C’era una volta un re mette in luce il contrasto tra la corte, dove il sovrano è riverito e temuto, la debolezza dell’uomo malato e il mondo della politica, dominato dai cerimoniali pomposi e convenzioni rigide. La salute del re è al centro di giochi perversi. Alla famiglia reale, di fatto esautorata, resta il dovere di salvare l’etichetta. Il bizzoso sovrano, in fondo tenero nelle sue manie, è strumentalizzato da chi, dietro le quinte, complotta per alterare gli equilibri della nazione. Il burattinaio è l’insolente medico di corte (Pietro De Pascalis) supportato da due servitori muti (Umberto Banti e Luca Ramella).
Il passaggio dai fasti al delirio è reso da una scenografia semplice (di Vittoria Papaleo) prima di drappi e veli, poi di materassi che creano una parete-muro di gomma. Luci monocrome (di Claudio Intropido) ritraggono un’umanità disanimata, ipocrita e abietta.
Con musiche che spaziano dai Pink Floyd a Jimmy Fontana, da Tom Waits al Requiem di Mozart, lo spettacolo evidenzia la pericolosa contiguità fra potere e follia. Il potere logora, chi ce l’ha e chi non ce l’ha.
La forma dell’apologo fa riflettere sulla nostra realtà politica, sulla coltre di nebbia che tiene il popolo a distanza debita: pochi eroi, tante vittime, una folla d’ombre.
Ma la rottura dell’illusione scenica messa in atto da Facchetti va oltre. L’intreccio tra finzione e realtà diventa gioco metateatrale. Incrocia il presente. Apre lampi in direzione del passato. Gli attori si spogliano dei personaggi, scavano alle proprie radici, in una confessione che sa di outing e psicoterapia. Riaffiorano ricordi, schegge di vita vissuta, anche crudeli. E non finisce qui. Perché l’operazione rimbalza sul pubblico, con dei volontari che salgono sul palco a raccontarsi a propria volta.
Gli ingranaggi di questa sequenza finale dello spettacolo vanno oliati, ma l’idea è buona: riflettere su noi stessi, sul nostro impatto con il potere, sia quando l’abbiamo subito, sia quando l’abbiamo esercitato. Misurarci con il nostro passato. A costo d’imbatterci in qualche spettro, per elaborarlo.
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