ALESSANDRA CORETTI | Tralascia il registro ruvido della denuncia, optando per un mood soft sospeso tra il visionario e il poetico, SÜRPLÀS (2014), ultima fatica di Andrea Santantonio e Nadia Casamassima, rispettivamente regista e interprete dello spettacolo, meglio conosciuti come IAC-Centro Arti Integrate. La performance, che ha debuttato a Potenza passando per Matera, ora in loop, fino al 23 maggio, all’Apulia Fringe Festival di Andria, costringe gli spettatori a fare i conti con i dispositivi di potere che plasmano le vite dei trentenni contemporanei, un esercito di “esistenze disancorate, esposte alla tempesta”, frustrate nell’orgoglio, ma ancora capaci di forzare gli orizzonti. Attraverso l’alternarsi di otto allegorie: la Giovinetta, il Guru, il Giudizio, la Burocrate, la Contaminazione, il Guerriero, l’Appesa e la Morte, Casamassima racconta la routine della generazione in-between, perennemente situata tra i cambiamenti, mai al centro; una generazione a prima vista immobile, in realtà sempre in movimento, probabilmente per non percepire l’equilibrio vacillare, o per attenuare l’impressione costante di essere nel posto giusto al momento sbagliato. La scena, inizialmente seminuda, si fa eloquente dopo un breve prologo. Trascinata in cinquanta minuti di instancabile dinamismo dà vita ad otto quadri che celano inquietudini, ombre, paradossi dei nostri tempi. Un palloncino, fotocopie sparse sul pavimento, un lipstick rosso melograno, scarpe della stessa nuance, una maschera antigas: sono alcuni dei segni che, nel rapido succedersi, suggeriscono tipicità ai “personaggi” che abitano l’opera, rafforzando con un calco semantico l’umore scenico. Inesauribili anche le energie dell’attrice, unica protagonista, ostenta una buona vitalità scenica scandendo i ritmi dello spettacolo e dando rapidità ai cambi di visione che avvengono sotto lo sguardo attento degli spettatori, senza interruzione alcuna, quasi a voler simulare una prova di resistenza fisica.
Surplace, letteralmente “sul posto”, è una strategia sportiva: consiste nel rimanere in immobile equilibrio prima di ripartire e sferrare l’offensiva finale. Come spiegano le note di accompagnamento allo spettacolo è un momento in cui il corpo, nonostante la condizione di staticità, investe energie notevoli; calzante, quindi, il gioco di analogie creato con l’attuale contesto giovanile dipinto in apparente stato di quiete, invece, all’apice degli sforzi, poiché impegnato a resettare, progettare, riorganizzare, ricostruire, continuamente, non solo possibili traguardi, ma innanzi tutto ipotetici percorsi che possano alleviare l’affannosa ricerca del proprio posto nel mondo. Un lavoro per certi versi ironico – come nel caso della Burocrate, figura che esaspera i cliché delle incomprensibili prassi formali – non tarato però esclusivamente su tale registro. SÜRPLÀS tenta di far riflettere il pubblico ponendosi all’altezza dei sentimenti con un codice a tratti onirico in cui la parola recupera un ruolo centrale, la quale tuttavia, per generare processi non soltanto riflessivi, ma si spera anche rigenerativi, si vorrebbe avvertire meno flebile e più intrisa di tensioni ardenti. L’appello alla sfera del sensibile è l’aspetto più interessante, ma anche quello su cui insistere maggiormente. La parola poetica potrebbe, infatti, alzare i toni dello spettacolo amplificando quel senso di prossimità alla scena fondamentale per l’esperienza teatrale, che dimentica il suo oggetto per diventare essenzialmente relazione e comunione. Culla di un altrove che può farsi realtà.
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