RENZO FRANCABANDERA | È andato in scena dall’8 al 10 aprile alla sala Campana presso il Teatro della Tosse di Genova, in prima nazionale, La ragazza Carla, spettacolo che porta a compimento una ricerca di diversi anni dell’Associazione Ateneo del Libero Pensiero, e realizzato grazie a diversi preziosi sostegni fra i quali appunto il Progetto Residenze di Fondazione Luzzati Teatro della Tosse.
La creazione fonde tre vettori di ricerca, che vedono impegnati i protagonisti della creazione unendo i codici della danza alla musica originale e alle immagine dal vivo. Ne sono interpreti Federica Bastoni al movimento coreografico, Erika Sambiase al segno pittorico tramite lavagna luminosa, entrambe in scena, e Marcello Gori, autore della musica originale e della drammaturgia, presente tramite la voce off con cui viene porto allo spettatore il testo.
Come chiaro fin dal titolo, l’ispirazione diretta è quella del ricco e avvincente testo di Elio Pagliarani, pubblicato nel 1961 ma scritto nell’immediato dopoguerra, ambientato in una Milano che si popolava di fasce di sottoproletari che affollavano palazzoni di periferia, oltre i tracciati ferroviari, oltre la cinta della circonvallazione, in una città assai diversa da quella di adesso e radicalmente trasformata dal conflitto bellico che la aveva in parte anche distrutta.

Pagliarani, come noto entrò poi in Gruppo 63, movimento di intellettuali fortemente critici nei confronti di modelli culturali tipici degli anni Cinquanta, di cui fecero parte poeti, scrittori, critici e studiosi come Arbasino, Eco, Colombo, Scabia, Guglielmi, Manganelli, Sanguineti, Vassalli, animati dal desiderio di sperimentare nuove forme di espressione oltre gli schemi tradizionali, richiamandosi alle avanguardie degli inizi del secolo, al marxismo e alla teoria dello strutturalismo.
L’impegno sociale militante fu, in particolare, la cifra degli scritti di Pagliarani, che tuttavia respingeva i moduli tipici del neorealismo e della poesia tradizionale, percorrendo una ricerca originale sia per forma che per contenuto.

La ragazza Carla, di chiara ispirazione civile, con nemmeno tanto celate venature di denuncia, pone in evidenza il rapporto fra classi sociali, ma anche il ricatto del lavoro, in un’Italia esasperata dalla disoccupazione in genere, ma ancor più da quella di genere, con una conclamata impossibilità per le donne di trovare impiego.
Tuttavia ha un tracciato più psicologico, centrato sula soggettività dell’individuo. Per apprezzare la sfumatura diversa rispetto alla poetica neorealista basti porre vicini il poemetto di Pagliarani e un lavoro quasi coevo del cineasta Giuseppe De Santis (cui collaborò anche Elio Petri) che, nel film Roma ore 11, tornava su un fatto di cronaca assonante con l’ambiente de La ragazza Carla: in seguito ad un annuncio di lavoro pubblicato su un giornale, duecento ragazze si erano presente per ottenere un posto di lavoro di dattilografa presso lo studio di un ragioniere; chi nobile decaduta, chi con il marito disoccupato, gestanti non sposate, prostitute che cercano di cambiar vita, accalcate sulle rampe delle scale che però ad un certo punto cedono, travolgendo nel crollo numerose di loro.

La Carla di Pagliarani è anch’essa iscritta a una scuola di dattilografia, trova impiego in una ditta di import-export, mentre sullo sfondo Milano cresce veloce, la assorbe, la travolge nella frenesia di ritmi di lavoro frenetici che lasciano poco spazio al vissuto soggettivo. Ma è proprio questo vissuto, che racconta la società senza metterla in primo piano, a sancire la diversità rispetto alla poetica neorealista.

