i cantieri sono chiusi e la polvere di cemento si è posata sui marciapiedi. Qui ogni giorno, più volte al giorno, finisce Dècade – Città possibili.
In piedi, al centro di un incrocio, con indosso cuffie wireless luminose. Intorno ci sono gli spettatori che hanno camminato con noi, anche loro con cuffie indosso. Attorno, in mezzo, a fianco camminano bambini, adolescenti, adulti, anziani. Passano automobili, lente, fra le persone, volontari della protezione civile tornati per il Decennale, piccoli gruppi di suore. Mentre formiamo un cerchio un cane ci guarda e si siede al centro.
Ascoltiamo replica dopo replica la voce di Tiziana Irti che chiude il lavoro, mescolando la sua esperienza di attrice con dieci anni di lavoro sul territorio. Immerso in questo mondo di suoni e parole, le persone intorno sembrano scorrere su uno schermo cinematografico. Ciascuno compone il proprio film interiore sulla città che verrà.
È da qualche anno che con Circolo Bergman lavoriamo in spazi atipici e dismessi, spazi che hanno bisogno di essere restituiti alla comunità. È un lavoro di immersione nel reale, a fianco delle persone che ci offrono la loro storia per tradurla in un percorso. Lo facciamo per sperimentare, perché ci piace conoscere luoghi e persone, per portarci indietro un po’ di questa realtà nei nostri spettacoli sul palco.
Il Teatro – anche il nostro teatro – crediamo oggi soffra soprattutto di assenza del reale.
Ogni volta che Dècade finisce, gli spettatori si tolgono le cuffie, molti si avvicinano e si parla. Fra di loro ci sono molti aquilani, non stranieri come noi, persone che hanno vissuto il terremoto e i dieci anni che sono trascorsi. Persone che hanno perso la propria casa e spesso molto di più. Persone che hanno perso la loro città e vogliono ritrovarla.Queste parole, questi sguardi, questi gesti, fanno parte di un’intimità così forte che non avrebbe alcun senso riportarli. È da molto tempo che alla fine di uno spettacolo non incontriamo la qualità di questo scambio, fra persone che si sono date qualcosa, reciprocamente, attraverso un processo artistico. Questo specchiarsi è l’unico obbiettivo a cui tendiamo. Crediamo abbia a che fare con il senso della parola comunità, e con il ruolo che il teatro può avere oggi al suo interno. Inseguire intime epifanie dell’umano.
Siamo in piedi al centro di un incrocio con altre persone e non abbiamo risposte. Abbiamo meravigliose domande da cui ripartire.

Decade - foto di Paolo Porto - selezione per PAC 16.JPG
Foto Paolo Porto

 

DÈCADE – CITTA POSSIBILI

Di Collettivo Circolo Bergman
Testi Circolo Bergman
Musica e suono Marcello Gori
Regia Paolo Giorgio
Produzione Arti e Spettacolo L’Aquila

L’Aquila, spettacolo itinerante nel cantiere
5 – 7 Aprile 2019