ANTONIO CRETELLA | Con l’approssimarsi della nuova tornata referendaria che vedrà gli italiani esprimersi su una riforma costituzionale senza precedenti prevedendo il taglio di una consistente fetta del Parlamento, si fa sempre più insistente la propaganda per le ragioni del Sì, tanto caro al Movimento Cinque Stelle che della misura ha fatto una bandiera (l’ultima rimasta dopo la caduta di tutte gli altri principii fondanti, dallo streaming delle riunioni alla regola dei due mandati). Nel calderone viene ovviamente tirato di tutto, anche quello che nulla ha che fare, a ben vedere, con il numero dei parlamentari: si approfitta pertanto dell’incresciosa condotta di quei cinque parlamentari che hanno intascato il bonus emergenziale di 600 euro stanziato dal governo per portare acqua al proprio mulino attraverso un paralogismo di facile preda, ma inconsistente all’atto pratico. Cosa impedirebbe, infatti, ai parlamentari rimasti di comportarsi allo stesso modo dei colleghi incriminati, dato che nulla di illegale essi hanno fatto? E data l’impossibilità di risalire ai nomi dei beceri profittatori, cosa impedirà mai loro di essere ricandidati e rieletti nel miniparlamento sognato dai Cinque Stelle? Ovviamente, nulla. L’unica preoccupazione è quella di rinfocolare l’astio popolare contro la cosiddetta Casta, traslandolo però da essa all’istituzione: non saranno i parlamentari a farne le spese, ma il diritto di rappresentanza che tutela l’esercizio della democrazia da parte dei cittadini. Come voler togliere un’ala a un aereo per punire parte dell’equipaggio disonesto.