Correttamente dunque il terzetto di creativi si e’ impegnato in questa rilettura scenica del poemetto concentrandosi sul mélange di suoni, ritmi, immagini ed eventi così ricchi nel testo di Pagliarani e che narrano la declinazione metropolitana di un mondo presunto nuovo, vissuto sulla pelle della protagonista, ma ancora profondamente legato a dogmi patriarcali che ponevano la donna in posizione subalterna.
Federica Bastoni, in un vestito di lino chiaro, con il viso pallido e mal truccato, ma con un’acconciatura sempre sistemata, vive nel suo loop di gesti ripetuti, ossessivi, contro cui si infrangeranno pian piano i segni di una vita realmente emancipata.
Crescerà, conoscerà in modo aspro le umiliazioni e finanche l’insoddisfazione esistenziale nel voler passare dalla condizione proletaria al mondo delle formichine piccolo borghesi; uno scotto duro sia in ambito familiare, che professionale, emotivo, sessuale, in uno schema di progressivo sopruso e squallore, che la porterà pian piano a indossare quella maschera cui il trucco bianco pare fare cenno.

Il trio ha visibilmente ben lavorato sulle fonti, sulla ricerca iconografica, ottimamente rielaborata dal lavoro visivo della Sambiase, capace di restituirci in modo palpitante non solo la Milano che scopriva il design, le insegne, il brillare, ma anche le meccaniche post fordiste del lavoro impiegatizio, quello che, un decennio dopo esatto il romanzo di Pagliarani, troverà la sua declinazione parossistica nel personaggio di Fantozzi.
La sconfitta di Carla ha a che fare però anche con una profonda umiliazione di genere, fatta di mossette, moine e convenienze, che la Bastoni porta al centro del suo recitato non verbale, essendo stata fatta la scelta di un testo totalmente esterno alla scena, affidato alla voce profonda e piana di Marcello Gori, cui si deve anche la ricca composizione musicale. Il suo turbinare nella città diventa una sorta di giro a vuoto nel percorso della vita, un ciclico cercarsi senza trovarsi mai, se non nelle cadute, nelle sconfitte, che ne faranno una donnina capace di sfoderare sorrisi di convenienza e parole in playback, una sorta di pre-registrato della vita, cui si dovrà rassegnare. Il personaggio nel percorso del lavoro, perde in autenticità, è costretto ad aderire a un modello, ad abdicare a se stessa e ai suoi sogni, per diventare ciò che il mondo attorno vuole che sia. Si tratta di un tema evidentemente caro alla interprete, che cerca di regalare al carattere di Carla sia la freschezza ingenua che il silenzioso dolore che fa da ambiente emotivo di questa trasformazione.

La ragazza Carla, prima creazione coreografica dell’Ateneo pensata specificatamente lo spazio teatrale, fonde un assai onesto impegno di ricerca sia stilistica che di forme, ad un certo implicito timore di corrompere i segni stessi, i tre vettori originari, che nello spettacolo cercano equilibrata fusione.
Ne risulta un lavoro assai denso di segni, in alcuni casi davvero assai ben pensati, che si susseguono in qualche modo frenetici, come la vita della protagonista.
La corruzione del modello di partenza, come anche le sospensioni, i vuoti sono in ogni caso caratteristiche nitide dell’opera di Pagliarani e del femminile di cui si narra, e sono elementi cui, dopo questo primo e necessario debutto, il gruppo può destinare qualche ulteriore sforzo per definire accenti e silenzi, finalizzando un’amalgama che possa comprendere una sorta di contro-ritmo sporco, in particolar modo dopo aver finalmente accolto, dopo due anni di prove “in segregazione” pandemica, il respiro del pubblico, che riconosce all’opera tutto il suo sapore di generoso affresco umano e sociale.

 

LA RAGAZZA CARLA

un progetto di Ateneo del Libero Pensiero
liberamente ispirato alla poesia di Elio Pagliarani
coreografia di Federica Bastoni
con Federica Bastoni ed Erika Sambiase alla lavagna luminosa
musica originale, drammaturgia e voce off di Marcello Gori
scene e costumi di Erika Sambiase
progetto residenze Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse
con il sostegno di Deos Ensemble Opera Studio e Sosta Palmizi
Si ringraziano il Centro Studi Danza Mojud e Martina Serra