Mirabilmente tradotto da Sandro Lombardi, che ne cura anche la drammaturgia insieme con Fabrizio Sinisi e lo stesso Tiezzi, il romanzo di Arthur Schnitzler (1923) rifulge come un capolavoro di psicanalisi freudiana in odore di possibili quanto caparbi rimandi alla scrittura di Bernhard, Joyce, Kafka, Ibsen, Pirandello, Beckett. e appare attraversato da una modernità, sia in termini stilistici sia contenutistici, davvero impressionante.
Nel lavoro del regista toscano (di nuovo alle prese con l’autore viennese dopo Il pappagallo verde e il fortunato Ritorno di Casanova) la forza del testo si coniuga poi con due elementi essenziali che ne amplificano la portata contemporanea. Il primo è la scelta di un luogo sospeso in un tempo “altro” ma quanto mai significativo: mi riferisco al Teatro Anatomico dell’antico Spedale del Ceppo, piccolo gioiello di architettura settecentesca fatto costruire dal Granduca Pietro Leopoldo tra il 1770 e il 1780 dietro la struttura ospedaliera omonima e che, totalmente affrescato e addobbato di fregi e bassorilievi, fu concepito come un vera e propria “aula della visione” in cui tenere lezioni ed ostensioni anatomiche per i pochi studenti di chirurgia dell’epoca.
Il secondo elemento riguarda invece la regia stessa, che fa leva su un espressionismo sobrio ma puntuale dove precipitano molte eco di altri lavori di Tiezzi e su una prova attoriale a due voci davvero eccellente. Nei panni della giovane viennese in vacanza a San Martino di Castrozza con la zia, e costretta suo malgrado a sperimentare sulla propria pelle il perbenismo e la decadenza di una società (e soprattutto del suo statuto costituivo, ovverosia la famiglia) ormai in declino, c’è Lucrezia Guidone: attrice poco più che trentenne formatasi all’Accademia Silvio D’Amico e poi al Centro Santa Cristina di Ronconi (ricordo che mi colpì molto nel ruolo della figliastra in In cerca d’autore. Studio sui sei personaggi, così come nei momenti laboratoriali accorpati nel bel dvd La scuola d’estate) che con Tiezzi ha già lavorato nel Calderòn e che qui conferma il suo energico, sensibile talento. Accanto a lei, Martino D’Amico veste i panni di un von Dorsday asciutto, pacato, razionale, composto, che ben controbilancia il tormento instabile della protagonista. E’ lui, quel facoltoso villeggiante dall’aria così poco simpatica, l’uomo che Else, sollecitata per lettera dalla madre, dovrà convincere e sedurre al fine di scongiurare una bancarotta familiare.
La posta in gioco è troppo alta per lei. Sebbene sia un’affascinante tredicenne non scevra da mature pulsioni erotiche, ciò che von Dorsday le chiede in cambio (poterla contemplare nuda) avrà un effetto devastante sulla sua fragile anima di adolescente in formazione. Non è un caso che, una volta entrati in quella piccola “cappella” circolare preposta al rito di questa vivisezione psichica, ci ritroviamo così vicini agli interpreti da sentirne ogni più sottile e delicato respiro. Siamo appena in venticinque. Lo spazio non permette di accogliere un solo spettatore di più ma sembriamo tanti. Probabilmente per l’energia che l’insieme di luogo, musica (eseguita dal vivo da bravissimi giovani allievi del Conservatorio Luigi Cherubini di Firenze), luci, pavimentazione (un prato verde brillante all’ingresso e lastre di specchio dentro il teatro anatomico vero e proprio) suggerisce ed emana. Else è quel corpo inerme di cui dicevo all’inizio. E’ lo stesso von Dorsday/D’Amico a scoprire il cadavere, tirando via il lenzuolo bianco che lo riveste. Un uomo con testa di coccodrillo, mascherato di ferocia e crudeltà come fosse una personificazione del teatro medievale; o meglio un richiamo avanguardistico/dadaista all’imbestialirsi della coscienza umana (e sempre maschere di coccodrillo Tiezzi aveva messo in testa ai quattro personaggi del suo pirandelliano Non si sa come di qualche anno fa).
La vittima si risveglia. Il linguaggio inciampa. Rischia l’afasia. Poi si ricompone in un senso-non senso che è il senso “profondo” della verità personale. In questo balbettio trasognato (Che cosa…? Che cosa succede? Che…? Io? Dove… ? Ah, ecco… Dormivo? Sì, certo: dormito. E forse anche sognato. Dormire, sognare…Oh Dio, Dio! Ma… dove sono stata? Lontano, penso – molto lontano. Morta? Sì, sognato di essere morta – mi sembra. Morta. Era bello: non aver più problemi di sorta. Morta. Trentamila fiorini, trentamila fiorini, trentamila. No, cinquantamila… Cinquantamila, cinquanta. Non li ho, non li ho. Guadagnarli. E come? Come? Magari a piedi fino al cimitero, così mia madre si risparmia le spese del funerale. Economia! Dorsday aspetta mia decisione. «No, signor Dorsday, la mia risposta è no». Eccoci: a fissarci negli occhi. Nemici mortali), Else/Guidone ricapitola tanto teatro e tanta letteratura del Novecento. Anticipa subito il tema della lettera, la richiesta che i genitori le faranno, il suo disagio. I suoi pensieri diventano battute. Si sommano e sovrappongono tra loro fino a confondersi. Realtà e visione intima stabiliscono un confine labile, ambiguo. Mi viene in mente Doppio sogno, sempre di Schnitzler.
Ogni tanto il reale si fa prepotente: il tennis, il cugino Paul, l’attrazione innescatasi tra due suoi coetanei, il desiderio di un paio di calze di seta nuove e un marito che la ami. Ammesso che l’amore esista. Quella lettera la inchioda però ad un imperativo etico di cui non riesca a liberarsi. E l’attrice è bravissima nel passare da uno stato emotivo all’altro, dal sorriso al pianto, da una
LA SIGNORINA ELSE
di Arthur Schnitzler
traduzione di Sandro Lombardi
drammaturgia di Sandro Lombardi, Fabrizio Sinisi e Federico Tiezzi
regia di Federico Tiezzi
scena di Gregorio Zurla
costumi di Giovanna Buzzi
con
Lucrezia Guidone
e Martino D’Amico
accompagnamento di musica dal vivo
in collaborazione con
Conservatorio di Musica Luigi Cherubini, Firenze
produzione
Compagnia Lombardi – Tiezzi
Associazione Teatrale Pistoiese Centro di Produzione Teatrale
con il sostegno di Regione Toscana e Ministero dei Beni e delle Attività
Culturali e del Turismo
“Pistoia Teatro Festival”
in occasione di Pistoia Capitale della Cultura 2017
Teatro Anatomico Spedale del Ceppo
dal 13 giugno al 2 luglio 2017 alle 21.00