ANTONIO CRETELLA | Dopo l’inverecondo spettacolo del rosario in diretta dai salotti trash di Canale 5, molti commentatori hanno giudicato l’atto come un superamento del “trash“, attribuendo a questa parola un significato di intrattenimento leggero privo di conseguenze. Non concordo per nulla. Lo spettacolo offerto è stato semmai la piena realizzazione di un’estetica propriamente trash. Ciò che spesso si dimentica del trash e del concetto affine – ma non identico – di kitsch, è che essi offrono una visione etica e politica del mondo: non sono forme vuote di intrattenimento, ma forme totalizzanti di interpretazione della realtà. Il contenuto volgare, la pornografia dei sentimenti, la forma grottesca, pretendono di rappresentare il comune sentire, si pongono come modello etico che raccoglie le istanze dal basso, come megafono della vox populi, ma ne sono nei fatti dei plasmatori: il trash non è recettore passivo di istanze dal basso, ma il demiurgo che modella e guida quelle istanze verso un fine etico, politico, commerciale. Quaranta anni di berlusconismo – e dico quaranta perché vi includo gli anni Ottanta e la sua fabbrica culturale del trash che prepararono la strada alla sua ascesa –dovrebbero aver reso chiaro il perverso meccanismo del populismo trash che non ha nulla di leggero. Il cannibalismo del sentimento religioso con tanto di rito in diretta è solo l’ultima apoteosi della sottocultura indotta delle starlette e dei padrepii.
Viziosismi nr. 79: La Papessa e il culto del trash
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