LEONARDO DELFANTI | Esistono due tradizioni a noi pervenute della discesa di Orfeo agli Inferi. La prima, narrata da Erodoto ed Euripide, racconta che, nell’impresa per strappare l’amata Euridice all’oblio della dimenticanza, Orfeo non si volta guardarla durante l’ascesa, rispettando il patto stretto con Ade e riuscendo, così, a riportare Euridice sulla terra dei vivi. Una seconda tradizione, già presente a Virgilio, ben più nota e tramandata, vede l’eroe contravvenire al patto divino prima di riportare l’amata alla luce del sole.

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Foto Eugenio Spagnol

A I Teatri del Sacro Stabat Mater, concepito da Antonella Talamonti per i sei cantori della compagnia Faber Teater, ci invita a comportarci come il primo Orfeo: a non tradire il patto verso cui l’arte tende, a non cercare la luce ma a farci avvolgere, inebriare dall’oscurità per poter poi risorgere, guidati solo dal canto.
A inizio spettacolo Antonella Talamonti, compositrice e musicista, dopo aver raccontato brevemente la sua trentennale ricerca sulla tradizione del canto durante il periodo della Settimana Santa in Italia, invita il pubblico a chiudere gli occhi e, dopo un minuto di silenzio, volto a immergere lo spettatore all’interno dello spazio sonoro, ad ascoltare.
La chiesa dei SS Vincenzo e Anastasio prende vita. Dalla cripta all’altare, dalle navate laterali al corridoio centrale, dallo stesso marmo travertino lo spettatore viene investito dall’urlo di dolore dei millenni, tramandato oralmente attraverso le processioni che ancor oggi in tutto il sud Italia, hanno luogo.
Latino, sardo, Arbëreshë (lingua degli albanesi trapiantati in Italia dal XV sec.) siciliano e italiano, grazie alla tradizione liturgica, si uniscono per poter dar voce alla chiesa, affinché il suono proveniente da lingue di mondi diversi possa gridare lo scandalo della morte, nell’immagine del mistero e della comunione immediata del sacro con la natura.
Avviene così che durante la performance il tempo si dilati. Lo spettatore abbandona il senso della vista, la sua stessa individualità, permettendo al canto di indicargli le coordinate spaziali, le vibrazioni da seguire, le emozioni da percepire per accedere al dolore collettivo. Dalle tenebre smisurate ed eccessive della morte alla luce del desiderio purificato dal rito, insieme all’arte.
Stabat Mater si chiude in processione, invitando tutti coloro che hanno ascoltato a uscire dalla chiesa attraverso la “porta del suono”, per riprendere la vista e tornare al desiderio di vivere. Questo era il compito di Orfeo: riportare Euridice al giorno, riportarla alla luce insieme alla sua arte, purificata dal dolore.

Un secondo spettacolo durante I Teatri del Sacro riflette sul ruolo purificatore del canto: Piccoli Funerali di Maurizio Rippa (voce) e Amedeo Monda (chitarra).
Nato dalle suggestioni di Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters e di Cartoline dai Morti di Franco Arminio, realizza una vera e propria serie di funerali. Come in un rituale, si narrano in prima persona tante piccole morti per poi accompagnarne lo spirito nel canto.
In Piccoli Funerali non siamo invitati a fonderci con la collettività per farci carico del dolore della storia, è lo stesso Maurizio Rippa che, con tocco ironico e delicato, tratteggia la bellezza di una vita compiuta che non può più aver luogo ma non è per questo insensata.

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Foto Eugenio Spagnol

Una serie di ritratti intima e vasta  come la sensibilità dell’autore si chiude con un invito da parte dello stesso a farsi carico, solo se voluto, di un ulteriore funerale: quello della persona amata dallo spettatore. Si svolge così una processione magica nella quale ogni singolo individuo abbandona il ruolo di pubblico per demandare a Rippa il suo dolore, per poterlo trasformare in canto di gioia per la vita che fu.
Come un prete che celebra la messa, Maurizio Rippa accoglie il nome del defunto sussurrato al suo orecchio, facendosi carico del dolore, aprendo il suo spirito e la sua arte al mistero della fine.
Più che uno spettacolo Piccoli Funerali è un gesto d’amore per il mondo.

Orfeo si mostra ne I Teatri del Sacro per schiudere il senso della vita.
Grazie a Stabat Mater che fa discendere e risalire il pubblico agli Inferi e grazie a Piccoli Funerali, dove un singolo uomo può farsi carico del dolore dell’umanità.

STABAT MATER
Faber Teater e Antonella Talamonti

con Lucia Giordano, Marco Andorno, Francesco Micca, Paola Bordignon, Sebastiano Amadio, Lodovico Bordignon
musiche originali e drammaturgia musicale Antonella Talamonti
foto di scena Diego Diaz
organizzazione Chiara Baudino

PICCOLI FUNERALI
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di Maurizio Rippa
con Maurizio Rippa (voce), Amedeo Monda (chitarra)

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