ELENA SCOLARI | Nella puntata di lunedì 18 aprile di Report su Rai3 si è compiuto un breve viaggio tra alcuni dei quattrocento teatri italiani chiusi; breve e in coda alla puntata perché il teatro, anche su Rai3, rimane pur sempre una battaglia di retroguardia. Nella trasmissione un rappresentante della Regione Veneto afferma con un certo orgoglio che loro sono gli unici a non far pagare l’addizionale Irpef ai cittadini veneti e perciò non hanno i soldi per la cultura. Bravi!
Il Veneto è la penultima regione italiana nella classifica degli investimenti pro capite in cultura, appena prima della Liguria. E anche l’operosa Lombardia non è messa molto meglio.
E infatti a Verona succede che a una compagnia teatrale storica il teatro sia stato tolto: Teatro Scientifico operava nel bellissimo spazio dell’Arsenale dal quale l’anno scorso l’Amministrazione – proprietaria dell’immobile – ha sfrattato il gruppo.

La sede del Teatro Laboratorio all’Arsenale

Ma la compagnia animata e tenuta vivissima da Jana Balkan e Isabella Caserta non si è arresa: sono appena cominciati i lavori per l’allestimento della nuova sede, la quarta. Dopo una ex balera, una ex funicolare, un ex arsenale, ora la casa teatrale sarà una ex stamperia, il nuovo Teatro Laboratorio potrebbe essere inaugurato per la stagione estiva.
Nel frattempo le due artiste hanno trasformato le stanze dell’archivio della compagnia (parte dell’Associazione Nazionale Archivi Italiani), sito in alcuni locali della loro casa, in una piccola sala aperta al pubblico dove ha debuttato la nuova produzione: Molly Bloom, tratto dall’Ulisse di James Joyce e primo capitolo del progetto Yes to life.

La regia di Pierpaolo Sepe ha collocato il monologo conclusivo dell’opera di Joyce nella camera da letto della signora Bloom, e il pubblico si trova letteralmente nella sua stanza: la platea è di fronte a un grande lettone matrimoniale, un po’ fuori scala, che riempie quasi completamente lo spazio. Un copriletto color sipario lo copre, una sagoma stesa sul fianco è sotto le coperte e Molly (Isabella Caserta) ci parla in sottoveste, girando intorno al monumentale talamo.


Molly confida, ricorda, qui e là anche un po’ maligna, spiffera aneddoti privati e privatissimi della sua vita con il signor Bloom ma anche episodi del suo tempo con l’amante Boylan.
La donna apre il suo diario e squaderna pensieri, considerazioni, memorie piccole e memorie grandi condividendole con gli ascoltatori, come nascessero in quel momento. Le sue parole sono rigogliose, ogni sua espressione riluce, laccata di uno spirito positivo che ha saputo reagire anche a frangenti tragici come la morte in culla del suo bambino. Molly non smette di inseguire la felicità (come Emma Bovary) perché ha capito che questa è l’unica molla che spinge sempre avanti e che rende possibile far prevalere la vita sulla morte. Finché si può.

Isabella Caserta interpreta una signora Bloom che possiede sia il tono sicuro della donna pratica perché passata attraverso tante esperienze sia la sfumatura sbarazzina della sempre ragazza che mantiene l’élan vital di Henri Bergson, la spinta creatrice che, di bivio in bivio, continua a portare al passo evolutivo successivo. Un’evoluzione che si riscontra non solo in una specie nel suo insieme ma in ogni singolo individuo di quella specie, nel corso di tutta l’esistenza: quando cambiamo idea, quando ci succede qualcosa di molto bello o molto brutto, quando compiamo una scelta importante… sono tutti mattoncini della nostra evoluzione personale. E Molly Bloom la rende pubblica.
Senza rendersene del tutto conto, mette tutti noi a parte delle tante svolte della sua vita, sottolineando la sua innata, naturale, morbida decisione.

E quella sagoma rannicchiata nel letto? Ma è il marito, Mr. Bloom! O meglio un fantoccio di marito, un marito fantoccio, che la moglie accarezza, tocca, descrivendo senza tante allusioni il loro modo di fare sesso (più quello di una volta che quello di ora); lo alza dal letto, ci fa un balletto, gli parla mentre parla a noi, perché le suocere della società intendano che lei – nonostante le apparenze – ha vinto su quell’uomo che beve e la tradisce, dimostrando un’infinita debolezza che soccombe sotto il profluvio travolgente di lei.

Come l’identificazione a effetto che Flaubert dichiarò con la sua eroina letteraria, anche Joyce, nel mirabolante stile di scrittura dell’Ulisse, diventa la moglie del protagonista Leopold Bloom che sciorina il suo monologo riproducendo la contemporaneità dei pensieri che si affollano in testa, sovrapponendosi senza troppa coscienza e creando quel magma che ci tocca poi ordinare e concatenare se vogliamo farci capire dal prossimo.
L’adattamento di Teatro Scientifico fa mettere a Isabella Caserta la punteggiatura laddove non c’è, se il testo è un flusso ininterrotto, qui frasi, pause e a capo sono resi con i movimenti nello spazio della camera, spostando mobili e valigie, andando da un lato all’altro della stanza: aprendo un armadio si apre una parentesi, si chiude un inciso chiudendo un cassetto, si va a capo sedendosi a una piccola scrivania.
La figura morbida e carnale di Molly/Caserta sta in un delicato e riuscito equilibrio interpretativo di una donna che con la stessa disillusione prende anonimi pacchetti dalla credenza (mobile che offre agli spettatori una mini mostra di maschere sugli scaffali, vd. foto) e fa passare tra le mani gli abitucci del figlio morto neonato.

Isabella Caserta e Jana Balkan

L’impianto complessivo dello spettacolo è lineare, forse in voluto contrasto con la rocambolesca scrittura joyciana. Il pupazzo è un elemento eterogeneo e che rimanda a un codice di linguaggio teatrale diverso, potrebbe essere il segno della presenza dell’autore (Joyce), non solo il simulacro di un marito “svuotato” del suo ruolo. In questa chiave può essere convincente, altrimenti lascia l’impressione di una diapositiva superflua che illustra “plasticamente” ciò che è già evidente dalle parole e dal corpo del personaggio solista Molly.

La forza di questa signora Bloom è riassunta nella bella soluzione registica di farla recitare spalle al pubblico, guardando il muro, proprio la parte in cui ricorda Gibilterra e il mare, come se solo lei sapesse vedere l’orizzonte al di là della parete.

 

MOLLY BLOOM

di James Joyce
regia Pierpaolo Sepe
con Isabella Caserta
scene e costumi Laboratorio Teatrale
coordinamento Jana Balkan
assistente alla regia Fabricio Gambatese
tecnico Federico Caroli
attrezzista Mariana Berdeaga
produzione Teatro Scientifico/Teatro Laboratorio

Teatro Scientifico, Verona
1 aprile 2022