ELENA ZETA GRIMALDI| ‘Grande’ non è sempre sinonimo di ‘migliore’, come ‘arte’ – ahimè – non è sempre sinonimo di ‘politica’. Siamo abituati a identificare e classificare le cose secondo schemi cognitivi che, quasi sempre, derivano dall’esperienza della maggioranza e vengono di conseguenza assunti a massime, soprattutto nell’era della tecnologia spettacolare, dei cookies e dei contatori like, dei motori di ricerca “intelligenti” e della ricerca del consenso. Se solo uscissimo di casa, distogliendoci dagli schermi per perderci nelle strade e negli imprevisti che vi si annidano, potremmo scoprire che c’è molto altro: nascoste dall’ombra del mainstream brulicano un numero incensibile di piccole realtà, che si dedicano, di fatto, alla politica più genuina della storia, mettendo in contatto la comunità con se stessa. Ma è possibile conciliare questi due apparenti opposti?

Di opposti, apparenze e convivenze abbiamo parlato con Paolo Rossi poco prima dell’inizio di uno dei suoi recital all’improvviso, intitolato Dall’Eneide alla Jannacceide, secondo appuntamento teatrale della rassegna Tragedy Off ideata e curata da Giancarlo Latina e Luigi Maria Rosa, che persegue l’idea di dare alla città di Siracusa qualcosa di diverso ma allo stesso tempo complementare alla mastodontica stagione del Teatro Greco (Latina, oltretutto, ha fatto parte del coro dell’Elena diretta da Davide Livermore).

paolo rossi
foto di Fabio Crisafulli

Tra i vari appuntamenti teatrali e musicali di questo appassionato cartellone che attraversa il tema “Viaggio e contraddizione”, non poteva essere più azzeccata la presenza del Signor Rossi, da sempre avvezzo a stare in equilibrio e a dissacrare i confini, dell’arte e della politica. Ufficialmente a Siracusa per farsi dirigere da Muriel Mayette-Holz nel ruolo di Taltibio (il messaggero greco che si macchia dei più terribili gesti per ordine dei suoi capi) nella tragedia di Euripide Le Troiane (di cui abbiamo intervistato la protagonista, Maddalena Crippa), non si è risparmiato appuntamenti e divertimenti, recitando nei cortili di Ortigia, nella Parrocchia del quartiere di Bosco Minniti durante la Giornata Mondiale del Rifugiato organizzata da Padre Carlo D’antoni (che da oltre venticinque anni si occupa di accoglienza e immigrazione, senza sconti di dicerie e denunce), continuando così a (di)mostrare che “politicamente sono i fatti che contano” e che il teatro, che di fatti, di fatto, vive, non deve cedere alla tentazione di rinchiudersi nelle sue quattro confortevoli mura, ma può agire – anche se un po’ scomodo – sul confine.

Da moderno commediante dell’arte qual è, tra battute di repertorio, improvvisazione e nuovi spunti, ci ha raccontato la sua vita accanto a Jannacci (e non solo) accostando e mischiando Omero ed Enzo, Euripide e Beckett, la polvere del Teatro Greco e la terrazza sul mare di Punta Maddalena, ricevendo per i suoi sforzi anche un premio molto… sudato!

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