LAURA BEVIONE | Teatro in streaming, letture, video originali: il mondo dello spettacolo dal vivo sta tentando nuove strade per non perdere il contatto con il proprio pubblico e per mantenere accesa l’attenzione su questo settore, fra i più colpiti dalla crisi determinata dalla pandemia di COVID-19. Una compagnia abituata da sempre ad abitare spazi non convenzionali e a riformulare in modo originale la propria drammaturgia e un teatro genovese,  la coppia Cuocolo/Bosetti alias IRAA Theatre, e il Teatro della Tosse – con il supporto del Teatro di Dioniso – hanno ripreso la proposta di spettacoli dal vivo, offrendo al pubblico la possibilità di “assistere” a Theatre On A Line.

Uno spettacolo destinato a un unico spettatore per volta, realizzato attraverso una linea telefonica dedicata che mette in comunicazione con Roberta Bosetti. L’attrice vercellese è una donna chiusa nella propria casa: la paura di uscire non ha cancellato però il suo bisogno di raccontare – i suoi sogni in particolare – e di ascoltare storie…

Abbiamo parlato di questo spettacolo – in cartellone dal 7 maggio e per un mese – e della situazione attuale del teatro con Renato Cuocolo e Roberta Bosetti ma anche con Amedeo Romeo, direttore del Teatro della Tosse.

Foto di Andrea Macchia

Iniziamo con Renato e Roberta: quali riflessioni ha suscitato in voi la chiusura dei teatri e, soprattutto, l’assenza di un orizzonte certo riguardo la loro prossima riapertura?

Questa crisi ci potrebbe aiutare a cambiare strada. Nella presa di coscienza della fragilità del sistema (non solo teatrale) potrebbe diventare una tappa nel cammino del cambiamento.
Le esperienze, quello che perdiamo e quello che ci fa perdere, non sono incidenti ma opportunità, se non accadessero bisognerebbe trovarne altre, per far sì che la vita diventi un affare serio.
Il periodo che stiamo vivendo ci potrebbe offrire l’occasione per ripensare la natura e il senso del nostro fare teatro. Purtroppo non credo che succeda. La società italiana è costruita attorno all’idea di cambiare tutto per non cambiare niente.

Questa potrebbe invece essere un’opportunità per cambiare il modo in cui lo Stato sostiene il teatro. Non più soldi, forse paradossalmente, meno soldi ma spesi meglio. Ora il teatro, soprattutto degli stabili e affini, è un imponente carrozzone regolato da regole essenzialmente contabili/burocratiche che con la preminenza della creazione artistica hanno poco a che fare. Altre esperienze di Paesi in cui abbiamo a lungo vissuto, come l’Australia, privilegiano il progetto artistico al di là delle giornate INPS, delle repliche, delle piazze, del sistema dei borderò, ecc. Alla base c’è un patto di trasparenza tra l’artista e lo Stato. In Italia prevalgono le regole burocratiche proprio perché la base etica, la coscienza etica dei cittadini, è molto povera e va quindi ingabbiata e regolata in lacciuoli senza fine e senza senso. Già adesso assistiamo a un assalto alla diligenza del teatro quotidiano da cui lo stato cerca di difendersi con la burocrazia anch’essa, per altro, non certo trasparente. Una situazione differente potrebbe essere possibile solo con una rivoluzione etica da cui, dobbiamo dire a malincuore,  sembriamo molto lontani.

La vostra particolare modalità di fare teatro vive nella maggior parte dei casi fuori dalle sale tradizionali: esiste uno spazio privilegiato per il teatro oppure qualunque spazio può essere teatro? E, in questo secondo caso, a quali condizioni?

Esiste uno spazio privilegiato, ma non è un edificio. É uno spazio legato alla drammaturgia di quello che stiamo costruendo. É legato e nasce dall’idea che stiamo sviluppando. Può essere persino un teatro, se questo è richiesto dal progetto. Ma deve essere una casa se affronta il tema della domesticità, o un hotel se tratta di transitorietà, e di un telefono, di una linea telefonica, se affronta, come in Theatre On A Line, l’intimità tra sconosciuti.
Lasciare che vita e teatro si sovrappongano per creare una esperienza più forte per lo spettatore/ospite.
Uscire dalle abitudini. Sapere farsi le domande e cercare le risposte. Il teatro è uno spazio di libertà enorme che ci offre la possibilità di fare della nostra vita una splendida avventura. Bisogna uscire dagli schemi. Diventare visionari.
Non avere paura. Il teatro è molto generoso se si riesce ad andare oltre al narcisismo e alla pretesa di parlare da un palco. Personalmente abbiamo sempre avuto in antipatia tutti quelli che pretendono di parlare dall’alto di un palco o di un balcone.

