RENZO FRANCABANDERA | Marche Teatro riparte con gli spettacoli al Teatro delle Muse di Ancona. Dal 6 al 13 maggio è tornato in scena, in prima regionale, Una notte sbagliata di e con Marco Baliani, per la regia di Maria Maglietta, produzione di Marche Teatro la cui circuitazione era stata fermata dalla pandemia.

La creazione di Baliani porta in scena in questo spettacolo il corpo di un individuo fragile, Tano, un uomo con un accentuato disagio psichico, che vive un microcosmo di quartiere, fatto delle visite al centro diurno, la dimensione domestica, qualche negoziante ora simpatico ora antipatico come solo lui può vederlo; e ovviamente Uni, il suo cane, un alter ego animale inseparabile.
Il buio teatrale iniziale è rotto dalle luci e dai suoni, un tessuto sonoro realizzato da Mirto Baliani di natura per lo più ambientale e realistica. L’abbaiare lontano, le voci della città. Il paesaggio si compone prima nella mente che nello sguardo e questa è una scelta registica apprezzabile.

La scena, disegnata e via via illuminata da Lucio Diana, delimita il classico angolo di luogo pubblico di periferia, senza alcunché di bello a vista che non sia quello che le persone stesse riescono a voler vedere. Ed è quello che fa la mente del protagonista, Tano, con le sue immagini (bello il lavoro sui disegni dello stesso Baliani, videoproiettati sulle superfici alle sue spalle) fatte di fantasie semplici, infantili, come il tratto di un bambino, che ricostruisce un universo singolare e unico, esattamente come il nome che dà al suo cane, Unico (abbreviato Uni).
La vicenda è quella del tragico incontro fra questa esistenza semplice, improduttiva e di fatto innocua, con un paio di pattuglie delle forze dell’ordine a fine turno, armate, prima ancora che di armi vere e proprie, di un empito di frustrazione e rabbia per una giornata andata male.
L’incapacità dei tutori della legge di fermare l’istinto rabbioso, la tensione al sopruso, all’abuso del potere, trasformerà una sera insignificante e identica a centinaia di altre, in una serata sbagliata.

Baliani entra in scena ed è già Tano. Con precisione attorale, restituisce il biascicato della parola pronunciata sotto l’effetto della chimica, la bocca impastata dallo psicofarmaco prima ancora che dalla mente lenta.
Lo scrittore sa dove poggiare il leggero, il poetico, il comico, prima di portare la vicenda e lo spettatore verso lo spazio del tragico, in una macchina di parola che non segue una direzione temporale ma viene interrotta e ripresa fra anticipazioni, riletture, sovrascritture.

Ci sono spettacoli che raccontano gli artisti e il loro percorso, quasi una chiave di lettura che ad un certo punto taluni, forse senza questa esplicita consapevolezza, danno al loro percorso. La solitudine e la vicenda profondamente ingiusta che Baliani ci racconta in Una notte sbagliata, tende quasi un filo che torna indietro fino a Kohlhaas, il monologo tratto dal Michael Kohlhaas di Heinrich von Kleist, e anche in quel caso vicenda di un uomo schiacciato dalle norme e lasciato solo nel suo rapporto critico e problematico con il potere.
Baliani stesso collega, peraltro, questo
 spettacolo a Trincea, dove aveva sperimentato una condizione attorale simile, uscendo però dal contesto narrativo centrale per aprire la drammaturgia ad altri scenari, con l’obiettivo di arrivare a tessere quello che l’artista ha definito un “arazzo psichico” in cui però il focus della vicenda è in continuo spostamento.

La drammaturgia infatti ci fa vedere Tano come lo potremmo vedere se fossimo seduti ad una panchina del suo stesso parchetto, mentre tutto quello che riguarda l’incontro con la forza lo conosceremo con una narrazione in soggettiva, resa dall’interprete dentro una cornice di luce sagomata che lo inquadra come dentro un filmato televisivo.
È proprio questa differenza fra vita ordinaria, proiezione dell’immaginario e algida narrazione quasi da verbale di polizia, a creare la distanza fra le singole dinamiche umane protagoniste della drammaturgia e in cui la parola di Baliani si incunea, costringendo lo spettatore non solo a viverle emotivamente ma a farsene carico, fino a una serie di finali multipli e antinarrativi in cui, da un lato l’evento diventa parossismo spettacolare, dall’altro invece intima riflessione sul vissuto dell’artista stesso: creazione e biografia si fondono e si confondono, per portare lo spettatore a ragionare su tutto in forma molto ampia, non neutra, tagliente, appuntita.

Il lavoro di regia, al netto di qualche didascalia di descrizione ambientale e di insistenza sul dettaglio sonoro, sviluppa una creazione che accoglie la parola e l’interpretazione di Baliani in un universo polisemico capace di generare intrecci che restano anche a distanza di giorni nella mente dello spettatore. I perché inquietanti sollevati dalla nota autobiografica finale sul tema della violenza connaturata all’essere umano, sfuggono, come è nell’intento stesso di Baliani, alla sfera del teatro “civile”, per andare a indagare la psiche, le pulsioni delle indicibilità. Certo, le immagini della cronaca, nel sensibile di ciascuno, affiorano, si collegano alla visione, creano il soggettivo corto circuito. Ma questo non viene mai dichiarato. Non è mai esplicito.
A ciascuno il proprio universo di violenze subite o perpetrate, di abusi, di rapporto con la funzione debole del sociale e di noi stessi, perchè prima di essere crudeli con il mondo c’è stato un momento in cui abbiamo dovuto esserlo verso noi stessi.

UNA NOTTE SBAGLIATA

di e con Marco Baliani
regia Maria Maglietta
scene, luci, video Lucio Diana
paesaggi sonori Mirto Baliani
costumi Stefania Cempini
disegni Marco Baliani
produzione Marche Teatro
direttore di produzione Marta Morico
organizzazione, distribuzione Alessandro Gaggiotti
distribuzione Ilenia Carrone
assistente di produzione Claudia Meloncelli
direzione tecnica allestimento Mauro Marasà, Roberto Bivona
allestimento tecnico Jacopo Pace
direttore di scena Cosimo Maggini
fonico Federico Occhiodoro
comunicazione, ufficio stampa Beatrice Giongo
grafica esecutiva Fabio Leone
foto di scena Marco Parollo