GIORGIO FRANCHI | Vivere nell’epoca in cui è stata ampiamente estesa la possibilità di esprimere pubblicamente la propria opinione, indipendentemente dalle proprie competenze in materia, ci distrae spesso dal problema opposto: la censura. Secondo l’Indice della libertà di stampa Reporter Senza Frontiere, nel 2019 in ben 71 Paesi del mondo il diritto all’informazione soffriva di ostacoli «gravi o critici».

È proprio RSF – ONG fondata nel 1985 e distintasi in particolare per la sua attività a tutela dei giornalisti in Cina durante le Olimpiadi del 2008 – ad aver progettato un sistema tramite cui permettere la circolazione di articoli censurati in diversi Paesi appoggiandosi a Minecraft. Minecraft, per chi non lo conoscesse, è un videogioco online con una meccanica molto simile a quella dei Lego. Tramite un avatar si raccolgono e posizionano cubi colorati per costruire statue ed edifici dando sfogo alla propria creatività. Un passatempo amatissimo dai giovani, che vanta 91 milioni di giocatori abituali e non conosce restrizioni in alcun Paese dove sia permesso internet. Il 12 marzo 2020 RSF ha aperto al pubblico il server che ospita una libreria digitale sulla piattaforma Minecraft, chiamata The Uncensored Library, contenente al suo interno 200 articoli e post social censurati dai governi di Paesi come Russia, Vietnam ed Egitto, ricostruiti con la grafica del videogame e finalmente accessibili anche a queste nazioni.

Il progetto di RSF sembra una replica su larga scala di quanto fatto dall’attivista diciassettenne Feroza Aziz a novembre dello scorso anno. La piattaforma scelta, in questo caso, era Tik Tok, un social network di proprietà cinese molto in voga tra i giovanissimi, dove gli utenti postano video di lunghezza inferiore al minuto, quasi sempre di loro stessi che ballano e cantano in playback. L’attivista ha tuttavia ribaltato le carte in tavola, caricando un video in cui, mentre mostra come usare un piegaciglia, invita i suoi follower a documentarsi sul massacro degli Uiguri nello Xinjiang. L’algoritmo ha identificato il video come un tutorial per il trucco, così da permettere che rimanesse online per svariate ore, prima di censurarlo quando ormai aveva ottenuto l’attenzione dei media internazionali.

La medaglia d’oro alla scelta più ardita di un sito su cui fare attività politica va sicuramente all’oppositore del governo russo Alexey Navalny. Avvocato e attivista politico, è autore del documentario He is not Dimon to you, incentrato su un presunto giro di corruzione a Mosca e ritirato dal mercato a seguito di una seduta del tribunale che l’ha giudicato di natura diffamatoria. Navalny non si è arreso, decidendo di ricorrere al web. Scartati i siti più controllati (Youtube, Facebook e il russo VKontakte), ha infine deciso di caricarlo sul portale a luci rosse Pornhub, nella sua lunghezza integrale di 50 minuti, con il titolo Russian politician fu**ed hard (Politico russo fo***to per bene).

C’è una cifra che accomuna queste tre piattaforme. Minecraft è un videogioco dalla meccanica estremamente semplice e ripetitiva, volto più al rilassamento che a stimolare ingegno e riflessi. Tik Tok è più volte balzato agli onori della cronaca per l’idiozia di certi utenti, tra cui alcuni ragazzi che hanno recentemente postato video in cui leccavano l’asse di un gabinetto pubblico per dimostrare di non temere il Coronavirus. Su Pornhub e sui danni alla sfera sociale ed emotiva dell’uso massiccio della pornografia, specie per i più giovani, si sono espressi decine di studiosi. Ecco la cifra comune: tutte e tre le piattaforme, se usate inconsapevolmente, possono essere un eccellente veicolo per l’appiattimento cerebrale.

C’è quasi uno sprazzo di poesia nel constatare che, dopo anni in cui abbiamo assistito al taglio di fondi a scuola e cultura, all’insorgere della tv spazzatura e all’abbassamento quotidiano della soglia del pudore nella propaganda politica, i figli di un mondo che li ha voluti stupidi e passivi ritorcono la stessa arma per veicolare informazione e consapevolezza. Il colpo va a segno, le vittime cadono a terra. Del resto, anche i temibili troiani sono stati ingannati da un innocente cavallo di legno.