RENZO FRANCABANDERA | Teatro Ebasko è un gruppo che lavora con il linguaggio del teatro e dell’arte dal vivo, nato a Bologna nel 2015, che ha scelto il suo nome dal greco antico ἡβάσκω: “prendere forza, divenire giovani”. La pratica artistica è diffusa in diverse regioni italiane, facendo capo a Bologna, Roma e Melissa, dove si sviluppano progetti artistici, ma anche di formazione e organizzazione della pratica scenica. Si utilizzano spazi anche sfidanti, come il territorio del bellissimo borgo di Melissa, in Calabria, dove da  alcuni anni l’amministrazione ha concesso al collettivo di poter tenere residenze artistiche e organizzare un festival di arti scenico-performative, Ra.Me., che si svolge in parte anche nella zona marina del borgo. L’azione artistica vuole “creare consapevolezza, con l’intento di rafforzare l’esperienza collettiva e prendere coscienza di quella individuale”, come si legge negli intenti poetici della compagnia.
Abbiamo intervistato Simone Bevilacqua, direttore artistico del festival e fra i fondatori di Ebasko.

Simone, si è appena conclusa questa nuova edizione di Ra.Me., un festival di arti performative che si svolge a Melissa e curato da Teatro Ebasko. Un progetto iniziato già l’anno passato. Come è andata?

Il festival nel suo complesso è andato bene. Devo dire che rispetto agli anni passati (2015-2019), in cui Ra.Me. aveva l’unico obiettivo di abitare il territorio di Crotone attraverso la residenza culturale, quest’anno sono rimasto piacevolmente colpito da come il comparto di artisti, volontari, maestri e osservatori critici abbia carpito il motivo per cui noi ci ostiniamo a costruire una casa lì dove non l’abbiamo. Intendo dire che spesso ho dovuto spiegare e rispiegare le motivazioni per cui riqualificare un borgo medievale nell’estrema periferia del sud-Italia, incastrato tra l’Appennino silano, il “deserto” e il Mar Ionio, sia per noi motivo di ricchezza dal punto di vista culturale ma soprattutto artistico. Le ultime tre produzioni di Teatro Ebasko (Mèlisse, Fragalà e Circe) hanno avuto luogo in quel territorio e si sono nutrite del contesto socio-culturale, storico e naturale di Melissa.
Forse i quasi due anni di pandemia hanno accentuato la sensibilità di chi fa questo mestiere. Per noi è motivo di orgoglio vedere che gli artisti invitati si riconoscono nei valori di quello che stiamo costruendo. Le difficoltà sono tante ma intrecciare questi fili d’oro tra realtà, compagnie e artisti diversi per noi è il tema principale di Ra.Me. e quest’anno siamo soddisfatti per il lavoro fatto in questi termini.
Un’altra soddisfazione viene dalla collaborazione con un associazione di Milano, il Kaneko Studio, che ha creduto nel progetto e fin dall’inizio ha sostenuto il festival e risolto i vari problemi di ordine tecnico. Il festival si sta legando sempre di più a realtà indipendenti, giovani e con del talento come quella dei Kaneko Studio e speriamo che possa essere d’ispirazione per nuove realtà che vogliono mescolarsi e unirsi in progetti.

Quali spunti nuovi sono arrivati in particolare da questa edizione? Quali nuove consapevolezze?

Questa edizione, che sarebbe la prima a tutti gli effetti, dopo l’edizione pilota del 2020, per noi ha rappresentato un banco di prova. È per me fondamentale immaginare un luogo nel mondo, ma intendo nell’azione teatrale che mettiamo in campo come compagnia, dove poter sperimentare senza troppe distrazioni legate al sistema che ha messo in piedi la società contemporanea.
Melissa per me rappresenta un tavolo grezzo della bottega di un carpentiere dove poter fare tentativi di costruzione, immaginare cantieri di riqualificazione culturale, seminare grani migliori senza però dimenticare la profonda tradizione e radice che lega quel mondo all’occidente e alla magna Grecia. Gli spunti legati a questa edizione sono relativi ai luoghi che stiamo immaginando di abitare l’anno prossimo. Vorremmo estendere il festival ai paesi circostanti, dialogando con un pubblico più ampio e con le amministrazioni comunali limitrofe. Quest’anno abbiamo sperimentato le visite culturali nei paesi di Verzino, Umbriatico e Cirò Marina. La consapevolezza di poter suggellare queste visite con degli spettacoli ad hoc nei paesi vicini è più che altro un’intuizione che si sta definendo ma che può approfondire il legame che il festival vuole instaurare con la costa ionica. Oltre questo è necessario internazionalizzare la presenza degli artisti. Il progetto Y.I.A.S. (Young International Art Symposium) che abbiamo cercato di avviare già nel 2020, ha tra i vari obiettivi anche quello di chiamare artisti da tutto il mondo.