Al centro della nostra riflessione c’è il rapporto con lo spettatore. Un teatro in cui l’aspetto partecipativo, interattivo, viene esaltato. Dove lo spettatore/ospite è libero di muoversi, di esplorare lo spazio, di adottare vari punti di vista: è privo, insomma, del “posto assegnato”. Un teatro dove gli spettatori diventino partecipi dell’opera, dove si pongano in rapporto reciproco generando tra loro relazioni fisiche di prossimità o, in questo caso di distanziamento, animando il lavoro da molteplici angolature.

Alcuni dei vostri spettacoli del passato non necessitano di un palcoscenico né di una platea, come appunto Theatre On A Line, che ora avete riallestito per il Teatro della Tosse. Ci raccontate un po’ la genesi e la vicenda di questo spettacolo?

Theatre On A Line, uno spettacolo del 2010 che si svolge interamente al telefono, attraverso una linea telefonica dedicata. Presentato per un mese in Australia, coprendo tutto il territorio nazionale, è stato presentato una sola volta in Italia, a Prato, per il Teatro Metastasio. Ora viene riproposto con la produzione del Teatro della Tosse e il Teatro di Dioniso, che con coraggio hanno sposato subito il progetto. Sarà presentato per un mese in tre lingue: italiano, inglese e francese.
Theatre on a Line nasce dall’idea di una donna chiusa in casa che ha paura di uscire. É su una condizione umana che esisteva prima del coronavirus, e continuerà a esistere anche dopo. La forte risposta emotiva allo spettacolo è dovuta al fatto che questa condizione è ora vissuta da tutti o, almeno, sotto gli occhi di tutti.

La vostra esperienza sembra dimostrare che il teatro possiede la capacità di sopravvivere anche nelle condizioni più sfavorevoli: è così?

Questo è sicuro. Essenziale è osservarsi con attenzione, sviluppare delle idee e accettare di andare dove queste ci portano.
La prontezza con cui siamo stati capaci di rispondere a una situazione di difficoltà dimostra che è essenziale mettersi in gioco e farlo e rifarlo continuamente. La nostra storia è lì a dimostrarlo.

Una domanda più personale, quali autori state frequentando in questi giorni e quali riflessioni/pensieri/immagini vi suggeriscono?

In realtà, facendo dieci repliche al giorno, quelli che frequentiamo sono soprattutto i nostri ascoltatori di cui raccogliamo le storie e le emozioni.
Nel poco tempo libero ci siamo immersi in letture poderose: l’opera di Knausgard (La mia lotta) e le ultime opere di Dickens (Il nostro comune amico), ritratti del quotidiano che diventa straordinario nel primo; e l’inferno della condizione metropolitana nel secondo. Due autori così distanti ma che creano attraverso la loro visione un mondo. Partono dalla loro esperienza, mettono nella narrazione quello che hanno sotto gli occhi, l’esistente, e lo illuminano per noi. In questo troviamo un richiamo al nostro modo di fare teatro: un teatro ecologico, che usi l’esistente, che si prenda cura del mondo circostante, non negazione del disastro, ma redenzione del disastro attraverso il moto affettivo e conoscitivo del mettere in forma.

Passiamo la parola a Amedeo Romeo: la chiusura dei teatri come ha modificato la progettualità contingente e quella del prossimo futuro del Teatro della Tosse?

Naturalmente la chiusura dei teatri ha stravolto la nostra programmazione. Ci siamo fermati all’inizio di marzo, quando avevamo ancora davanti per chiudere la stagione importanti ospitalità nazionali e internazionali, una nuova produzione – ART di Yasmina Reza con la regia di Emanuele Conte – spettacoli per ragazzi, concerti, incontri e molto altro. Pensa che solo nelle prime due settimane di marzo, quando ancora speravamo in una possibile riapertura, abbiamo cancellato 48 alzate di sipario. Una gravissima perdita, per noi e  per il pubblico.

