GILDA TENTORIO | Nel mese di agosto anche quest’anno Verona ha festeggiato il grande Bardo. Già abbiamo parlato delle iniziative di summer school; apriamo qui una finestra sul Verona Shakespeare Fringe Festival, una settimana di spettacoli in lingua originale (con sottotitoli o in inglese) provenienti da Norvegia, Serbia, Ucraina, Georgia, Regno Unito, Bangladesh e Grecia.
Ci soffermeremo sullo spettacolo di apertura del festival (23/08) Enter Hamlet (in inglese – presentazione: qui), diretto dalla greca Avra Sidiropoulou, che all’attività accademica presso la Open University di Cipro affianca la regia e la scrittura drammaturgica (tempo fa nel pieno della pandemia ci aveva rilasciato un’intervista sul teatro greco). Nella città scaligera ha presentato il suo ultimo lavoro (compagnia teatrale Persona).
Amleto è interpretato da Elena Pellone. Indossa un ampio abito bianco, che rinvia alle geometrie rinascimentali e a una dimensione ibrida, perché le categorie di genere saltano: Amleto è uomo, donna, forse entrambi e nessuno, capace di alternare scatti di rabbia, parole sibilanti che grondano rancore, a momenti di estrema dolcezza.
È solo in scena (accompagnato talvolta da un attore che rimane per lo più presenza muta, Eric Nicholson). Di fronte a noi si dispiega il suo mondo interiore dove non esistono appigli stabili, tutto è fluido e in trasformazione. Il titolo Enter Hamlet rimanda alle didascalie degli antichi testi di Shakespeare: da uno spazio che è il ‘fuori’ entra Amleto, la battuta è sua, sua la scena. Da dove viene? Dove è diretto? Tutto è già successo o sta per accadere di nuovo? Perché torna a visitarci? La Sidiropoulou realizza un’opera sperimentale, attraverso un linguaggio ultra-contemporaneo e inter-mediale, per offrire uno sguardo diverso sul capolavoro shakespeariano.

Anzitutto lo spettacolo è una densa riflessione sul tempo. Amleto è personaggio contemporaneo, ma il suo ‘ora’ è un caleidoscopio di allucinate rievocazioni del ‘prima’. Nell’incipit, di grande effetto, riassume in tono lapidario la sua condizione: il re è morto, avvelenato dal fratello che ha poi sposato sua madre, un sovvertimento che pare coinvolgere l’intero universo («all is sick – the land and our soul»). Da allora Amleto lotta con sé stesso per tenere in vita le immagini del passato, custode memoriale della propria storia («I am to keep alive everything that’s passed»), vittima che si auto-condanna a diventare carnefice di sé stessa, perché ricordare è soffrire. Ma la memoria guizza impertinente senza controllo, il lavoro di scavo continua a frantumarsi e in modo molto evocativo il ritorno dei ricordi fantasmatici è sottolineato dai vocalizzi della musicista francese Muriel Louveau. Il cerchio si chiuderà?

ph. Avra Sidiropoulou

Nella terra desolata del contemporaneo, alla ricerca di sé (e di un contatto con noi), il suo viaggio si caratterizza come un’erranza mentale e anche spaziale: nel vagone di un treno, in una piazza accanto a un homeless, in una sala da ballo, sotto la neve o tra i fiori di un giardino. I cambi di scena sono segnalati da una scenografia minimale, che ha colpito molto il pubblico (scene e costumi sono opera di Emmanouela Vogiatzaki-Krukowski): un trono vuoto coperto di un drappeggio bianco, quattro cubi e uno schermo.
L’architettura video accompagna il monologo e disegna con raffinate scelte estetiche i contorni del mondo mentale di Amleto: a volte si tratta di immagini che aiutano a immergerci (acqua, neve, petali), a volte invece creano un effetto straniante (mani, bocche, forme cangianti), e intanto Amleto muove i cubi, quasi volesse costruire un recinto ai propri ricordi. Oppure sta cercando di dare un ordine ai tasselli sparsi della memoria, con pacata rassegnazione o smaniosa voglia di cambiamento. E i cubi creano situazioni narrativo-emotive ‘agite’ da Amleto: eccolo in piedi come su un piedistallo, oppure seduto in attesa su una panchina, o ancora sdraiato o in piedi a ballare.

