LAURA NOVELLI | Dodici giovani attori/danzatori/cantanti seduti in cerchio nell’area del proscenio si lasciano guardare ed ascoltare mentre il pubblico prende posto in sala. Il luogo che li accoglie sembra sospeso nel nulla. In un nulla-infinito che tradisce echi ancestrali. Appartengono a loro le voci e i corpi sui quali Mariangela Gualtieri ha scritto la sua drammaturgia e Cesare Ronconi ha ideato la sua regia. Appartengono a loro e alla loro generazione i Giuramenti cui si allude nel titolo di questo ultimo lavoro del Teatro Valdoca (www.teatrovaldoca.org) in programmazione al Vascello di Roma nelle sere scorse. Sono giuramenti solenni, rituali, quasi sacri. Ma parlano di oggi. Con un dire lirico che è anche e volentieri materico, concreto, violento.

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Gli interpreti hanno volti truccati, segni rossi sul collo, pelle chiara, casacche nere stilizzate di cui spesso si disfano per mostrare la carne. Eleganti, efebici, guerreschi, femminei, lunari, a tratti clownistici, a tratti robotici, essi sono un Coro compatto di vibrazioni fisiche e sonore (“una voce di voci, un corpo di corpi”, li definisce l’autrice). Recitano insieme. Danzano insieme (la drammaturgia del corpo è a firma di Lucia Palladino). Cantano insieme. Ogni tanto qualcuno di loro si distacca dal gruppo per avvicinarsi agli spettatori e diventare poeta. Declamatore. Oratore. Ma le sue parole sono le parole di tutti. Perché non sembra esserci differenza tra l’insieme e l’unicità. Il primo giustifica la seconda e viceversa. Ne deriva un continuum di quadri fortemente simbolici e apparentemente astratti dove in gioco c’è la vita, con la sua tensione verso il futuro. Ci sono le contraddizioni di un oggi troppo spesso deprivato di umanità e realtà. C’è l’amore, con la sua energia propulsiva. Il bisogno di infinito, di mistero, dell’altro, del divino. C’è la presenza imprescindibile della Natura e dei suoi segni, esemplificati soprattutto nei pochi oggetti scenici presenti: bastoni lignei, un gong metallico, cerchi di ferro, un sarcofago/giaciglio in ferro scolpito da Francesco Bocchini e posto di lato.

Non è un caso, d’altronde, che lo spettacolo abbia preso forma nel corso di un laboratorio di tre mesi svoltosi all’Arboreto-Teatro Dimora di Mondaino. La sua genesi e la sua ragion d’essere risiedono dunque in uno stare e vivere insieme (tanto più in un luogo immerso nella natura) che è giuramento esso stesso. Scrive Gualtieri: “È difficile, fuori dai versi, dire l’eccellenza creativa di questo tempo vissuto insieme e mi sembra che Giuramenti la condensi e la trasmetta, attraverso la scrittura registica di Cesare e l’impegno massimo di noi tutti. È nata un’opera teatrale molto energica, scalciante, ma anche piena di tenerezza, di preoccupazione e affetto per il mondo e tutto ciò che lo popola. Un gigantesco giuramento d’amore al teatro, all’arte, a ciò che più ci tiene vicini e vivi”. Il laboratorio come cammino comune e creativo è d’altronde sempre stato contenitore propedeutico ad ogni allestimento del duo romagnolo. Un viaggio lungo, grazie al quale ci si incontra e ci si conosce. Poi si va in scena. E poi ci si lascia. Allora viene da pensare che questa nuova produzione della compagnia di Cesena voglia caparbiamente riagganciare un legame stretto con i suoi primi importanti lavori (cito, tra gli altri, Ruvido umano, Cantos, Antenata, Ossicine, Fuoco centrale). Con la modalità di un’espressione artistica quasi arcaica, che intende dare senso (concettuale e scenico insieme) ad uno spazio/tempo performativo concepito come ‘oikos’, luogo in cui si radica la vita. Come recinto sacro in cui ripercorrere l’umano e con esso l’essenza, le origini stesse del teatro.

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Al contempo, però, la scrittura di Mariangela Gualtieri  (di cui più volte PAC si è occupato per i recenti assoli Bello mondo. Rito sonoro e Porpora ), la sua poesia così puntuale, corposa, viscerale e spalancata sul mondo entra nella tessitura del lavoro come vi è entrata quando la poetessa/attrice era da sola in scena a ‘dirla’. Sebbene disseminata in più voci, questa poesia di Giuramenti riecheggia, in particolare, la visionarietà profetica di Sermone ai cuccioli della mia specie e, a mio parere, alcune immagini delle liriche raccolte nei volumi Le giovani parole e Bestia di gioia. In questo spettacolo si tratta di versi solo all’apparenza bui. In realtà le paure, i sogni, le preghiere, i giuramenti di questi ventenni odierni e di sempre (“[…] Abbiamo più di cent’anni […]”, recitano all’inizio), sebbene compassati e assorti, promanano un’energia positiva, vitale, rivoluzionaria (“[…] Avere in me il seme della tempesta, della rivolta […]”). Dicono e danzano una preghiera tumultuosa sull’esistenza e all’esistenza: “[…] Cerchiate la vita. Fateci un segno in alto […]”.

Nel tappeto sonoro di note, suoni, sibili, rumori che accompagna i movimenti coreutici e nelle luci ocra, rosse e blu scure che lo stesso Ronconi cuce addosso ai diversi passaggi della performance, si dipana insomma sotto i nostri occhi un lamento di voci e di corpi che è anche canto di gioia, augurio appassionato. Resta a tratti la sensazione di assistere a un’opera forse troppo diluita, separata (lontana) dal ‘moderno’, dal facile, dal veloce. Ma proprio in questo tempo altro e lento di un teatro carico di sacralità, può trovare casa la parola della Gualtieri (qui con inserzioni di Victor Cavallo e di due poeti polacchi, Czesław Miłosz e Zbigniew Herbert) e può ancora rifulgere una bellezza antica che impegna il pubblico ad un ascolto assorto. Ad uno sguardo ‘extra-ordinario’ sulla gioventù. E dunque sul mondo.

GIURAMENTI

regia, scene e luci Cesare Ronconi
testo Mariangela Gualtieri
drammaturgia del corpo Lucia Palladino

con Arianna Aragno, Elena Bastogi, Silvia Curreli, Elena Griggio, Rossella Guidotti, Lucia Palladino, Alessandro Percuoco, Ondina Quadri, Piero Ramella, Marcus Richter, Gianfranco Scisci, Stefania Ventura

cura e ufficio stampa Lorella Barlaam
guida al canto Elena Griggio
costumi Cristiana Suriani
proiezioni Ana Shametaj
collaborazione luci Stefano Cortesi
service audio Andrea Zanella/ Michele Bertoni
costruzioni in legno Maurizio Bertoni
scultura in ferro Francesco Bocchini

produzione Teatro Valdoca
con la collaborazione di L’arboreto-Teatro Dimora di Mondaino,
Teatro Petrella di Longiano

con il contributo di Regione Emilia-Romagna, Comune di Cesena,
Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna

Foto Maurizio Bertoni

Teatro Vascello di Roma, 21- 25 marzo 2018