ROBERTA RESMINI | Partecipare agli eventi proposti nell’ambito del festival L’ultima luna d’estate è garanzia di qualità: le scelte artistiche sono sempre di spessore e il contesto naturale nel quale si calano rappresenta la cornice ideale in cui assaporare belle serate di arte e cultura.
Il festival di teatro popolare di ricerca organizzato da Teatro Invito con la collaborazione del Consorzio Brianteo Villa Greppi ha portato anche quest’anno grandi nomi del mondo dello spettacolo e compagnie emergenti attraverso cascine, agriturismo, ville e parchi brianzoli, animati da spettacoli teatrali, musica, degustazioni e passeggiate letterarie.
Per la XXIII edizione, alla riapertura dei teatri dopo il lungo lockdown, gli organizzatori del festival hanno azzardato un titolo coraggioso: L’arte è il vaccino dell’anima. Dalle parole del Direttore Artistico Luca Radaelli: «Tutti ci auguriamo che si trovi presto un vaccino: noi proponiamo una cura fatta d’arte, cultura, bellezza da inoculare nel nostro corpo sociale, per prevenire i mali dell’anima».

Tra le numerose proposte, decidiamo di seguire la serata di lunedì 31 agosto con Luna Crescente.  Il contest è rivolto a compagnie under 30 che mostrano 20 minuti di un loro lavoro; i protagonisti, di questa seconda edizione sono Giulia Cerruti, Francesco Garuti e Debora Benincasa, tre promettenti artisti che presentano un estratto del loro lavoro da sottoporre alla giuria del pubblico.
Apre la serata Antigone. Monologo per donna sola. Lo spettacolo, prodotto e interpretato da Debora Benincasa (Anomalia Teatro), propone la rappresentazione in chiave attualizzante dell’opera di Sofocle.


La vicenda è fedele all’originale: Antigone ripercorre la storia della sua famiglia segnata dal fato e dall’odio fino al momento in cui sacrifica se stessa disobbedendo alla legge del nuovo re di Tebe, Creonte, per dare degna sepoltura al fratello Polinice, accusato di aver tradito la città.
Con un abbigliamento sobrio – un vestito nero – e una scenografia essenziale – solo un cilindro bianco posto al cento del palco, una sorta di podio da cui l’attrice sale e scende a seconda delle esigenze sceniche –, il monologo travolge lo spettatore grazie alle scelte registiche di Amedeo Anfuso e alla potenza recitativa dell’interprete, in grado di spiazzare il pubblico con repentini cambi di registro e di tono. L’attrice dialoga con il pubblico preparandolo alle scene successive. Ciò che emerge è il personaggio di un’Antigone adolescente, appassionata, forte e risoluta nella sua scelta di morire. L’opera greca scompare, rimane solo lei e quanti, come lei, hanno deciso di lottare fino in fondo per i propri ideali.
Lo spettacolo, forse per la rivisitazione in chiave moderna e tragicomica di una tragedia greca, forse per la forza dirompente del personaggio stesso, ha conquistato il favore del pubblico che lo ha premiato: la versione completa sarà nell’edizione 2021 del festival.


Qualche minuto di pausa e ci ritroviamo catapultati nel settembre del 1943. Con Nelly. Qualcuno dell’Emilia Francesco Garuti ci racconta una storia vera ambientata negli anni più duri della Seconda Guerra Mondiale: siamo in una famiglia di sorelle partigiane e la storia è filtrata dagli occhi di Nelly, una ragazzina di tredici anni troppo giovane per unirsi alle sorelle nelle lotte di Resistenza.
Garuti, camicia bianca e pantaloni casual, riesce a rapire con intensità di espressione l’attenzione del pubblico ed è in grado di esibire una buona varietà di accenti, dialetti e vocalità per rappresentare i personaggi che popolano l’universo di Nelly: i venditori del mercato nero, il padre della ragazzina, Pippo, l’aereo che sorvola le campagne e le città alla ricerca di uno spiraglio di luce per bombardare. C’è profumo di racconti della nonna nelle canzoncine popolari che vengono cantate e nelle storie che vengono narrate. Garuti ha preso infatti ispirazione proprio dai racconti della nonna, affiancando alla drammaturgia un’approfondita documentazione presso l’Istituto Istoreco di Reggio Emilia.
Sicuramente uno spettacolo che merita di essere portato in giro, perché ricordare è un atto che restituisce verità alla Storia e, quando lo si fa con delicatezza e leggerezza, nonostante la drammaticità del tema, l’obiettivo è centrato.

Un’ultima pausa ci traghetta verso la terza proposta di Luna Crescente. Giulia Cerruti (Crack24) ci strappa fin da subito la risata con il suo Monologo di Donna con salsiccia, sia per come si presenta in scena, con un pigiamone rosa maialino, decisamente ingombrante per la sua figura, sia per le prime battute con le quali esordisce: «Se questo spettacolo si fosse chiamato “Monologo di donna che parla per quarantacinque minuti di morte” non sarebbe venuto nessuno. Invece ho messo la parola salsiccia nel titolo, perché quando si parla di salsiccia non si può non correre a vedere cosa succede».
E così, tra una risata sulle prese in giro di quando era bambina da parte dei suoi compagni di classe, la rievocazione delle notti insonni trascorse nella paura che le parole delle terribili ninne nanne per bambini diventassero realtà, le sedute dal terapista per superare la paura della morte, ecco che i venti minuti di trailer svaniscono in un batter di ciglio.
Giulia Cerruti affronta una sfida davvero difficile: fare comicità e far ridere sulla propria vita, partendo dalle prese in giro e girandole in punti forza. Un plauso al coraggio di affrontare con autoironia certi mostri del passato che segnano le nostre vite. E un grande in bocca al lupo perché questo spettacolo possa trovare i canali per esprimersi al meglio.

