MATTEO BRIGHENTI | Il desiderio è lo stimolo, il pungolo di possedere ciò che manca. Più l’oggetto è distante, più la volontà si fa smania, nella testa e nel corpo. Il pensiero e il bisogno diventano tutt’uno e spingono in un’unica direzione: averlo, averlo, averlo. Quanto si ha già tra le mani non conta più, vale solo e soltanto quanto non si ha, e si vuole a qualunque costo. Vivere diventa così inseguire il “non essere ancora”. Secondo il filosofo Ernst Bloch è un orizzonte di futuro reale come possibilità oggettiva. I Biancofango in About Lolita lo trasformano, piuttosto, in una nostalgia del passato, in un rimpianto della giovinezza, in una lotta carnale al dolore di “non essere più”.
Dunque, Francesca Macrì e Andrea Trapani affrontano e attraversano l’immaginario su (e a partire da) Lolita, quello costruito dal romanzo di Vladimir Nabokov e dai film di Stanley Kubrick e di Adrian Lyne, usando come bussola una partita fisica e dialettica con il tempo, tra ammissioni di colpa, fallimenti e l’estrema e strenua ossessione dell’uomo adulto di restare giovane. Ovvero, succhiando la gioventù dall’impossibile: la ragazzina ninfetta per antonomasia.

Foto Biennale Teatro 2020

Siamo davanti al lavoro di riscrittura di un classico che, diversamente da quanto ha fatto Roberto Latini con L’armata Brancaleone, ci riporta dritti dritti (al)la nostra realtà, con irriverenza mista a compassione. Per giunta, apre un dittico: il prossimo spettacolo, Never Young, racconterà «i Peter Pan al contrario, quei bambini – spiega Macrì – troppo desiderosi di diventare grandi, incapaci di restare nel confine ristretto che dà l’infanzia».
Al contrario, il palcoscenico del Teatro Fabbricone di Prato è il simulacro di un campo di terra rossa battuta dal disegno luci antonioniano di Gianni Staropoli e da un grande schermo su cui scorrono i video impressivi di Lorenzo Letizia, con tutti i non detti e i non visti sulla scena. Il rettangolo è privo di linee, demarcazioni, limiti. La partita, diretta da Francesca Macrì, che si gioca qui sopra è senza esclusione di colpi: la vittoria giustifica ogni mezzo.

Foto Piero Tauro

Teatro e sport è un tema che fonda la ricerca dei Biancofango fin dagli esordi. Ma il tennis è proprio centrale in Lolita: il protagonista, Humbert Humbert, è un ex giocatore di buon livello, come lo stesso Nabokov del resto. Inoltre, sono racchette e palline a costruire il legame tra lui e la dodicenne Dolores Haze, vezzeggiata con il nomignolo di “Lolita”, ma anche “Lo” e “Dolly”.
In About Lolita il tennis diviene metafora della competitività individualistica nella nostra “società della performance” – in generale – e del protagonista e dell’antagonista, Humbert Humbert e Clare Quilty – in particolare – per ottenere il bene più prezioso ai loro occhi. Difatti, i personaggi sul palco, ridotti ai tre essenziali, sono tutti vestiti da tennisti: l’Humbert di Francesco Villano ha un completo Adidas, il Quilty di Trapani ne ha uno firmato Sergio Tacchini, la Lo di Gaja Masciale ha maglietta e calzoncini Head.

Foto Biennale Teatro 2020

Sul terreno rosso di battaglia spicca quindi il bianco, il colore tanto dell’ossessione abbagliante quanto della pura innocenza, screziato di nero, che è il lutto, la morte, ma anche lo stampo delle marche, cioè l’impronta del capitalismo. Se a terra non ci sono punti di riferimento, non esistono confini precisi nemmeno nei rapporti tra il bene e il male, come tra la vita e la morte, tra la verità e la finzione, come tra l’interprete e il ruolo.
Infatti, Trapani e Villano parlano anche come Andrea e Francesco, si studiano e si scontrano sulla loro vita di attori, sui debiti verso i loro maestri, sui testi che vorrebbero rappresentare e tuttavia non riescono a fare. Sanno di trovarsi in un teatro, di fronte a un pubblico, si ascoltano e si commentano a voce alta: quando la battuta non viene bene, provano a ripeterla.

Foto Piero Tauro

Prima giocavano di più e questo incontro avrebbero dovuto farlo ventidue anni fa. Il colpo di teatro nel teatro è intrigante e rivelatore: per loro Lolita è lo spettacolo stesso. A più ampio raggio, per un attore il tormento più assillante di tutti è non poter tornare indietro ed essere pronto quando, a suo tempo, non lo è stato.
Andrea, ad esempio, ora che avrebbe l’età per impersonare Trigorin vorrebbe essere Kostja, ossia il ragazzo che crede ancora in qualcosa. Il gabbiano di Anton Čechov, autore molto stimato da Nabokov (esule negli Stati Uniti insegnò letteratura russa al Wellesley College e in seguito alla Cornell University), è lo specchio decisivo che ritrae il volto incarognito degli adulti che vampirizzano i giovani e poi li abbandonano depredati di qualsiasi slancio vitale.

Foto Piero Tauro

Non a caso, Lo si trasfigura in Nina e nella sua libertà perduta dietro false promesse. Succede dopo uno scambio con Quilty senza pallina, alla Blow-Up, un inno artificioso all’uso del coraggio rivolto dall’uomo fatto e finito alla ragazzina vivace e incostante.
«La vita è come il tennis – scrive David Foster Wallace in Infinite Jest – vince chi serve meglio». L’inizio chiama l’esito, il servizio vale quanto l’ultima parola. In fondo, comunque, la gara riguarda chi la riconosce, ci si riconosce, e basta. Ovverosia, chi ne ha bisogno. Lo/Gaja ha ciò che le serve: è giovane. Se ne frega di tutto, perfino di sé stessa. Per questo, alla fine si sottrae alla sfida. Humbert/Francesco e Quilty/Andrea, all’opposto, non hanno altro, e ci gireranno intorno finché avranno fiato in corpo.
L’uomo che non accetta il tempo che passa pensa di poter sfogare il proprio risentimento sulla ragazzina che invece ha davanti tutto il tempo del mondo. Una pretesa illusoria di assurda soddisfazione, che rivela esattamente ciò che vorrebbe cancellare: solo l’avanzare dell’età fa chiedere conto alla vita della vita. È la tragedia amara, brutale, disturbante, di About Lolita.

 

 


ABOUT LOLITA
un progetto di Biancofango

drammaturgia Francesca Macrì, Andrea Trapani
regia Francesca Macrì
con Gaja Masciale, Andrea Trapani, Francesco Villano
disegno luci Gianni Staropoli
assistente alla regia Andrea Milano
video Lorenzo Letizia
coproduzione Teatro Metastasio di Prato / Fattore K
in collaborazione con TWAIN Residenze di spettacolo dal vivo

25 novembre 2021
Teatro Fabbricone, Prato