Foto Piero Tauro e Simona Albani

Flavia Poldi | La compagnia Donkey flies teatro composta da Ilaria Weiss e Fabio Manniti arriva da Torino alla X edizione del Roma Fringe Festival 2022 al Teatro Vascello con TOSKA – La casa dove nessuno vive, regia di Jon Kellam. Lo spettacolo ha vinto il premio come miglior drammaturgia.

È una storia a metà tra il comico e il drammatico, tra corpo e voce che riescono a scuotere l’animo di chi sta a guardare. È una storia confinata in un tempo e in un luogo indefiniti, all’apparenza immobili, dove tutto parrebbe non cambiare mai. È una storia che si sviluppa tra le mura di una casa che ci fa pensare alla Russia, dove l’unica cosa certa è che fuori non smette mai di nevicare. Fabio Manniti, che si firma spesso con lo pseudonimo di Samuel Krapp, drammaturgo e attore della compagnia, con la sua TOSKA ci pone di fronte a un dramma che potente ci sbatte in viso una realtà viva più che mai.

‘Toska’ è un termine russo, che non può essere tradotto in un modo preciso. Ha a che fare più con un sentimento, un sentire definito come tipico della popolazione russa, che da intere generazioni si porta dietro e dentro il fardello delle atrocità vissute. ‘Toska’ non è semplice tristezza o malinconia, ha a che fare piuttosto con un senso di insoddisfazione, di profonda incertezza, legato all’impressione di vuoto che si prova nei confronti del mondo intero. Secondo lo scrittore, drammaturgo, critico letterario e poeta russo Vladimir Nabokov:

“Nella sua forma più profonda e dolorosa, è una sensazione di grande angoscia spirituale, spesso senza causa specifica. È un sordo dolore dell’anima, un desiderio senza nulla da desiderare, un dolore malato, una vaga irrequietezza, spasmi mentali, brama. In particolare, può essere il desiderio per qualcuno di qualcosa di specifico, nostalgia, malattia d’amore. Al livello più basso diventa noia, noia”.

Questo è il sentimento che i Donkey flies teatro ci trasmettono nel loro spettacolo, ma non solo, arriva al pubblico anche una profonda tenerezza, che scatena una forte commozione.

La scena è lineare e speculare, come le due facce di una stessa medaglia: due grandi poltrone di legno e velluto verde dividono il palcoscenico; al centro della scena, una pila di vecchie valigie; in proscenio, due colonne di libri con sopra due vasi con dei fiori bianchi. La abitano un fratello e una sorella, gemelli, che da anni non escono quasi mai, se non per partecipare al funerale di qualcuno. Fuori, come detto, non smette mai di nevicare.
Le giornate trascorrono ripetendosi negli stessi gesti. «Cosa c’è per pranzo?», chiede lui. «Patate bollite!», risponde lei, divertita dal fatto che entrambi sanno bene cosa riservi la tavola per loro: c’è solo quello. La loro vita è racchiusa in una specie di limbo, dove il passato sembra riaffacciarsi negli avvenimenti che i due amano ricordare a modo loro.
La paura di essere deportati dall’ “altra parte” è forte. Un uomo misterioso, infatti,  il Carpentiere, è intento a costruire un muro altissimo e a scegliere, ogni quattro anni, i cittadini da deportare. I due fratelli passano il tempo anche a domandarsi quale sia il suo criterio di selezione. L’unica cosa che si conosce è: «tutti quelli che non vanno bene». Ma bene per cosa? Non si sa e i due saranno tormentati dal voler capire quale sia effettivamente la parte giusta o quella sbagliata, angosciati dal non vedere mai nessuno tornare indietro. Tra l’altro, al di là del muro c’è pure Kolpaloff, l’amato del protagonista: il dolore per la sua mancanza gli farà desiderare di essere anche lui dall’altra parte.

Per tutto il tempo i due gemelli ricordano l’infanzia, le brutture e la cattiveria  subite, il lavoro duro che fin da piccoli hanno dovuto svolgere e che gli ha fatto venire la pelle brutta e rovinata (non come quella di Kolpaloff che invece ha studiato). La donna ricorda quando da piccola, per avere una bambola tutta per sé, fu costretta a sottostare alle violenze fisiche di un uomo. Con ingenuità e allo stesso tempo con cinismo Ilaria Weiss ce lo rivela standosene al centro della scena, mentre volteggia illuminata da un unico faro color violetto, come fosse lei stessa la bambolina di un carillon. È un’immagine forte e cruda, solo in apparenza può dare l’idea di dolcezza, ma in realtà ti stringe lo stomaco.
Poi c’è il sogno di lui – la sorella ama sentirselo raccontare e sarà centrale come snodo dell’intera storia. Un sogno che lo fa svegliare di soprassalto. Un sogno che racconta di una realtà distorta vissuta dall’uomo per proteggersi da una verità troppo amara, forse, per essere sopportata. È un crescendo, la voce di Manniti si fa sempre più forte e tutto è enfatizzato dalle luci, che si fanno sempre più intense e rosse, come il sangue. L’attore lo dice tutto d’un fiato e noi, che siamo lì a guardare, tratteniamo il respiro per lui.

Possono risultarci quasi dei morti che camminano, ma se proviamo a considerarli senza giudizio, nella loro interezza di essere provati da un destino infausto, allora non ci paiono più così disumani. Si ha l’impressione di qualcosa ancora vivo in loro, una speranza. Si percepisce un senso di protezione e cura che l’uno ha verso l’altra, e viceversa. Se questo non è amore, allora, cos’è?

Ilaria Weiss e Fabio Manniti usano quindi i loro personaggi per mostrarci la crudeltà dell’animo umano, li usano come specchio riflettente delle atrocità umane; sono in grado di schiaffarti in faccia i racconti dei due fratelli, riuscendo a metterti con le spalle al muro, costringendoti così a vedere e di conseguenza a riflettere. Il loro è un teatro “vero”. Della serie: «Guarda! Ascolta! Questo è il marcio dell’essere umano. Ed ora pensa!».
Una cosa è certa: usciti dallo spettacolo dei Donkey flies teatro non si può essere più gli stessi. È un lavoro da metabolizzare, capire e fare proprio. TOSKA – La casa dove nessuno vive, con il suo male d’anima, rischia di fare del bene alla nostra.

TOSKA – La  casa dove nessuno vive

produzione Donkey flies teatro
regia Jon Kellam
scritto da Fabio Manniti
con Ilaria Weiss, Fabio Manniti
scenografia Rasid Nicolic

Foto ufficiali di Piero Tauro e Simona Albani

Roma Fringe Festival 2022
Teatro Vascello, 24 luglio 2022