VITTORIA LOMBARDI | A qualche giorno di distanza dal nostro arrivo a Plovdiv, città della Bulgaria meridionale che con Matera ha quest’anno il titolo di Capitale Europea della Cultura, vi è l’impressione di fondo di essere di fronte al risultato di un particolare innesto storico.
Sono passati pochi giorni dalla chiusura dei seggi per le elezioni europee e dalle analisi dei giornali di tutto il mondo sulla temperatura politica dell’Europa alla luce del delineatosi profilo del nuovo Parlamento.

Plovdiv è la prima città della Bulgaria a diventare Capitale Europea della Cultura, un evento che se delinea un posizionamento nuovo all’interno della “narrazione europea” di uno dei Paesi con il più basso tasso di partecipazione alle urne alle ultime elezioni (31,4 %), s’inserisce tuttavia in un percorso di integrazione politica apparentemente già avviato e preteso, un dibattito aperto e certamente non privo di conflitti.

Ma a completare l’esito dell’innesto, capiremo, è la ragione della nostra presenza qui, il progetto internazionale Odyssée Karavana, parte del programma artistico di Plovdiv 2019 e promosso da CITI – Centre International pour les Théâtres Itinérants del Belgio, con il coinvolgimento di tredici compagnie teatrali europee. Odyssée Karavana è un progetto di teatro itinerante partito da Villeneuve-lès-Avignon in Francia e che, passando per la Grecia, l’Italia e il Belgio, ha attraversato negli ultimi mesi l’Europa. Il suo precedente storico è la Mir Caravan del 1989, lo straordinario tour trans-europeo che esattamente trent’anni fa coinvolse oltre duecento artisti in un festival da Mosca a Parigi, percorrendo da est a ovest quell’Europa divisa dal Muro di Berlino che sei mesi dopo sarebbe stato abbattuto. Un progetto europeo ante-litteram realizzato a partire da una forte spinta collettiva sul finire della Guerra Fredda e capace di sedurre tanto le esigenze politiche di un’Unione Sovietica prossima all’apertura, quanto di meritarsi l’attenzione di un intellettuale come Vàclav Havel e il suo sostegno nella realizzazione della sosta praghese. In occasione e in omaggio alle iniziative della capitale culturale, Odyssée Karavana celebra l’anniversario dell’epopea della Mir Caravan scegliendo Plovdiv 2019 come penultima tappa: qui si sono radunate e raccolte le compagnie artistiche coinvolte nel progetto.
Tra queste, Teatro Nucleo di Pontelagoscuro (Ferrara) è l’unica compagnia italiana e preziosissima memoria storica del progetto del quale Odyssée Karavana evoca lo spirito e di cui Horacio Czertok e Cora Herrendorf, fondatori di Nucleo, furono tra le anime moventi.
È con Teatro Nucleo che partiamo dall’Italia. Da qualche anno ne conosciamo la progettualità e ne abbiamo approfondito la storia, dalla vicinanza con Basaglia e il movimento antipsichiatrico, dal Gruppo Teatro Comunitario al teatro in carcere, fino al processo di meticciato generazionale che nel tempo ha arricchito la compagnia di nuovi nomi e volti.  Quelli di Marco Luciano, Veronica Ragusa, Martina Pagliucoli e poi Riccardo Sergio, Giovanni Iaria, Greta Marzano e Francesca Tisano, miei compagni di viaggio nella rotta per Plovdiv con lo spettacolo Domino per la regia di Natasha Czertok.

Una generazione nata a cavallo della caduta del Muro di Berlino, figli (noi) della nuova Europa, a cui il precedente storico dell’Odyssée Karavana è stato trasmesso attraverso il racconto e nelle pratiche che Teatro Nucleo porta avanti nel quotidiano: è questo l’innesto che notiamo, l’innesto che ci affascina e disorienta.
Com’è cambiata l’Europa dalla Mir Caravan del 1989, con quale idea di Europa si confronta oggi un progetto come Odyssée Karavana nel protetto alveo di un’iniziativa come quella della Capitale Europea della Cultura, qui, in un luogo del continente dove il rimosso collettivo evoca ancor più fortemente, come un negativo fotografico, la vicinanza ingombrante del passato comunista e una negoziazione identitaria tutt’altro che pacificata?

