LAURA BEVIONE | E se il protrarsi dell’emergenza COVID impedisse il ritorno alla normale attività dello spettacolo dal vivo e gli artisti fossero dunque costretti a rinunciare a esercitare la propria professione, che non consiste semplicemente nell’esibire doti e talenti non ordinari quanto nell’instaurare relazioni creative e sensibili con l’altro – compagno di palcoscenico e spettatore?
Un’ipotesi purtroppo non peregrina in questi mesi di costante incertezza e, nondimeno, innesco di una propositiva reazione creativa da parte di Balletto Civile, la compagnia di danza-performance fondata da Michela Lucenti.

La danzatrice-attrice-coreografa ha immaginato di collocare se stessa e i suoi performer-complici ciascuno in una casetta di plastica trasparente, quelle mini-serre in cui conserviamo dal gelo le nostre piante nei mesi invernali e che qui si tramutano in teche museali. I danzatori diventano così statue in movimento, installazioni vive e pulsanti che ricercano lo sguardo e l’incontro con il visitatore/spettatore, l’unico che può garantirne la sopravvivenza. Cosa resta, infatti, di un performer se gli è impedito di confrontarsi con un pubblico? La clausura in una serra, la crio-conservazione in attesa di tempi migliori?
Lucenti ha chiesto a ciascuno dei suoi artisti, differenti per personalità, talento, fisico, età, di elaborare una riflessione danzata/performata partendo dal proprio immaginario e dalla propria sensibilità e ha poi limato, ordinato, cucito le singole proposte in una drammaturgia policroma e tuttavia stringente, attraversata da un disegno sonoro discreto eppure determinante.

Le dodici teche/casette – dotata ciascuna di un microfono e specificatamente illuminata – sono disposte in maniera solo apparentemente casuale nello spazio aperto, il cortile dell’Ex Ceramica Vaccari, l’area ex industriale dell’entroterra spezzino dove si è svolta un’edizione necessariamente “speciale” del Festival Fisiko, organizzato dall’Associazione Scarti e, appunto, da Balletto Civile.

Al pubblico, accolto da un anfitrione in divisa rossa con bordi dorati, non sono volutamente date indicazioni sulle “modalità di fruizione” della performance-installazione, offrendogli così una libertà cui, forse, non è abituato e che, almeno inizialmente, pare disorientare alcuni.
Per quanto, come accennavamo, la disposizione delle casette sia tutt’altro che casuale ma ricalchi una sorta di itinerario contenutistico-emozionale, con minimi ma significativi rimandi da una teca all’altra, da un performer all’altro, agli spettatori è offerta la possibilità di muoversi liberamente nello spazio e di crearsi la propria, personalissima, versione dello spettacolo.
È legittimo partire dalla prima casetta così come dall’ultima, quella in fondo al cortile; è legittimo sostare per tutta la serata di fronte a un’unica casetta per sorprendere le minime variazioni nella performance, della durata di circa cinque minuti, ripetuta in loop dal performer, salvo alcuni momenti di quasi onirica sospensione, contraddistinti dal prevalere della musica e dal radicale variare delle luci.
Lo spettatore può trascurare alcune teche ovvero tornare più volte di fronte ad altre; può diligentemente seguire la disposizione nello spazio ovvero saltare da una casetta all’altra assecondando umori e predilezioni affatto personali.
Qualunque sia la modalità scelta per seguire la performance, quella che davvero viene richiesta allo spettatore è una piccola ma significativa assunzione di responsabilità: voyeur certo, ma attivamente consapevole.
Al pubblico è implicitamente domandato di compiere delle scelte, a controbilanciare almeno in parte la parallela, significativa, assunzione di responsabilità compiuta dai danzatori di Balletto Civile che, mettendosi ancora e comunque in scena, evidenziano e rivendicano la necessità dell’arte nella società degli uomini.

Ecco, allora, che ciò che i performer creano in ciascuna teca non è pura esibizione di tecnica né distaccata rappresentazione, bensì dolorosa e catartica restituzione di un’esplorazione della propria anima. Un mettersi a nudo, sincero ed estroverso, di fronte allo spettatore, cui è tuttavia richiesta un’analoga schietta disponibilità a farsi attraversare almeno per un attimo da quelle storie, da quei sentimenti…

L’impossibile angelo nero e la madre/fata/strega che tiene accanto a sé una volpe imbalsamata; il commediante con bianca gorgiera che è sinistro Arlecchino e il fanciullo/uomo che non riesce a restituire la libertà al mega-orsacchiotto Teddy; la donna in giallo che della vita ha conosciuto solo il lato oscuro e lo struggente ballerino in candido tutù incapace di abbandonare il palcoscenico; l’anziano in completo viola e il giovane esploratore in rosso…
Coreografie che i pochi metri quadrati delle teche rendono forzatamente minime e, tuttavia, esplicitamente simboliche; per alcuni performer qualche battuta accuratamente distillata; una melodia ripetuta ed estraniante.

Un “museo” all’aperto ancora vivo e palpitante, che proclama con poetica fermezza il proprio diritto a esistere, ricordando agli spettatori come la propria sopravvivenza dipenda da loro: siamo proprio sicuri che soltanto la chimica farmaceutica possa guarire il nostro mondo malato e che, trovato il vaccino, riconquisteremo intatta la nostra umanità? Non è vero, invece, che questa debba essere costantemente coltivata, accarezzata dalle mani sapienti dell’arte?

I performer di Balletto Civile, sudando e imparando a gestire il proprio respiro che, inevitabilmente, appanna le pareti della casetta, ci chiedono di guardarli e di ascoltarli, così da impedire il loro – e il nostro – lento ma inesorabile soffocamento…


M.A.D. – Museo Antropologico del danzatore

ideazione Michela Lucenti
collaborazione creativa Maurizio Camilli, Emanuela Serra, Alessandro Pallecchi
disegno sonoro Guido Affini, Tiziano Scali
interpreti Faustino Blanchut, Maurizio Camilli, Loris De Luna, Asiz El Youssoufi, Francesco Gabrielli, Maurizio Lucenti, Michela Lucenti, Alessandro Pallecchi, Matteo Principi, Emanuela Serra, Giulia Spattini, Natalia Vallebona
produzione Balletto Civile; in coproduzione con Festival Oriente Occidente, Festival Fisiko, Associazione Ultimo Punto/festival Artisti in Piazza Festival Pennabilli

 

Cortile Ex Ceramica Vaccari, Santo Stefano Magra (SP)
22 agosto 2020