RENZO FRANCABANDERA | Nata allo scopo di sostenere la crescita artistica di giovani talenti, la Fondazione Claudia Lombardi per il teatro nasce nel 2016 dal desiderio della fondatrice di dare una forma concreta alla sua passione per il teatro, la drammaturgia contemporanea e il lavoro con i giovani. Dal 2018, con l’acquisto dell’ex-ostello di Lugano-Figino e grazie all’esperienza acquisita nei primi anni di esistenza e al contatto con le giovani realtà della scena indipendente, è nato il progetto Càsoro teatro lab, che intende realizzare qui un luogo di arte, cultura e incontro con un centro di creazione e residenza artistica, un teatro, tre sale prove utilizzabili anche per eventi e conferenze, un bistrot con agenzia postale e un b&b con tredici camere.
La Fondazione, senza scopo di lucro, non produce né co-produce spettacoli, ma tra le altre attività, promuove, gestisce e realizza testinscena®, un concorso – da quest’anno con cadenza biennale e non più annuale – per testi inediti di nuova drammaturgia in lingua italiana.
Il concorso è riservato alle giovani compagnie teatrali professioniste con sede legale in Svizzera italiana o in Lombardia, formalmente costituite, nonché alle compagnie emergenti e/o indipendenti della Svizzere italiana senza limite di età, e alle compagnie lombarde, di cui tutti gli attori in scena non abbiano superato i 35 anni di età alla data del 31 dicembre dell’anno del bando.
Il tema del bando è libero e la partecipazione gratuita.

La giuria per questa edizione sarà composta da Francesca Sangalli, drammaturga, autrice e sceneggiatrice; Claudio Chiapparino, direttore Divisione Eventi e Congressi della Città di Lugano; Ermanno Nardi, project manager di Industria Scenica; Gianfranco Helbling, direttore del Teatro Sociale di Bellinzona; Sabrina Faller, giornalista culturale Rete Due (RSI).
Alla compagnia vincitrice va un premio in denaro, tre settimane di residenza con alloggio, suddivise tra la Fondazione Claudia Lombardi per il teatro a Lugano-Figino e Campo Teatrale a Milano, un accompagnamento da parte di un professionista (tutor) per la regia o la drammaturgia durante la fase di creazione dello spettacolo fino al debutto, e un’iniziale distribuzione (due debutti e tre repliche). 

La finale dell’edizione di quest’anno  con premiazione si svolgerà il 18 maggio 2022 presso la sede della Fondazione Claudia Lombardi per il teatro a Lugano-Figino, luogo che mira a diventare un riferimento per la nuova drammaturgia, nonché un sito ricercato per il turismo culturale.

Abbiamo intervistato la fondatrice della Fondazione, Claudia Lombardi, e Francesca Sangalli.

Cosa significa avere e curare un premio alla drammaturgia oggi, Francesca? 

F Ci si sente molto responsabili. La paura, parlando negli anni con gli altri giurati è un po’ quella di sbagliare, di lasciare da parte qualcuno di valido, magari solo perché non era del tutto matura la presentazione, di farsi sfuggire un potenziale, oppure di dare tutto in mano a chi non è ancora pronto. È un ruolo che prendo con grande serietà.

Un testo teatrale in che rapporto di necessità è con il nostro tempo?

F Claudia ci esorta a scegliere testi che abbiano una qualche originalità e, non di meno, un’attinenza con i temi contemporanei. Io sono molto d’accordo. Non perché le drammaturgie debbano tutte trattare attualità, non è quella l’indicazione, ma perché anche quando si affrontano temi legati a ciò che è più umano e universale, al di là dello spazio e del tempo, si può scegliere di essere portatori di una sensibilità che si lega di più alla lettura della realtà di oggi. Quel tipo di sguardo ci sembra interessante. Ci piace valorizzare testi che contribuiscano a identificare una scrittura contemporanea. L’idea è che ne nasca uno spettacolo che rifletta quello che ci circonda con spessore e con un po’ di audacia.

Claudia, da dove viene e dove va questo premio?

C L’idea del premio nasce da una necessità di dare una forma concreta alla mia passione per la drammaturgia contemporanea e al lavoro con i giovani. Sostenere un possibile inizio di carriera è una cosa che mi sta a cuore e a cui mi dedico circondandomi di persone che credono negli stessi valori e che si mettono a disposizione per darmi la possibilità di raggiungere lo scopo. Vedere lo sguardo felice di chi hai accompagnato in un percorso artistico al momento del debutto, non ha prezzo e ti ripaga di tutti gli sforzi e i mezzi messi in campo.

In che modo si sceglie un testo in un concorso? Chi lo legge deve immaginarlo in scena? Deve teatralizzarlo nella sua mente?

