ELENA SCOLARI | Un taccuino nero legato alla vita, come un breviario ad un saio, un abito nero un po’ monacale, gli occhi limpidi che guardano il pubblico, così Mariangela Gualtieri abita il palco della Serra Lorenzini di Milano per la seconda data della nuova rassegna Gemme e Tempesta, organizzata dalla Cooperativa Sociale I Percorsi Onlus con la direzione artistica di Monica Morini (Teatro dell’Orsa).

Serra Lorenzini, Milano (2)Dietro la pedana una grande vetrata lascia vedere i moderni tram che attraversano il Gratosoglio. La vita e le persone transitano in una domenica pomeriggio di periferia, in uno strano contrasto tra la vegetazione fitta dell’interno e l’autunno dell’esterno.
Mariangela Gualtieri è poeta, non poetessa, e già questa volontà essenziale ci piace molto, perché è libera dall’inutile esigenza di affermare la femminilità per definizione nominale.
Qui l’amore è per le parole nel loro essere capaci d’incanto, per la bellezza di saper schiaffeggiare e accarezzare. L’autrice ringrazia le parole e lo fa nel miglior modo: usandole con cura, con attenzione, con passione e con sincerità.

Fate piano,
ch’è delicato tutto, nel suo esile
canto d’esserci, fate piano, per carità, fate piano.

C’è uno spintone sgarbato sulle
venature d’ogni colore, c’è un
passo pestatore che fa
lo schianto delle primavere.

Questi versi ci hanno colpito e ci sono sembrati i più giusti per provare a descrivere il carattere di Gualtieri, che con una fermezza dolce, trasparente sa fare della poesia un mezzo diretto, non ellittico, per dire la sua sul mondo, scuote i pensieri con una grazia decisa.

L’abitudine ad ascoltare la prosa e la rara frequentazione della poesia hanno prodotto un pregiudizio sulla fatica di seguire testi in versi, ma Bello Mondo è un itinerario di parole chiare, un sentiero che si segue senza sforzo. La poesia che abbiamo ascoltato è una radura dove trovano spazio situazioni e sentimenti che possono esserci più o meno vicini, ma ognuno dei presenti si sarà sentito toccare dalla voce di Mariangela, il cui timbro è rasserenante anche quando sollecita punti dolorosi: la pena di assistere al decadimento di una madre, l’incapacità di accettare la morte ma al tempo stesso una visione positiva perché …grazie ai nostri morti, che fanno della morte un posto abitato.

Bello Mondo è descritto come un “rito sonoro” (con la guida di Cesare Ronconi), la musica, sempre lieve, è intervallo di respiro tra un componimento e l’altro, a volte accompagna la recitazione, dando una cadenza calma, francescana, e lasciando allo spettatore il tempo di riprendersi. Sì perché se si è entrati in quella radura, per quell’ora si è stati messi di fronte, con sana franchezza, a molto di quello che nella vita attraversiamo e sentiamo forte ma non riusciamo a dire. Però lo riconosciamo, lo riconosciamo nitidamente nelle parole che sanno descriverlo.
Crediamo alle parole di Mariangela Gualtieri perché lei assomiglia a loro.
In questa bellissima poesia d’amore si chiede gentilezza, e guardando la poeta sappiamo che quella gentilezza è la sua.

Sii dolce con me. Sii gentile./ E’ breve il tempo che resta. Poi/ saremo scie luminosissime./ E quanta nostalgia avremo /dell’umano. Come ora ne/ abbiamo dell’infinità./ Ma non avremo le mani. Non potremo/ fare carezze con le mani./ E nemmeno guance da sfiorare /leggere./ Una nostalgia d’imperfetto/ ci gonfierà i fotoni lucenti./ Sii dolce con me./ Maneggiami con cura/… Sia placido questo nostro esserci,/questo essere corpi scelti/ per l’incastro dei compagni/ d’amore.//’

In quel taccuino nero è custodito un sapere altissimo: deve essere sfogliato lentamente per cercare la via e poi lasciato cadere.

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