RITA CIRRINCIONE | Festival internazionale aperto a diverse discipline – teatro, musica, danza, cinema, video, fotografia, arti visuali e performing arts – in una relazione fluida e dinamica, fuori da logiche di categorie, Mercurio Festival 2020 implementa quel dispositivo previsto dal concept originario ideato da Giuseppe Provinzano secondo il quale gli artisti di un’edizione diventano direttori artistici dell’edizione successiva: i diciassette protagonisti di Mercurio 2020 – dal 25 settembre al 3 ottobre, ai Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo – sono stati scelti dai partecipanti della prima edizione del 2019 mentre Babel ha mantenuto la curatela della rassegna e ha affiancato gli artisti nella scelta dei progetti.
L’idea che un artista passi il testimone a un collega nel cui percorso artistico si riconosce, oltre a innescare pratiche di riconoscimento, di condivisione e di sostegno poco frequentate nel mondo dello spettacolo, renderebbe meno autoreferenziale e cristallizzato il sistema-festival: la direzione artistica “plurale”, con l’immissione di sempre nuovi e imprevedibili contributi provenienti da una molteplicità di voci, di edizione in edizione, necessariamente scongiura le acque stagnanti di certe rassegne e le ben note derive di potere e di controllo delle gestioni “monocratiche”.
Al di là di tutto, a questo Mercurio in tempi di pandemia – come a tutti i festival post lockdown che si sono svolti altrove con grande impegno creativo – va il merito di liberarci dalla “maledizione del video” (il 70% della partecipazione sarà in presenza) e di riportarci nella fisicità di un luogo reale e nella pregnanza sensoriale dei corpi vivi.
Giuseppe, sembra che lo stop forzato causato dalla pandemia, il disorientamento e il senso di stasi che ne sono seguiti – specie nel mondo del teatro e dello spettacolo – quasi per contrasto abbiano prodotto in te una forte spinta a “fare”: eccoti pronto alla sfida della seconda edizione di Mercurio Festival subito dopo l’impegnativo tour di (comu veni) Ferrazzano. Com’è andata la tournée? Ci vuoi raccontare brevemente?
Ho appena concluso a Catania il tour e devo dire che il bilancio non può che essere positivo. Il lockdown ha annullato a Babel circa trenta recite, rimandato tour, debutti, recite per le scuole, progetti di nuove produzioni, e il futuro della prossima stagione non è affatto roseo. Come non lo è per la maggior parte dei lavoratori dello spettacolo. Un disastro insomma. Riuscire a mettere insieme un tour di 15 date in questo disastro è un’eccezione della quale non posso che essere felice. Abbiamo dovuto ripensare e riprendere un lavoro che ha avuto una sua genesi molto particolare rispetto al nostro percorso di ricerca e produzione ma che nell’attuale stato delle cose si è rivelato il progetto ideale per ripartire.
(comu veni) Ferrazzano – un esperimento scenico in cui narrazione, cunto e performance si intrecciano per restituire la figura di Ferrazzano, alter ego scaltro di Giufà, presente in molti cunti del grande etnologo siciliano Giuseppe Pitrè – è il secondo capitolo della trilogia “P3_coordinate popolari” che Babel ha co-prodotto cogliendo la sfida del Museo Internazionale delle Marionette Antonio Pasqualino di ripensare il patrimonio tradizionale di Pitrè in chiave contemporanea.
Non era prevista una tournée di Ferrazzano ma lo spettacolo ha delle caratteristiche che lo rendono unico e un allestimento tecnico molto semplice capace di sopperire alle difficoltà delle tante coraggiose programmazioni che ci hanno accolto. Nonostante le insidie sempre in agguato (è saltata una recita ad Aidone in provincia di Enna, all’interno del Cromosoma Festival, per dei casi di positività in paese che hanno indotto le autorità a sospendere tutto 48 ore prima dello spettacolo), abbiamo scoperto una Sicilia teatrale “minore” con un potenziale enorme e con un bel pubblico, curioso e attento: alcuni dei Festival che ci hanno accolto, per capacità e competenze, nulla hanno da invidiare ai migliori festival italiani.
Il tour di Ferrazzano ha avuto anche un valore simbolico drammaturgicamente inteso: in un momento epocale che ha azzerato ogni nostra certezza ripartire con un esperimento scenico che gode della tradizione popolare dalla quale proveniamo e si struttura con un approccio performativo e contemporaneo, ci ha restituito le coordinate di questo nuovo inizio.
Torniamo a Mercurio Festival. Immagino che la seconda edizione del festival non fosse poi così scontata. A un impianto già complesso, con un programma frutto delle scelte di diversi artisti di varia provenienza, quest’anno si sono aggiunti le criticità dovute alla pandemia e i limiti imposti dalla normativa anti-Covid. Quali sono stati gli ostacoli maggiori che avete dovuto superare?
Avevamo iniziato a confrontarci con gli artisti della scorsa edizione sin da subito. Il meccanismo innovativo del Mercurio Festival che permette a ciascun artista dell’edizione precedente di invitarne un altro per quella successiva ha prodotto tanta curiosità per chi ci seguiva e un grande entusiasmo per chi si stava prodigando a rendere concreta questa idea. Da gennaio 2020 poi avevamo iniziato a fare sul serio: il confronto con gli artisti era continuo e stavamo già sviluppando le diverse motivazioni per gli inviti dei 17 artisti quando il lockdown e tutte le criticità che hanno bloccato lo spettacolo dal vivo ci hanno fatto piombare nella totale incertezza e fatto congelare questo processo di selezione in corso. In cuor nostro però abbiamo sempre coltivato la speranza e studiato la possibilità di ripartire proprio dal Mercurio Festival, la nostra creatura più giovane, per dare un segnale forte e restituire continuità a questo progetto unico nel suo genere. Quando si sono aperte le maglie di una possibile riapertura abbiamo immediatamente ripreso i contatti con gli artisti della scorsa edizione e formalizzato gli inviti.
