ENRICO PASTORE | Il luogo, spazio fisico di incontro che dall’origine definisce e individua il teatro, ha un sapore quasi berlinese, tra vecchi capannoni industriali e vagoni tranviari arrugginiti, resti abbandonati di un tempo industriale trapassato e analogico. In questi spazi dell’Ex Ceramica Vaccari, recuperati all’uso comunitario, si è svolta la sesta edizione di Fisiko! Festival di azioni cattive in cui la danza appare e si declina in tutte le sfumature e ibridazioni possibili.
Fisiko! è una creatura dai molti genitori: Progetto dell’Associazione Fuori Luogo di La Spezia, si avvale della direzione artistica di Maurizio Camilli e della collaborazione de Gli Scarti (recentemente riconosciuto come Centro di Produzione Teatrale dal MIC), Balletto Civile e Scena Madre.

Di Fisiko! vi raccontiamo in due puntate due diverse giornate di cui siamo stati testimoni, due giorni in cui si sono potute esperire tante declinazioni e manifestazioni di corpi fisici, presenti e aperti all’altro e al suo sguardo. Corpi portatori di valori, differenze, eccezionalità, eccentricità, ribelli all’omologazione, alla ricerca di una pacifica rivoluzione del pensiero, non più gabbia di schemi prefissati, ma campo di forze e tensioni generanti incontro e nuove filiazioni impensate/impensabili.

Fisiko! ph:@Stefano Scheda
Cristian Cucco in Alexis 2.0 di Aristide Rontini – ph Stefano Scheda

Partiamo dalla prima giornata: venerdì 22 luglio la serata inizia con il lavoro coreografico di Aristide Rontini Alexis 2.0 interpretato da Cristian Cucco. L’opera si ispira al romanzo di Marguerite Yourcenar del 1929 Alexis o il trattato della lotta vana, in cui il protagonista attraverso un lunga e complessa missiva cerca di confessare, ma sarebbe meglio dire comunicare, la propria omosessualità. Nella versione danzata e coreografata da Aristide Rontini, il corpo di Cristian Cucco cerca di far emergere la questione del confidare il proprio status esistenziale all’altro. È il movimento del corpo il portatore di interrogazioni, nel suo esporsi e sottrarsi, nelle sue chiarezze come nelle inevitabili ambiguità. Nell’esplorare lo spazio scenico il performer offre all’occhio dell’osservatore immagini, frammenti di caleidoscopio in perenne mutazione benché incastonati in un flusso insistente nel domandare attenzione e ascolto. In gioco c’è l’identità affermata ma fragile, bisognosa di accoglienza e rispetto, naturale e non eccentrica né eccezionale se non fosse per i pregiudizi e la cecità. Si invoca e si prefigura un’uscita nella luce della consapevolezza, abbandonando l’ombra del non detto, del sottinteso, del segreto portatore di menzogne.

A seguire Sorry for What?, un piccolo frammento di un percorso artistico ancora al suo sorgere della giovane Giulia Spattini. Un embrione ruggente, in rapida evoluzione, cosmo in formazione ma chiaro nel suo intento. È il femminile a voler emergere al di là dei generi, è un femminile stanco di combattere come un pugile, o mascherarsi come altro da sé, come nel caso di Elisabetta I, vergine di ferro, sposa al suo regno, negante la propria natura per accontentare l’aspettativa dell’altro. Solo attraverso la lotta corpo a corpo può esistere il femminile? È solo nella manifestazione di forza che maschile e femminile possono relazionarsi? Giulia Spattini sembra avere per le mani un progetto promettente e come sempre in questi casi non resta a chi scrive di sperare e augurare che le condizioni di crescita, creative, produttive, distributive possano sostenere la sua creazione. Perché l’embrione diventi creatura viva necessita di tempo, cura e sostegno, senza i quali anche la pianta più tenace inaridisce.

Quercia inossidabile, forte della grazia e abilità tecnica acquisite nel corso di un lungo processo creativo fecondamente nutrito fin dal suo debutto, è il duo Michele Abbondanza e Antonella Bertoni. In C’è vita su Venere, solo in cui Antonella Bertoni è interprete straordinaria, ciò che appare in scena è un processo evolutivo, ironico, delicato, di una creatura ibrida ed equivoca, tra animale fantastico e mitica mostruosità. Un essere in mezzo tra due stati indefiniti, sempre tra due terre, tra l’uovo e la gallina, senza garantire precedenze a uno stato o all’altro. Il processo non è teso solo all’evoluzione verso un punto lontano, forse inarrivabile, di sicuro sempre pronto a spostarsi in avanti come miraggio nel deserto, ma è anche uno scorticamento, un arrivare all’essenza, sotto la maschera, al di là della maschera, sotto il velo, oltre il volto. La creatura che appare alla fine, ancora una volta mitica e straordinaria, è un quadrupede, forse cavallo, forse ippogrifo, non unicorno perché spurio come ogni processo alchemico, né Pegaso perché privo di ali, di sicuro alieno, inquietante, affascinante, pieno di grazia nella sua unicità ma pur sempre e semplicemente umano. Un viaggio dunque verso l’interno e verso l’altrove, come ogni esplorazione senza una vera meta, aperta alla scoperta di ciò che si può incontrare e di cosa può nascere dagli incontri nelle terre incognite.

