ELENA ZETA GRIMALDI| È entrata nel vivo la prima edizione del Catania Off Fringe Festival. Dopo i primi dieci giorni in cui si sono avvicendati sul palco i corti teatrali, giovedì 20 ottobre è iniziato il primo “girone” di spettacoli.

Come già emerso nel dialogo fra Renzo Francabandera e la direttrice artistica Francesca Vitale nell’intervista di alcuni giorni fa, il Fringe è un perfetto modello di proposta policentrica, non solo per i tanti luoghi coinvolti, ma anche – e soprattutto – per la gran varietà ed eterogeneità di proposte: in pieno spirito Fringe c’è la possibilità di trovare ciò che rispecchia i propri gusti oppure andare a curiosare qua e là, lasciarsi sorprendere dall’inaspettato, vedere tanti spettacoli e ricomporre una parte della vetrina internazionale delle arti performative indipendenti.

Abbiamo optato per la seconda opzione, e siamo andati a vedere alcune proposte di questa prima tranche, in attesa della prossima settimana.

Silvia Giuffrè, L’attimo prima

Il primo spettacolo a cui abbiamo assistito è L’attimo prima di Silvia Giuffrè, uno spettacolo di teatro-danza che è «un’indagine sul tema del tempo dell’anima: la durata». In scena Arabella Scalisi che entra dalla platea tenendo in equilibrio un libro sulla testa e sale sul palco, dove sono sistemate quattro bocce di vetro contenenti diversi elementi (dell’acqua, della sabbia, dei vestiti di scena); poi, nel silenzio, apre il libro e ne legge dei passi: si tratta di Saggio sull’intelletto umano di John Locke che ci introduce subito  concetti semplici e complessi insieme, ma soprattutto i concetti di spazio e di tempo, la loro percezione e le loro interazioni. Lo spettacolo è fatto di quadri intervallati da piccole citazioni, il tutto accompagnato da luci e musiche che avvolgono anche la platea e contribuiscono a farci viaggiare nel pensiero, nei sensi. La danzatrice si offre a noi, ci coinvolge in un esperimento che avviene qui e ora, ci fa vedere e sentire il corpo e la fatica, accentua il respiro pesante dello sforzo che diventa quasi la colonna sonora degli intervalli. La cosa più interessante è proprio questo giocare col corpo e con tutto ciò che può produrre: interagendo con la sabbia, l’acqua o anche col palcoscenico stesso, il movimento crea dei rumori, dei ritmi che poi investono di ritorno la fisicità dell’interprete e creano altro movimento, in un ciclo continuo. Sembra a volte di vedere una bambina giocare con l’esistente, ed è forse proprio questo il segreto: «il tempo è un bambino che gioca con le tessere di una scacchiera» e come bambini dobbiamo viverlo, senza attesa, per scoprire cose che non pensavamo di poter vedere.

Peppe Macauda, Shuma

Dal teatro-danza alla drammaturgia contemporanea, Shuma della compagnia Santa Briganti (tratto dal testo Shuma tra gli abissi di Dario Muratore). In scena, uno e molti allo stesso tempo, è Peppe Macauda che ci racconta una favola nera contemporanea che prende le mosse da un fatto di cronaca che potrebbe essere inventato, ma purtroppo non lo è: dopo il naufragio di una barca di migranti il 18 aprile 2015, il corpo di un ragazzino del Mali è stato ritrovato con una pagella cucita all’interno della giacca. L’invenzione creativa viene a riscattare il ragazzino che, nello spettacolo, precipita in mare fino a toccare l’abisso più profondo del Mediterraneo, dove inspiegabilmente respira e parla. L’incontro con un simpatico cavalluccio marino, sarà l’inizio di un lungo cammino per tornare in superficie. Tra banchi di alghe nere e deserti di scarpe cadute dalla superficie, sotto la minaccia dei pisci pinnuti che tiranneggiano il mare, i due viaggiatori incontreranno persino il famoso Colapesce che metterà il protagonista davanti a una scelta importante…
Macauda interpreta tutti i personaggi e letteralmente li materializza accanto a sè, usando le braccia come fossero una marionetta, dando a ogni personaggio una voce e un gesto, a volte racconta, a volte cunta, gioca con le luci ben studiate e si muove tra le delicate illustrazioni di Bruna Furnaro proiettate sullo sfondo, che fungono ora da ambiente, ora da raccordo narrativo, poi ancora come sogni o come doppio immaginifico dell’attore.
Sebbene rispetto al testo di Muratore (pensato per il teatro ragazzi) Macauda si sia concentrato sugli aspetti più ombrosi, da favola nera, Shuma è fruibile – come direbbero in tv – da tutta la famiglia, in uno spettacolo che tiene insieme diversi piani (molti sono i riferimenti al viaggio dei migranti, per esempio), fa riflettere e fa viaggiare fino a un finale agrodolce che erge il ragazzino del Mali letteralmente allo status di eroe moderno, con tutta la sua ambivalenza emotiva.