Il colpo è stato duro e, vista anche la grande incertezza, ci abbiamo messo un po’ a reagire. La prima reazione è stata quella di non scomparire, e, come molti, abbiamo intensificato la nostra presenza sui social, prima con lo streaming, poi con un progetto ad hoc (tuttora in corso): la ripresa dello spettacolo Il mistero dei tarocchi, uno spettacolo a stazione per 22 attori che Tonino Conte aveva immaginato nel 1990, ora rimesso in scena appositamente per il web con cadenza trisettimanale. Poi, consapevoli che la situazione non sarebbe migliorata e convinti che l’online non fosse una soluzione, abbiamo cominciato a ripensare la nostra programmazione, per l’immediato futuro e per il lungo periodo.

Il teatro online non è teatro. Il teatro si fa in presenza, deve esserci la relazione con il pubblico, non può essere differito e non esiste se non nel rapporto tra spettatore e platea.
Nell’immediato abbiamo scelto di ripartire, il 7 maggio, ospitando appunto Theatre On A Line, uno spettacolo che non è nato per l’emergenza, ma che risulta perfetto per il presente. IRAA Theatre, di Cuocolo/Bosetti, è una compagnia che ha sempre messo al centro la relazione intima con lo spettatore, portando i propri spettacoli in luoghi inattesi – così come, in una dimensione molto diversa, perché più popolare e di massa, ha sempre fatto il Teatro della Tosse. Theatre On A Line non è uno spettacolo al telefono, è uno spettacolo, un evento, che avviene attraverso il telefono, e non è una differenza da poco. Non un surrogato, ma un modo intimo di creare l’incontro.

Terminata questa esperienza, e quella dei Tarocchi, entrambe in scena fino alla fine di maggio, il nostro obiettivo è tornare “in presenza”, nella speranza che, adeguandoci a tutte le norme sanitarie e forti della nostra capacità di abitare luoghi diversi dallo spazio teatrale tradizionale, sia possibile tornare a fare spettacolo all’aperto, per un pubblico limitato, in una dimensione intima, per un tempo prolungato, in una forma più performativa, nella quale ancora di più sarà possibile far interagire prosa, danza, musica.

Queste sono alcune delle idee che abbiamo, per ricominciare in modo attivo il prima possibile. L’autunno sarà un momento di svolta a cui vogliamo arrivare pronti, se necessario modificando la conformazione delle nostre sale per accogliere un numero minore di spettatori, ma mettendo grande cura al valore dell’esperienza, al luogo teatro, perché sia sempre gradevole, non angosciosa.

Com’è avvenuto l’incontro con i Cuocolo/Bosetti e con il loro Theatre On A Line?

Abbiamo già ospitato la compagnia Cuocolo/Bosetti in passato, per esempio nel 2013 con lo spettacolo Private Eye in un albergo di Genova. Ci stimiamo reciprocamente e siamo spesso in dialogo. Riceviamo sempre le loro proposte artistiche, sia per l’ospitalità che per collaborazioni produttive, ed eravamo già fortemente intenzionati a ospitare un loro lavoro nella stagione 2020/2021. Theatre On A Line è stata l’occasione per anticipare questa collaborazione.

La stessa domanda più personale anche per te: quali autori stai frequentando in questi giorni e quali riflessioni/pensieri/immagini ti suggeriscono?

Leggo di tutto, non solo teatro. Leggo sempre molto, anche perché sono un pendolare di lunga distanza e il treno è amico della lettura, ma in questo periodo di quarantena mi sono capitati alcuni libri, sia romanzi che saggi, che mi hanno spinto a riflettere sul rapporto che l’umanità ha con la tecnologia, con l’intelligenza artificiale e con l’ambiente. Siamo sicuramente di fronte a un bivio, la società in questo momento deve scegliere tra responsabilità e iper-controllo, ci domandiamo a quante e quali libertà siamo disposti a rinunciare in nome della salute. La funzione dell’arte, e del teatro in particolare, diventa ancora più importante in momenti come questi, per indagare il futuro e costruire una società che sia a misura d’uomo, per contribuire a ripensare l’etica. Questa riflessione è anche al centro anche di Theatre On A Line, che si propone di indagare in che modo l’immagine artistica possa influire sulla creazione della nostra identità.

 

THEATRE ON A LINE

di Cuocolo/Bosetti
con Roberta Bosetti
produzione Iraa Theatre – Teatro di Dioniso