Ci racconti qualcosa su come è nato Ebasko e come siete arrivati fino a qui?
Teatro Ebasko nasce nel 2015 a seguito della produzione di uno spettacolo all’interno della stagione artistica dell’Associazione Thalìa. Nel 2013 fondai insieme ad altri amici del DAMS di Bologna un’associazione culturale con il nome di Thalìa (la musa greca della commedia e dell’arte). Per tre anni l’Associazione ha organizzato rassegne artistiche totalmente off dal circuito istituzionale, contando circa 15/20 eventi l’anno tra teatro, musica, arti visive e cinema, oltre a centinaia di spettatori. Nel 2016 Teatro Ebasko si costituisce APS e inizia il lavoro di formazione, organizzazione, progettazione e ovviamente produzione. L’anno seguente iniziamo un apprendistato triennale presso il Teatro dei Venti di Modena (compagnia nella quale ho svolto la mansione di assistente alla regia per gli spettacoli di Ubu Re e Moby Dick). Nella collaborazione con i Teatro dei Venti abbiamo potuto sperimentare l’allenamento con gli attori della compagnia modenese, impostando un training specifico e affiancando l’organizzazione di tre edizioni del Trasparenze Festival. Nel 2018, durante il Trasparenze Festival, abbiamo finanziato e organizzato il convegno dal titolo Che arte sarà? che ha coinvolto più di 80 studiosi, artisti e addetti ai lavori da tutto il mondo. A seguito della conclusione dell’apprendistato abbiamo pensato di trasformare la residenza culturale che facevamo dal 2015 in Calabria, in un festival, lanciando nel 2020 l’edizione zero.
In questi anni siete cresciuti molto come realtà artistica. Avete ora vari spazi e territori su cui agite. Come è possibile coniugare geografie così diverse?
Ancora non lo sappiamo. Dopo sei anni di spostamenti e collaborazioni con diverse realtà, abbiamo vinto due bandi per l’assegnazione di immobili. Il primo a Roma, su Via Prenestina, il secondo a Bologna in piazza dei Colori. Stiamo ragionando su un terzo spazio a Melissa che possa ospitare tutto l’anno artisti professionisti da tutto il mondo per residenze creative e di produzione. L’idea che stiamo cercando di seguire è quella di dividere gli spazi per tematiche. Ad esempio io immagino un lavoro incentrato sulla ricerca, lo studio, la collaborazione con realtà giovani del territorio e con l’Alma Mater a Bologna; uno spazio di produzione e sperimentazione di linguaggi ibridi anche fuori dagli schemi teatrali a Roma; una riqualificazione culturale che consiste nell’abitare un luogo con dei progetti specifici a Melissa, oltre a tutta la progettazione europea che già da anni mettiamo in campo nel paesino calabro. È chiaro che, per esigenze legate a costi e tempo, c’è la possibilità di intrecciare le varie attività dei diversi luoghi, ma questo lo capiremo lavorando (finalmente). Le tematiche non sono un limite, ma una traccia da seguire per non cadere nel vuoto.
Quale progettualità c’è all’orizzonte? È possibile crescere guardando solo all’Italia in questo momento?

Bellissima domanda, anche se controversa per me. All’orizzonte ci sono due spettacoli in produzione. Circe che debutterà il 2 ottobre 2021 al Teatro Ridotto di Bologna e una nuova produzione a cui sto pensando in questi giorni di teatro-canzone legata a varie figure di outsider del nostro tempo. In più i progetti socio culturali e di formazione che portiamo avanti dagli inizi. Faremo una serie di workshop legati al tema dell’anarchia a Bologna e avvieremo un gruppo di ricerca composto da massimo cinque attori all’interno degli spazi che stiamo aprendo. Non credo sia possibile crescere guardando solo a una cultura o solo ad un Paese. Abbiamo bisogno di scambiare pareri e conoscenze. A fine agosto, dopo Ra.Me. abbiamo fatto un progetto internazionale legato al programma Erasmus durante il quale abbiamo ospitato a Melissa 32 giovani artisti da Portogallo, Lituania e Grecia, che hanno seguito i nostri laboratori e condiviso pratiche del loro allenamento. Credo che questa sia la via migliore per allargare gli orizzonti e costruire una rete internazionale che possa partire dalla necessità giovanile di esprimersi.

Cosa auguri a te e alla tua squadra per il prossimo futuro?
Auguro di trovare l’inquietudine positiva che smuove gli artisti a creare i capolavori. Auguro di ritrovarci più numerosi nei valori che abbiamo costruito negli anni al fine di servire ancora meglio il Teatro. Auguro di sentirci sempre vivi e sulla cresta dell’onda (che poi è il simbolo di Ebasko) nel momento in cui stiamo sacrificando e faticando durante produzioni e progetti. Auguro serenità e lungimiranza perché alcuni frutti possono essere raccolti solamente con una “paziente intraprendenza”.