Una via di Kapana, _la trappola_, quartiere della movida di Plovdiv
Foto Vittoria Lombardi

Odyssée Plovdiv Karavan  si è inaugurato il primo giugno. Dieci i giorni di festival, tre le differenti location: Trakia, quartiere sud-est della città edificato negli anni Settanta e con una popolazione di circa 61 mila abitanti; Grebna Baza, zona moderna di Plovdiv lungo un panoramico canale artificiale nell’area dei servizi sportivi; infine Stolipinovo, distretto che ospita la più grande comunità romana dei Balcani, un ghetto insalubre di discriminazione e separazione etnica, capitolo a sé di questo racconto.
Divergenti per struttura urbanistica, tessuto socio-economico e storia, accomuna queste aree la sola posizione periferica e, in questi giorni di festival, gli anomali figuri dalla presenza estrosa che si stagliano come macchie di colore vivo sullo sfondo grigio del predominante cemento.

Teatro Nucleo è in scena a Trakia, il campo artistico più grande per dimensione, allestito nel parco pubblico principale del quartiere e con una frequentazione prevalente di famiglie, bambini e giovani coppie.
Arriviamo a Plovdiv qualche giorno prima dell’inizio del festival, ne seguiamo l’allestimento e gli entusiastici preparativi. Eppure qui, nella periferia della città, la vitalità della Capitale Europea della Cultura sembra una velleità del centro, vezzo dei locali e della vita notturna dei vicoli labirintici del quartiere di Kapana; sembra un’eco lontana, indebolita dalla superficie assorbente dei 252 blocchi di edifici in serie dell’austero skyline. Questa distanza inaspettata ci colpisce sin dall’inizio, ma anche l’apparente non permeabilità dell’ambiente circostante alla presenza di un villaggio artistico temporaneo che non passa inosservato.

Un confine simbolico sembra separare due comunità eterogenee: gli artisti e le famiglie in libero chiacchiericcio sedute su qualche panchina più in là, al riparo da una comunità bizzarra che si affaccenda in una quotidianità di spettacoli e workshop dalla temporalità sospesa. ll via vai delle strade e l’incolonnarsi di taxi a basso costo agli angoli delle vie è un rumore di sottofondo che non raggiunge il cuore del parco.
Il festival si apre a Trakia in giorni di pioggia torrenziale, sospendendo di fatto parte delle attività. Il clima ostile non aiuta il coinvolgimento del quartiere, il festival si inaugura con buona affluenza ma la ricerca di sguardi e uditori sembra nei giorni seguenti una conquista quotidiana, un necessario farsi riconoscere e invitare a entrare, a varcare la soglia di un simbolico arco d’accesso che delimita il “villaggio”.

p2Trakia, quartiere sud-est di Plovdiv
Foto Vittoria Lombardi

Chi ci sta aspettando qui, dentro questi palazzi, per queste strade, in questi negozi? Come sono stati messi in dialogo le compagnie, gli artisti e il progetto con la comunità locale? Sono queste le domande che ci condizionano e che nascono da un’equazione che non torna, sapersi incastonati nell’imponente progettualità di un evento come quello della Capitale Europea della Cultura e non averne la percezione.

Qualche giorno dopo l’inaugurazione del festival dialogo con Galin Popov, giovane manager culturale di Veliko Tărnovo  e coordinatore del progetto Odyssée Karavana per la Fondazione Plovdiv Capitale Europea della Cultura. È a lui che chiediamo di raccontarci il processo del progetto. Gli chiediamo quale sia stato il dialogo con la città e con la comunità locale nell’anno di realizzazione dell’Odyssée Karavana e il senso politico di ospitare per la prima volta in Bulgaria la Capitale Europea della Cultura. È attraverso le sue risposte che alcuni dettagli si faranno più visibili e le domande iniziali si diluiranno in un’osservazione a scala più ampia.

L'inaugurazione di Odyssée Karavana
Foto Vittoria Lombardi

Galin Popov ci racconta di un punto di partenza non facile: Trakia è un quartiere residenziale periferico con poche realtà associative con le quali dialogare e un anno di progettazione è un tempo troppo breve per radicarsi, coinvolgere le realtà del territorio, costruire un pubblico consapevole e una comunità partecipante. La diffidenza per iniziative dal profilo meno istituzionale la fa da padrone e non basta che la Capitale Europea della Cultura pertenga a un’istituzionalità sovranazionale, è comunque elemento estraneo all’interno di abitudini consolidate e autorità riconosciute.
Dalla constatazione del carattere inedito dell’iniziativa nel contesto di una città come Plovdiv e dal riscontro di una complessità processuale che rende l’esito ancora più interessante, la lettura dell’esperienza Odyssée Karavana si arricchisce di dettagli. Il nostro racconto si costruisce su questi.

continua…