MATTEO BRIGHENTI | Il distanziamento esiste da molto prima del Coronavirus. È la domanda: “Ciao, come stai?”. Secondo il poeta Guido Ceronetti è la più indiscreta, la più insolente, la più insoffribile e la più comune, «che mette alla tortura chi ama la verità, perché la si formula per avere in risposta una miserabilissima bugia».
Fingiamo, per pura cortesia, ma in realtà non vogliamo sapere come stai tu o un altro, perché non siamo preparati ad affrontare le voragini che si possono aprire di fronte agli occhi. Né siamo certo pronti, di riflesso, a vedere dentro i nostri abissi. Francesca Sarteanesi e Luisa Bosi in Bella Bestia spezzano in due questa recita della formalità, questa coazione a ripetere una vuota, insignificante gentilezza, con la verità. È la più dolorosa da dire e da accettare: sto male. Pescano a piene mani nella materia viva delle loro vite, di cose successe per davvero, e le buttano tutte fuori. Tutte. L’effetto che fa lo specchio del teatro è la possibilità di guardarsi da fuori: se sopravvivono gli spettatori, magari ci riescono anche loro.

Foto di Ilaria Costanzo

Sarteanesi e Bosi, anche autrici del testo, sono sedute su due seggiole pieghevoli di tela tipo da casa al mare in affitto o da picnic in pineta. Hanno gli occhi bassi, scavati, le spalle chiuse, come i pensieri, sempre gli stessi. Indossano vestiti con fantasie su fondo nero, buoni per una festa a cui non sono state invitate o, peggio, non le hanno volute. Sono giovani, eppure appaiono invecchiate: è lo stillicidio di avere troppo tempo e non sapere cosa farsene. Alle loro spalle c’è un cane di plastica nero, forse di guardia contro un pericolo che può assalirle a tradimento, da dietro, a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Aspettano qualcosa che non arriva, una soluzione, una cura, e intanto (si) rivivono il prima di ora e di qui, ma non ne escono, pur avendo scampato il peggio ci stanno ancora sotto. Bella Bestia attraversa più giorni in un solo, identico giorno: l’atmosfera è immobile, è un coperchio che le schiaccia a terra, non fa alzare loro nemmeno la testa. Quello che abbiamo capito, quello che abbiamo studiato, quello che siamo, davanti al male non conta. Alla fine conta lui e lui soltanto: è il centro del tuo mondo che diventa tutto il mondo. Il resto non desideri altro che cada, che muoia, che scompaia per sempre.
All’aumentare delle strade senza via d’uscita aumentano i cani finti in scena. Stanno lì sornioni con la lingua di fuori, fratelli buoni dei Lupi in arrivo dell’artista cinese Liu Ruowang. Visti dalla platea sembrano innocui, quasi un po’ tonti, ma così non deve essere sul palcoscenico. Questo perché gli altri non riescono o, magari, non possono capire fino in fondo i nostri problemi, che invece per noi sono sempre grandi, terribili, e alle volte lo sono realmente.
La “bestia” è bella per chi ce l’ha. È un osso duro da digerire e, a un tempo, diventa anche un’insospettabile ragione di vita.

Foto di Ilaria Costanzo

Non sanno dove andare, ma hanno scelto di salire su questo palco per provarci. Hanno questo: essere fianco a fianco. Di uomini neanche a parlarne: sono incontri al limite del grottesco e del disgusto, che registrano su WhatsApp audio pieni di innaturale, ridicola intimità a distanza. Si ride, ma di un riso che non consola, né rassicura. «Ho un tumore», dice Luisa Bosi a un certo punto. E Francesca Sarteanesi, d’istinto, con il candore e la fragilità di una Monica Vitti, ribatte: «Io ho una cena».
Ben lontano dalla retorica compiaciuta del dolore, Bella Bestia affonda le unghie e i denti nel malessere fisico e psichico di due donne che cercano, come possono, di ascoltarsi, di aiutarsi, di non darla vinta alla paura. Si chiedono aiuto a ogni sguardo, battuta o rimprovero. Sanno che o si salvano insieme o si salvano insieme. I cani, per ora, stanno dando a entrambe tutto il tempo di cui hanno bisogno.


BELLA BESTIA

di e con Francesca Sarteanesi e Luisa Bosi
produzione Officine della Cultura
con il contributo della Regione Toscana
con il sostegno di Centro di Residenza della Toscana (ArmuniaCapoTrave/Kilowatt)

Teatro Cantiere Florida, Firenze, nell’ambito di Materia Prima, la rassegna curata dalla compagnia Murmuris
9 ottobre 2020