SRSLYyours, The tea cerimony

Dalla Sicilia voliamo a Zurigo, con lo spettacolo The tea cerimony della compagnia SRSLYyours. Lo spettacolo è in inglese senza traduzione, ma l’atmosfera in cui ci trasporta sin dall’entrata in sala (dove troviamo la geisha che passa l’aspirapolvere), la presenza garbata e magnetica del protagonista Marios Ioannou (interprete della geisha) e l’attenta costruzione della messa in scena tengono alta l’attenzione dall’inizio alla fine, anche perché, come spesso ci viene ripetuto, la partecipazione alla cerimonia è essenziale alla sua riuscita, e viene costantemente stimolata in maniera delicata e intelligente. La nostra host ringrazia i suoi guests per regalargli il tempo della cerimonia, li introduce a questa sacra arte un passo alla volta, anzi, un pezzo alla volta: su un tavolino a destra del proscenio sono posizionati tutti gli elementi essenziali alla preparazione del tè, dalle pregiate foglie delle coltivazioni indiane alla ciotola in terracotta e oro delle miniere d’Africa al fazzoletto di pura seta prodotto in Bangladesh. La voce avvolgente del protagonista ci chiede a ogni passaggio di chiudere gli occhi e immaginare di compiere il cammino dal bosco sacro alla sala del tè, a luci spente e abbandonati alla voce della geisha. Tra un passaggio della cerimonia e un altro, la nostra host ci offre anche parte della sua infanzia, dell’educazione all’arte del tè, ci chiede di aiutarla a far girare il mondo all’indietro con un dito puntato verso il cielo e, nella migliore tradizione orientale, attraversiamo quattro stagioni nei suoi ricordi. Ma a poco a poco l’atmosfera di estasi e pace interiore comincia ad adombrarsi: la drammaturgia è un meccanismo perfetto che crea piccoli cortocircuiti cognitivi che si fanno strada nello spettatore quasi in sordina, e ogni volta vengono riassorbiti dal velo di comunione col mondo che si posa su tutta la cerimonia. Almeno fino a che non arriva la primavera…

Toia&Callaci, L’angelo della valigia

Ultimo ma non ultimo di questa prima carrellata di spettacoli, L’angelo della valigia degli argentini Toia&Callaci: favola delicata e assurda, che mescola una narrazione che a tratti prende la forma di una docufiction e una marcata fisicità che quasi sconfina nel circense e nella clownerie. Severo Callaci è il mirabile interprete del protagonista Ezequiel (una sottospecie dell’idiota dostoevskijano) e di tutti gli altri personaggi che inizialmente lo presentano in absentia dialogando con lui, e che torneranno più volte nello spettacolo. Tutta la drammaturgia è costruita da Sergio Mercurio attraverso dialoghi in cui Callaci parla (in italiano con uno spiccato accento sudamericano che rende tutto ancora più surreale) con interlocutori invisibili o interpreta entrambi i personaggi, dimostrando una grande abilità di caratterista che non sfora mai nel banale. Ezequiel viene preso a lavorare come angelo, deve spogliarsi di tutto ma non vuole abbandonare la valigia rossa regalatagli dalla zia, oggetto in qualche modo vivo e a tutti gli effetti coprotagonista. Invano gli altri angeli cercano di convincerlo ad abbandonarla, cercano di istruirlo con profonde parole e arzigogolati pensieri: a lui tutto questo scivola dalla mente, vorrebbe mostrate le cose, vedere dell’azione (perché le parole sono fatte d’aria, i fatti si vedono). Quando capisce che il lavoro non fa per lui, comincia una mai tentata fuga dal paradiso che ribalterà la vita di tutti. La messa in scena utilizza pochissimi elementi: la fisicità dell’attore, la valigia, due pezzi di stoffa e un bastone sono sufficienti a far apparire quasi per magia i personaggi, carri tirati da cavalli imbizzarriti o a precipitare nel mare più profondo, dimostrando quanto un teatro povero di materia può essere ricco di suggestioni, idee ed emozioni.

 

L’ATTIMO PRIMA

di Silvia Giuffrè
regia Silvia Giuffrè
con Arabella Scalisi
luci Salvo Altese
musiche Giuseppe Rizzo
costumi Biagio Grimaldi
produzione Omonia contemporary arts
(durata 50 min)

 

SHUMA

di e con Peppe Macauda
regia Peppe Macauda
luci Simone Fini
costumi Peppe Macauda
produzione Associazione culturale Santa Briganti
(durata 55 min)

 

THE TEA CERIMONY

di Achim Wieland, Marios Ioannou, SrslyYours Ensemble
regia Achim Wieland
con Marios Ioannou
luci Light Design Vasilis Petinaris Touring, Light Concept Yiorgos Lazoglou
musiche extracts from Alva Noto, Shinichiro Ikebe
costumi Ioanna Tsami
produzione SrslyYours
(durata 65 min)

Visti a Catania Off Fringe Festival il 20 ottobre 2022

 

L’ANGELO DELLA VALIGIA

di Sergio Mercurio
regia Sergio Mercurio
con Severo Callaci
luci Sergio Mercurio
musiche Marcelo Torrone
costumi Laura Perales
produzione Agustina Toia
traduzione in italiano Agustina Toia
(durata 73 min)

Visto a Catania Off Fringe Festival il 21 ottobre 2022