ph. Paolo Ferrazzi

Il sapiente dialogo di luci e immagini (George Sifakis e Artemis Tzavra-Bulloch) che passano sopra il corpo di Amleto giocano in modo assai suggestivo con l’effetto di realtà e al tempo stesso di dematerializzazione del corpo sulla scena.
Infine, come sempre nei lavori del teatro greco, uno spazio significativo è dato alla musica (belle le composizioni di Vanias Apergis), sia registrata, sia eseguita dal vivo (Alessandra Bonetti), a sottolineare la poeticità e la tensione emotiva.

ph. Sophia Papachristou

Questo Amleto fugge dall’ipocrita indifferenza del mondo: i benpensanti si difendono con gli ombrelli dal temporale, come se la pioggia potesse sciogliere la loro maschera di inganni, mentre lui regge un ombrello scarnificato, segno di vulnerabilità, ma anche di purezza.
La sua vita è una fuga perenne dai fantasmi: dalla sensualità della madre impaurita dalla vecchiaia, dal viscido zio che rappresenta l’insaziabile sete di potere, dall’amore di Ofelia e soprattutto dal confronto con il padre. Forse è lui quell’anziano salito sul vagone che ora lo osserva? Amleto lo supplica: lascia che io vada oltre di te, lasciami conquistare il mio posto nel mondo… Ma sarebbe assai riduttivo interpretare le sue lotte soltanto come un atto di rivolta contro il principio di autorità, alla ricerca di sé. Non dimentichiamo che la Sidiropoulou è greca, e dunque lavora sul lessico poetico della complessità.

Forse allora la chiave del tormento di Amleto sta nella rivisitazione del dilemma più celebre del teatro mondiale, to be or not to be. Il personaggio infatti rincalza e completa la questione: «To be forgetting? / To not be remembering?», cioè esistere in pace raggiungendo l’oblio, oppure perpetuare la memoria, condannandosi però a una non-vita? Interrogativi in linea con il dibattito attuale sui limiti della memoria e sulla necessità dell’oblio, a certe condizioni.
Nella scena finale tutti i personaggi che popolano la mente di Amleto si affollano attorno a lui: gli chiedono di raggiungerli, di tornare indietro, di continuare l’operazione della memoria-tortura. Fra gli altri, però, si distingue la voce di Orazio: «Turn your back to us, my friend. Forget us all!». Proprio Orazio, l’amico che in Shakespeare ha il compito di ricordare la storia dell’infelice principe di Danimarca, ora consiglia la pacificazione dell’oblio.

Quanto è greco questo Amleto prigioniero della sua memoria, che lo aggredisce con le ombre colorate delle proiezioni? Forse c’è un sottofondo platonico? La regista mi ha spiegato: «Questo Amleto forse potrebbe anche rappresentare la tormentata anima del popolo greco moderno che è in perenne conflitto con la propria storia e il proprio passato. Forse un pizzico di Platone si trova nell’aspirazione all’ideale e all’utopia: il mio Amleto cerca di superare il quotidiano, la volgarità, la caduta nella seduzione del potere, dove invece sono invischiati gli altri personaggi».

ph. Paolo Ferrazzi

Catartico e amaro il finale, di notevole fattura sperimentale. Con l’aiuto dell’attore muto (il fantasma del padre), Amleto indossa il manto regale che giaceva sul trono. È un gesto simbolico, perché indica un abbraccio intermediale: il lunghissimo strascico infatti è la propaggine del telo di proiezione dei video.
Amleto, quindi, si veste delle sue ombre, accetta i fantasmi che lo perseguitano. Prenderà in mano le redini del regno, accedendo a una memoria cicatrizzata che non aprirà più l’abisso del dolore? Probabilmente no: l’Amleto di carne si avvolge nel bozzolo iconico, constatando che l’oblio non verrà mai. «Forget us not» è l’ultimo invito che ci rivolge.
Non dimentichiamo Amleto, i suoi tormenti di allora e anche quelli di oggi. Siamo noi che dobbiamo attivare la memoria teatrale e tenere vivi gli interrogativi di sempre.

ENTER HAMLET

scritto e diretto da Avra Sidiropoulou
interpretato da Elena Pellone
guest appearance Eric Nicholson
set-costume design: Emmanouela Vogiatzaki-Krukowski
set-costume design assistant: Prokopis Prokopiou
video art Artemis Tzavra-Bulloch
musiche Vanias Apergis
musical performance Alessandra Bonetti
vocalist-performer Muriel Louveau
luci George Sifakis
assistenti alla regia Julia Kogkou, Katia Makrykosta

23 Agosto 2022
Verona Shakespeare Fringe Festival