Con la serata di giovedì 3 settembre si torna a respirare gli odori della natura. Siamo alla cascina Galbusera Nera, nell’incantevole cornice dell’agriturismo La Costa, dove Teatro Invito presenta Le mele di Kafka.
Ciò che inizialmente colpisce è l’elegante allestimento preparato dallo staff dell’agriturismo:  tavolini in legno predisposti sul terrazzamento dei vigneti, vasetto di fiori di campo su ogni tavolo, un calice di vino servito quasi subito, davanti a noi un panorama di rilassante bellezza, dietro di noi le vigne.

Luca Radaelli ci legge alcuni brani tratti da romanzi dell’autore bellanese Andrea Vitali, alternandosi allo scrittore che si fa narratore degli aneddoti gustosi che stanno dietro le sue invenzioni letterarie. Gustosi è proprio l’aggettivo giusto, perché protagonista di queste storie è il cibo, semplice e popolare, profondamente legato alle radici lombarde e lacustri di Vitali. Una narrazione sanguigna al limite della brutalità con un substrato di ironia che Radaelli sa sapientemente mettere in risalto in una lettura divertente e appassionata. Andrea Vitali, scrittore pluripremiato, si presenta al pubblico in modo semplice, rustico, fiero delle sue origini. Il suo italiano, intercalato da qualche parola dialettale, riprende il modo di parlare dei protagonisti dei suoi racconti. Con lui ascoltiamo le vicende di suo zio Esilio, della zia Lina, di Evangelia e Agostino, dell’amica Ermelinda nell’esilarante storia che dà il titolo a uno dei suoi romanzi, Olive comprese (non vogliamo però svelare qui il mistero che sta dietro queste olive!).

L’appuntamento si chiude con l’aperitivo preparato dall’agriturismo La Costa. Buono, genuino, che scalda anima e corpo (siamo in aperta campagna e le temperature di fine estate iniziano a farsi sentire).


L’ultima tappa di PAC all’edizione 2020 del festival ci porta al Chiostro di San Giovanni a La Valletta Brianza. Quale luogo migliore per ospitare il Cantico dei Cantici nell’adattamento e regia di Roberto Latini?
Latini attende il pubblico disteso sulla panchina verde al centro del palcoscenico, cuffie ingombranti alle orecchie, trucco ostentato. Dietro la panchina una cornice a quadro, quasi finestra, un microfono e un telefono. L’inizio è segnato da un azzeccato gioco scenico: il personaggio si alza e, con lui, una musica di sorda sonorità. Riconosciamo Every you and every me dei Placebo, ma quello che temiamo essere un guasto acustico è invece un ingegnoso effetto di soggettiva e quando l’attore si cala le cuffie il volume esplode nella sua elettrica potenza. Siamo nella sua testa per assistere all’accavallarsi di parole, versi, emozioni. Si alza, guadagna il quadro, l’insegna On Air si accende e l’attore-dj inizia a scandire i versi di uno dei più misteriosi e sensuali fra i testi biblici. Latini fa emergere con veemenza ed energia carismatica la fortissima carica erotica e pulsante che è all’origine del testo biblico. Incarna una sensualità palpabile, allo stesso modo in cui acquisiscono consistenza materiale anche il suono, la voce, la musica che entra ed esce dalla sua testa.
Lo spettacolo è vincitore del Premio Ubu 2017 come miglior progetto sonoro. La musica, le luci, la presenza allo stesso tempo delicata e prorompente dell’attore, fanno del Cantico dei Cantici un inno alla bellezza, un vortice di passione, astrazione, concretezza e sensualità. Uno spettacolo forte, da metabolizzare nel tempo, che trova il consenso del pubblico che si abbandona a diversi minuti di applausi.

Il bilancio del festival è molto positivo e i numeri parlano chiaro: oltre duemila i biglietti venduti, un numero molto alto considerata la riduzione della capienza delle sale per via del distanziamento imposto dal periodo. I dati confermano il grande desiderio di ritorno al teatro dopo il difficile inizio del 2020.
E se la strada per il vaccino è ancora lunga, godiamoci queste pillole di arte che sono un vero toccasana per lo spirito


ANTIGONE Monologo per donna sola

di e con Debora Benincasa
regia di Amedeo Anfuso

NELLY Qualcuno dell’Emilia
di e con Francesco Garuti

MONOLOGO DI DONNA CON SALSICCIA
di e con Giulia Cerruti

LE MELE DI KAFKA
con Andrea Vitali
letture di Luca Radaelli

IL CANTICO DEI CANTICI
adattamento e regia di Roberto Latini
con Roberto Latini
musiche e suoni Gianluca Misiti
luci e tecnica Max Mugnai
produzione Roberto Latini/Fortebraccio Teatro

FESTIVAL L’ULTIMA LUNA D’ESTATE
Direzione Artistica Luca Radaelli
27 agosto – 6 settembre 2020