F Come giuria, nel corso degli anni, abbiamo letto molti testi e ogni giurato ha un approccio diverso. Posso parlare per me. Io non leggo quasi mai il profilo della compagnia prima, di solito cerco di immergermi della lettura senza giudicare subito la forma, la provenienza, la compiutezza. La prima impressione è legata all’impatto della scrittura e a quanto mi colpisce la voce dell’autrice/autore della drammaturgia. Qualche volta ho bisogno di informazioni tratte dagli altri materiali che vengono caricati per integrare il testo e farmi un’idea più chiara. Mi lascio sorprendere. È chiaro che una forma più professionale si riconosce da subito ed è quasi sempre garanzia di un approccio già educato al teatro: queste drammaturgie sono avvantaggiate, ci si sente fiduciosi che il mestiere intervenga a sfruttare al massimo tutte le forze del premio e che l’insieme contribuisca a creare uno spettacolo di valore. Negli anni abbiamo, però, anche lasciato che arrivassero alla finale testi legati a tematiche sociali, civili, molto potenti, presentati con pagine di drammaturgia ancora non del tutto accurate ma che lasciavano intravvedere un alto potenziale.

Francesca, cosa distingue secondo te un buon testo teatrale da un buon testo letterario? E quali sono gli ingredienti di una buona scrittura per la scena? 

F Credo che un buon testo teatrale tragga forza dalle relazioni tra i personaggi, esplorate con il dialogo, con i punti di vista, con l’intreccio. Il vissuto interiore viene esplorato a fondo con tecniche diverse dalla partitura letteraria; quando manca il narratore onnisciente sono proprio solo le battute e le azioni sceniche indicate che mostrano in modo tridimensionale l’animo umano, con tutte le contraddizioni, le insensatezze, i vicoli ciechi del pensiero irrazionale che tutti noi cerchiamo di arginare per convenzione. Potrei dire che c’è una specie di essenzialità che muove il testo teatrale, che quello letterario si permette un respiro diverso e un ritmo diverso, ma questo naturalmente non vale sempre.

Il premio si avvale quest’anno di diverse collaborazioni e di una giuria composita. Come si fa a mettere insieme gusti così diversi in un sistema di scelte?

 C La giuria è volutamente sempre composta da persone provenienti da orizzonti diversi, in modo che vi sia una discussione intorno ai testi, che vi sia un confronto costruttivo per arrivare a scegliere un testo che rappresenti al meglio il pensiero e il sentire di ogni giurato. Sarebbe noioso avere una giuria composta da persone appartenenti alla stessa corrente di pensiero che non si troverebbe a doversi confrontare.

Il premio ha una sua vocazione internazionale in qualche modo, da sempre, ma anche una geografia di riferimento. Cosa delimita un territorio nell’arte e perché? 

C Il premio ha una vocazione internazionale legata alla lingua tra Svizzera e Italia (al momento limitatamente alla Lombardia per questioni pratiche come le distanze, piuttosto che la possibilità di affiancare un tutor alla compagnia nel luogo dove svolge una residenza). Questo ci permette di avere partecipanti che hanno un tipo di formazione simile quindi paragonabile e più agevolmente confrontabile, nonché di incontrare meglio il gusto del pubblico (in Svizzera molto diverso da una regione linguistica all’altra, così come lo è in Italia da regione a regione benché si parli la stessa lingua).

F C’è sicuramente, prima di tutto, un fattore linguistico a circoscrivere le proposte: so valutare bene un testo nella mia lingua madre, avrei difficolta a ergermi a giudice di un testo in una lingua che conosco meno. Ci sono stili drammaturgici, sensibilità e scuole diverse già in questo piccolo territorio, nel bacino svizzero-lombardo del premio testinscena; il gusto drammatico e la comicità variano molto in base alla provenienza. Le proposte, pur provenendo da un’area piuttosto piccola, sono sempre molto eterogenee. L’idea è poi di esportare lo spettacolo il più possibile, dopo aver seguito il debutto e le prime repliche “in casa”.

Come immaginate la vincitrice o il vincitore? Che tipo è? Con cosa fa colazione? Lo vorreste come parente o coinquilino?

C In un mondo ideale sarebbe bello avere dei vincitori a nostra immagine e somiglianza, ma alla base sta un testo scritto bene, piuttosto che originale per tematica e stile, quindi poco importa l’aspetto fisico di chi lo scrive o se fa colazione con i cereali piuttosto che con latte e biscotti. Sicuramente non lo vorrei imparentato, il che porterebbe a illazioni da parte dei più. Possibile è invece che al termine del percorso fatto insieme, rimanga la voglia di restare in contatto e magari di abitare … nello stesso quartiere, ma non esageriamo fino al punto di condividere gli stessi spazi!

F Una collaboratrice essenziale della giuria e dell’organizzazione del premio, durante il primo lockdown, ha avuto come dirimpettaia un’attrice del progetto premiato e mi risulta che sia stato molto d’aiuto per entrambe e che sia nata una bella amicizia. Quindi perché no? Anche io, come Claudia eviterei i parenti, anche perché i miei cugini sono tutti votati alle facoltà scientifiche: ingegneri, farmacisti, economisti non ce li vedrei sul palcoscenico, ma non si sa mai, nella vita. Se mi presentano una commedia sul caro-energia in Europa, lo leggo volentieri. Anche se non so se c’è molto da ridere.