Fisiko! ph:@Stefano Scheda
Wabi Sabi di Sofia Nappi – ph Stefano Scheda

Chiude la serata Wabi Sabi di Sofia Nappi. Wabi Sabi è una locuzione intraducibile, un binomio che indica uno stato di accettazione della fugacità, del perenne scorrere del fiume, della fragile transitorietà e imperfezione della vita. Nel lavoro, prodotto da Sosta Palmizi e interpretato da Adriano Popolo Rubbio e Paolo Piancastelli, avvertiamo come un eterno ritorno privo di sbocchi. Come se tutto fosse pronto a incominciare nuovamente, dall’inizio, cambiando solo colonna sonora. Il movimento danzato non sembra subire evoluzioni, così come gli incontri tra i due interpreti. Se la coreografia è all’inizio di un certo effetto, coinvolgente e venata di sfumature ironiche piacevoli, a lungo andare, nella ripetizione, si perde l’abbrivio, ci si aspetta l’esito, l’inaspettato viene scalzato dal prevedibile. É da notare comunque rispetto ai personalissimi rilievi di chi scrive la calorosa accoglienza del pubblico in sala.

Fisiko!
più che azioni cattive ci ha dunque proposto una serata con cinque declinazioni di corporeità portatrici di pensiero. Trasformazioni e identità sembrano essere le costante di un libero e creativo variare. Un unico raggio scomposto da un prisma in infiniti colori incubatori di questioni fondamentali in una società in veloce trasformazione e dilaniata da lacerazioni e ferite aperte. L’arte ancora una volta si propone come laboratorio di sperimentazione di soluzioni immaginarie e patafisiche, un luogo in cui si prefigurano mondi nuovi, certo frutto di fantasia, ma pronti a divenire realtà qualora si volesse credere per un momento a un mondo di possibilità meno sottoposto alla dura legge della casualità.

ALEXIS 2.0
ideazione e coreografia Aristide Rontini
performer Cristian Cucco
dramaturg Gaia Clotilde Chernetich
musiche originali Vittorio Giampietro
collaborazione artistica Simona Bertozzi e Dalila D’amico
produzione Associazione Culturale Nexus – APS
coproduzione Oriente Occidente
con il sostegno di Anticorpi – Rete di Festival e Rassegne e Residenze dell’Emilia-Romagna nell’ambito dell’azione supportER, Fondazione Teatro Comunale Citta’ di Vicenza, Versiliadanza e Alma Danza di Bologna si ringraziano Musei Civici di Imola, Associazione Culturale Altriballetti e Camilla Guarino
durata 45′

SORRY FOR WHAT?
ideazione e regia Giulia Spattini
disegno sonoro Francesco Traverso
in scena Giulia Spattini
coproduzione Balletto Civile/Associazione Fuoriluogo
sostenuto da Centro Culturale Happen Modena
durata 15′

C’È VITA SU VENERE
di Michele Abbondanza e Antonella Bertoni
con Antonella Bertoni
disegno luci Andrea Gentili
elaborazioni sonore Orlando Cainelli
tecnica Claudio Modugno
maschera e oggetti di scena Nadezhda Simenov
abito Chiara Defant organizzazione, strategia e sviluppo Dalia Macii amministrazione e coordinamento Francesca Leonelli
ufficio stampa Susanna Caldonazzi
comunicazione Francesca Venezia
foto Tobia Abbondanza
con il sostegno di MiC – Ministero della Cultura, Provincia autonoma di Trento, Comune di Rovereto
durata 25′

WABI SABI
coreografia Sofia Nappi
danzatori Adriano Popolo Rubbio, Paolo Piancastelli
costumi Sofia Nappi
disegno luci Emiliano Minoccheri
produzione Sosta Palmizi  Komoco/Sofia Nappi
con il sostegno di New Master Ballet con il comune di Sestri Levante, KOMMTANZ/Passo Nord residenze Compagnia Abbondanza/Bertoni
in collaborazione con il Comune di Rovereto
durata 25′