SUSANNA PIETROSANTI | Dopo ventuno mesi di chiusura (li conta Enrico Falaschi, il direttore, nel suo commosso saluto al pubblico che, numeroso, riempiva la platea) e nemmeno un giorno di rinuncia a conservare un legame vivo e partecipato con gli spettatori: il Teatro Pacini di Fucecchio ha inaugurato la sua stagione successiva al lockdown. Il privilegio di iniziarla è stato conferito a Lella Costa e Gabriele Vacis, con il loro Intelletto d’amore. Dante e le donne, un atto unico in cui l’attrice, “mattatrice” vera e propria, ripercorre in chiave contemporanea l’apporto femminile nei testi base del poeta: la Divina Commedia e la Vita Nova.
Sola in scena, a muoversi in una costellazione di leggii di legno inghirlandati da ingenui e suggestivi fili di lucine, Lella Costa indaga e affabula lo sguardo di Dante sul mondo delle donne, e, ancor più, lo sguardo di alcune donne sull’arte e sulla vita del sommo poeta. Se dietro ogni grande uomo c’è una donna, dietro Dante c’è una donna stupefatta, dichiara Gemma Donati, moglie sempre trascurata, dai lettori e dal marito: stupefatta, sì, della fama imperitura che circonda il suo consorte, incoronato nell’empireo dei massimi intellettuali mentre le grandi opere di poesia, lei e Dante, le hanno scritte e progettate insieme (del resto, dichiara Gemma, avevo il gusto della poesia, cugina com’ero di Forese Donati…).

E dietro ognuno di noi c’è un primo amore, che non è nemmeno realistico, come Dante sembra suggerire chiamando Beatrice, un’altra delle protagoniste incarnate da Lella Costa, «la donna della mia mente»: una suggestione, un desiderio, uno slancio di passione; niente di definito, come dimostra la caratterizzazione dell’attrice che rende il personaggio svanito, incerto, preda di amnesia, pronto a confondersi, un acquerello che tempo e nostalgia dissolvono.

Intellett
Viene resa in accento bolognese una Francesca appassionata che dichiara come non sia una punizione passare l’eternità avvinghiata al proprio amante, e che in fondo anche la «bufera infernal» ha la sua utilità come aria condizionata. I lussuriosi, di cui lei e Paolo fanno parte, hanno sottomesso «la ragione al talento», ovvero la razionalità alla passione: nel suo platonico amore per Beatrice Dante sembra non aver ceduto a questa tentazione: ma basta ritornare a una delle pagine più enigmatiche della Vita Nova, il sogno del cuore ardente di Dante mangiato da Beatrice, nuda e sostenuta fra le braccia da un cavaliere severo che rappresenta l’Amore personificato, per capire che anche nell’etereo “imparadisare” si nascondeva un fuoco appassionato, e che l’amore è cielo, certo, ma anche fiamma e desiderio.
Quarto personaggio nominato, Taide, la cortigiana dell’Eunuchus di Terenzio condannata alle Malebolge senza rilevabile motivo:  un “misunderstanding” vero e proprio, insomma.

Lo spettacolo, come molta poesia, ha un doppio passo. Un doppio battito: da un lato, i testi citati in originale e interpretati con alto stile rassicurano che si fa sul serio, che Dante non è banalizzato ma trasmesso con cura e tradizionalmente rispettato; dall’altro, il tentativo di attualizzazione è forse la parte più fragile dell’intera operazione. Anche la più accattivante, certo. Il pubblico naturalmente la gradisce e lo dimostra con risate e applausi. Del resto, l’interprete, anche accademico, questo deve fare: rendere accessibile e fruibile il classico. Anzi, talvolta lo schiaffo brusco dell’attualità fa rivivere il testo classico e lo illumina di nuova luce, aiutandolo in un cammino infinito che è suo destino percorrere.
Quando Mary Jo Bang, poetessa americana, ha tradotto l’Inferno inserendo elementi di cultura pop, la sua operazione ha funzionato indescrivibilmente proprio per la forza urticante di un nuovo pluristilismo più dantesco che mai.
Qui l’attualizzazione, lungi dall’essere violenta, risulta fin troppo insinuante. L’intratesto e il suggerimento implicito si tendono con chiarezza verso la maniera di Stefano Benni, le cui beatrici ammiccano sicuramente dalle quinte. È una maniera ammiccante di rendere simpatico, inoffensivo, comprensibile un testo stratificato, complesso, lontano, segreto che qui si sceglie di banalizzare e di disinnescare. Se la selva oscura è riportata a un giardinetto, nessuna meraviglia che riusciamo a camminarci senza angoscia. Se la tempesta dei lussuriosi è una “wind-machine”, nessuna meraviglia che non ci spaventi.
Il Sommo Bischero di Gemma, uno dei tanti amici poeti che rallegrano l’eterno paradiso di una Beatrice svampita, l’ipocrita che predica di contenersi e poi si mangerebbe vivo il cuore dell’innamorata, se potesse, secondo Francesca; uno studioso poco informato secondo Taide di Atene. Ecco, questo Dante, sì, ci fa tristezza, non terrore. Tenera tristezza, sorrisi, e applausi.


INTELLETTO D’AMORE. DANTE E LE DONNE

regia Gabriele Vacis
con Lella Costa
scenografia e luminismi Roberto Tarasca
Mismaonda e Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano

Nuovo Teatro Pacini di Fucecchio
4 novembre 2021