Ci è venuta in soccorso l’indicazione di base per cui gli artisti invitano altri artisti e non specificano progetti particolari lasciando a Babel/Spaziofranco il compito di curare possibilità, modalità, opportunità con chi ha raccolto l’invito. Gli ostacoli sono noti ma con ogni artista abbiamo cercato di immaginare nuove soluzioni: alcuni spettacoli saranno in presenza, altri meno, altri per niente. Abbiamo prodotto eventi ex novo e lavorato ad allestimenti specifici e/o leggeri per rispondere alle esigenze del festival ma ogni artista di questa edizione sarà presente con un suo lavoro, in un modo o nell’altro, e comunque nel migliore dei modi possibili. Facendo di necessità virtù.
La tecnologia, che tanto è stata protagonista in questi mesi, ci ha permesso nuove immaginazioni così come la varietà multidisciplinare del Festival ci ha restituito una gamma di possibilità tutte molto particolari. Abbiamo ragionato su un concetto semplice ma per nulla scontato: non è necessaria “la presenza dell’artista”, è necessaria la presenza della sua arte: è attraverso l’arte che ci si può definire tali. Chi non potrà essere presente per i più svariati motivi lo sarà comunque perché la sua arte animerà Mercurio.
Abbiamo visto il programma definitivo di Mercurio 2020 prendere forma man mano che gli artisti dell’edizione 2019, attraverso dei video pubblicati progressivamente sui social, hanno rivelato l’artista/gli artisti a cui passare il testimone. Per chi ha seguito la prima edizione del festival assistere a questo inconsueto spreading artistico è stato molto appassionante. E per te che ne sei l’ideatore? Che effetto ti fa assistere al processo di trasformazione di questa “tua creatura”?
Altrettanto entusiasmante, anzi, mi verrebbe quasi da dire (ridendo) che non vedo l’ora che finisca il festival per potermi proiettare nella prossima edizione con nuovi inviti per nuovi artisti. Inutile nascondersi: una dinamica del genere ha i suoi rischi che non so in quanti correrebbero ma la sfida per un festival diverso va colta sino in fondo.
Nessuna interferenza nelle scelte da parte di Babel/Spaziofranco: abbiamo solo cercato di metterci in ascolto e di partecipare a una riflessione condivisa affinché dietro a ogni invito ci fosse un pensiero, una motivazione, in continuità o discontinuità, ma sempre con una assunzione di responsabilità. Sono molto soddisfatto del programma che ne è scaturito e per l’affezione e la serietà dimostrata da tutti gli artisti dell’edizione precedente. Conoscere le differenti motivazioni che ognuno di loro ha voluto declinare nel formulare l’invito mi ha permesso di conoscere ancora meglio gli stessi artisti della scorsa edizione.
Qual è il tuo rapporto con le scelte fatte dagli artisti che a suo tempo hai scelto e come stai vivendo il cambio di ruolo da direttore artistico a curatore?
Dirigo (e mi piace farlo) quando lavoro da regista, ma non tengo particolarmente ad assumere il ruolo di direttore artistico, soprattutto se classicamente inteso: all’azione del “dirigere” e al decisionismo che vi è connesso preferisco la pratica del “dare una direzione”. Mi affascina molto la capacità di guardare alle direzioni (artistiche e culturali) di un progetto che vuole crescere. Dare una direzione (e non dirigere) e prendersi cura sono due pratiche molto diverse e ti pongono in due diverse posizioni nei confronti degli artisti e dei loro progetti. La cura necessita di un’apertura mentale e progettuale capace di accogliere, di confrontarsi, di relazionarsi e mutarsi. Credo che questo sia già un tema sul quale potremmo discutere a lungo.
Per Mercurio Festival parliamo di curatela, un processo che inizia dalla scelta dei “nuovi artisti” da invitare. Come già detto, mi sono messo in ascolto degli artisti che dovevano scegliere: alcuni sin da subito hanno avuto le idee molto chiare, altri mi hanno voluto coinvolgere nella scelta prospettandomi una rosa di nomi che stavano immaginando. Una volta formulato l’invito, il fatto di dovermi relazionare con artisti che magari non conoscevo nemmeno, mi ha portato a studiare i loro percorsi e i loro progetti e quindi ad approcciarmi a loro con attenzione. Curo molto il fatto che colgano lo spirito e la particolarità del festival, che non si sentano solo degli ospiti ma che rimangano coinvolti nel festival. Allo stesso tempo cerco di entrare con grande umiltà e dedizione nelle loro dinamiche progettuali affinché ciascuno sia certo di mostrare al meglio il proprio lavoro e la propria arte.
Quest’anno poi, per far fronte alle tante difficoltà causate dalla pandemia e ai limiti che il Covid-19 ci impone, la cura è stata necessariamente maggiore del solito, più di quanto si possa immaginare! Curando e partecipando alla creazione di progetti ex-novo o site specific, abbiamo ragionato su “piani A” ma prevedendo sempre dei “piani B”, per far sì che nessuno dovesse trovarsi nelle condizioni di rinunciare alla partecipazione. Una partecipazione differente, declinata, curata. Ma siamo solo all’inizio di questo progetto di festival! Vedremo tra qualche anno cosa sarà successo. Intanto è successo qualcosa di nuovo e speriamo che continui ad avere successo.
MERCURIO FESTIVAL
Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo
25 settembre – 3 ottobre 2020