DANIELA FRANCO | Raymond Carver scavava nella semplicità dell’esistenza quotidiana e trovava storie ovunque, con le parole scelte con cura a cesellare ogni verso.
È stato uno dei più grandi prosatori del Novecento, ma amava considerarsi prima di tutto un poeta. Nell’ultimo periodo della sua esistenza sentì l’urgenza di mettere insieme i pezzi attraverso una  raccolta che contenesse tutta la corposa produzione dei suoi versi. Aveva poco tempo perché un cancro ai polmoni lo stava divorando, ma il grande amore per la poesia fu per lui ricerca di luce e la più alta espressione di verità e bellezza.
«Vorrei avere ancora un po’ di tempo. Non cinque anni, e nemmeno tre, non potrei sperare così tanto — ma se avessi anche solo un anno. Se sapessi di avere un anno». scriveva…

Questa corsa contro il tempo, che si aggrappava con forza all’esistenza e al mondo, è il prezioso nucleo tematico che ha ispirato lo spettacolo  Ad esempio questo cielo  diretto da Elisa Canessa e interpretato da Federico Dimitri e Andrea Noce Noseda, andato in scena al Teatro Elfo Puccini di Milano.

La pièce esordisce con un’atmosfera sospesa: sul lato destro del proscenio, un quadro di luce calda rivela gradualmente un uomo di spalle, davanti a un microfono:

«Immagina di avere soltanto un minuto da vivere, che fai?»

Questo l’interrogativo che muove le fila del tessuto drammaturgico, ordito dai versi  disseminati
 che sgorgano in un ritmo fluttuante, dove passaggi frenetici dal tono incalzante si alternano a momenti rallentati e intrisi di intimità.

Al centro della scena, una pedana girevole funge da nodo focale dell’azione performativa: i due protagonisti ci camminano, si incontrano, ballano, si rincorrono, cercano equilibrio, si fermano abbandonandosi all’automatismo della girandola, che sembra divenire metafora del tempo che non aspetta, e di quel tumulto esistenziale che fagocita e non lascia scampo.

 Le parole, agite senza intenti didascalici, prendono vita attraverso momenti di drammaticità che si alternano a  passaggi  ironici e giocosi, come quando Noseda declama  “il traliccio”, poesia che parla dell’amore tra un padre e un figlio, e lo fa seduto sulla pedana (ferma), con una sigaretta in mano, immergendo lo spettatore in una tensione emotiva che sarà smorzata dalla fragorosa e infinita risata di Dimitri, la quale sfocerà in una gag da cui prenderanno corpo altri versi. I due interpreti, attraverso codici stilistici differenti, riescono  a incarnare con destrezza la sincerità disarmante di Carver, attraverso il racconto di  frammenti di vita quotidiana e profonde riflessioni esistenziali, che spalancano finestre sul  mondo interiore del poeta, come nei versi di “Paura” che prendono vita attraverso l’interpretazione coinvolgente di Dimitri: 

Paura di vedere la macchina della polizia fermarsi davanti casa.
Paura di addormentarsi la notte.
Paura di non addormentarsi.
Paura del ritorno del passato.
Paura del presente che fugge…

Paura della morte.
Paura di vivere troppo.
Paura della morte.
                        “l’hai già detto”!

«La necessità che ci ha mosso è stata quella di ritrovare, all’interno di questo grigio/ovunque, segmenti di luce. Piccole epifanie. Spazi poetici. Chiarito questo, un autore si è riaffacciato con forza alla nostra memoria. Raymond Carver».

Il  montaggio delle poesie nell’architettura drammaturgica è ben riuscito, i passaggi fluiscono in un lavoro organico che accoglie molte tematiche della poetica carveriana, come il disorientamento esistenziale, la paura della morte, il bisogno di essere amati e  quello di essere salvati. I quadri del racconto, incorniciati con un disegno luci essenziale e avvolti da musiche che seguono con coerenza il climax, regalano atmosfere suggestive. In alcuni momenti, un fluire più lento della performance avrebbe permesso di assaporare meglio le parole, che forse scappavano via per non lasciare troppo spazio alla riflessione, oppure per emulare lo scorrere di quel tempo che stava finendo e che Carver tentò di catturare con la poesia.

Poco prima di morire, il poeta scrisse “Ultimo Frammento”, poesia che forse racchiude il senso di tutta la sua opera/vita:

E hai ottenuto quello che
volevi da questa vita, nonostante tutto?
Sì.
E cos’è che volevi?
Potermi dire amato, sentirmi
amato sulla terra.

Questo bisogno d’amore avviluppa come una coperta l’epilogo dello spettacolo. Lo scambio tra i due interpreti ritorna sulla domanda di partenza: un minuto, un conto alla rovescia, un silenzio, la ruota che ricomincia a girare, un abbraccio, il buio.

 

Ad esempio questo cielo

regia di Elisa Canessa

con Federico Dimitri e Andrea Noce Noseda

produzione Compagnia Dimitri/Canessa e Theaterwerkstatt Glais 5 (CH), con il sostegno di fondazione culturale del Canton Turgovia, dipartimento culturale città di Frauenfeld e Kulturpool Regio(CH)

 

Teatro Elfo Puccini, Milano | 23 aprile 2022