EUGENIO MIRONE | Se si dovesse trattare in termini drammatici degli anni Settanta della storia del nostro Paese, sorgerebbero pochi dubbi sulla scelta del genere della tragedia come loro modello rappresentativo. T
utto inizia, come si legge in C’era una volta in Italia. Gli anni Settanta, saggio recentemente pubblicato da Enrico Deaglio per Feltrinelli, da una notte di sogni e speranze: era il 17 giugno 1970 quando gli azzurri batterono in semifinale ai Mondiali del Messico gli acerrimi rivali della Germania dell’Ovest in quel 4 a 3 passato alla storia come la “partita del secolo”. La gioia, però, si trasformò ben presto in una grande delusione in seguito alla sconfitta in finale con il Brasile di sua maestà ‘o rei’ Pelè. Fu una nota amara a conclusione di un primo atto in qualche modo anticipatore dei toni cupi dell’avvenire.
Il secondo tempo del decennio, infatti, è stato segnato dalla violenza e dalla paura, dagli scontri nelle piazze e dal movimento della controcultura. La decade si aprì nel segno della violenza con la madre di tutte le stragi, Piazza Fontana, e si concluse sotto la stessa costellazione con l’attentato alla stazione di Bologna. Nel suo ultimo atto ebbe luogo un’altra delle pagine più buie della storia del nostro Paese, una vera e propria tragedia nella tragedia ben più lunga dei canonici tre giorni descritti da Aristotele; furono i cinquantacinque giorni del sequestro Moro – dal 16 marzo al 9 maggio 1978 – conclusosi con l’assassinio del Presidente della Democrazia Cristiana.
Si dovettero attendere nuovi Mondiali, quelli giocati in Spagna nel 1982 e dai quali questa volta uscimmo vittoriosi, per liberarsi nell’urlo di Tardelli (che è stato il grido di tutta una Nazione), della paura e delle sofferenze che fino ad allora avevano attanagliato il cuore degli italiani.
Eppure, questo decennio resta in gran parte oscuro alla maggioranza delle giovani generazioni, principalmente a causa di quei celeberrimi programmi scolastici che di rado osano spingersi oltre l’insegnamento dei fatti relativi alla Seconda guerra mondiale.
E pensare che ci sono stati anni in cui si aveva paura a uscire di casa perché la violenza era all’ordine del giorno. Un’epoca in cui l’ordine delle cose non era accettato e la stessa idea di Stato era continuamente messa in discussione; tuttavia, milioni di giovani italiani oggi non ne sono minimamente consapevoli; oggi che quasi quotidianamente si punta il dito contro il loro smarrimento di coscienza, senza che la compagine degli adulti sia in grado di indicare soluzioni concrete al problema.
Sembra un paradosso perché invece negli anni Settanta erano soprattutto i giovani a lottare per diventare i protagonisti della Storia. Un anno su tutti fu il più caratteristico: il 1977, quando la voce di protesta dalla sede di una delle più note radio libere del Paese, Radio Alice, in via Pratello 41 a Bologna, raggiungeva i cortei studenteschi nelle piazze delle principali città oppure veniva convogliata in forma artistica nei personaggi iconici delle graphic novel di Andrea Pazienza.
Proprio dalla prima creazione del rivoluzionario fumettista marchigiano, Pentothal, prende il nome il nuovo progetto di Ruggero Franceschini presentato in occasione della quinta edizione della Settimana delle Residenze Digitali da poco conclusa. L’idea del progetto si sviluppa a partire dal 2023 intorno al tema della post-verità, ovvero sul grado di verità presente nell’informazione dell’era del capitalismo che sorveglia.
È una domanda che traccia un solco tra Novecento e nuovo millennio e che ha portato Franceschini a ricercarne i sintomi in quell’Italia della controcultura – culla della controinformazione – che passava attraverso le radio libere e la diffusione di una postura critica nei confronti del magma inaccessibile della notizia. Erano gli anni Settanta e in Italia Bologna rappresentava forse il luogo dove con maggiore forza tale esemplare atteggiamento si andava manifestando, sostenuto da un movimento universitario radicale e da una magnifica vitalità artistica di cui il padre stesso di Franceschini, Frank Precotto, fece parte.
Partendo da questa libreria di famiglia Franceschini ha lavorato alla creazione di un dataset per l’addestramento di un’intelligenza artificiale testuale, un ‘Large Language Model’ (LLM), a cui affidare la diretta radiofonica in cui consiste la performance. Radio Pentothal, infatti, è una stazione radio interattiva alimentata da un’intelligenza artificiale testuale in grado di creare contenuti visionari e onirici ispirati agli anni ‘70 italiani.
Ma Pentothal, oltre a un personaggio inventato da Pazienza per l’autore, è anche il “siero delle verità”, per questo motivo a ogni ascoltatore è consegnato un foglietto illustrativo contenente le avvertenze di cui è necessario essere a conoscenza prima di connettersi alla diretta. Alcuni dei sintomi per cui è consigliato l’utilizzo di Radio Pentothal sono: «sfiducia totale nei mass media e social media, sensazione di fallimento della democrazia, ecoansietà dovuta al collasso climatico, rabbia per la senescenza psicotica genocida della civiltà occidentale». Si invita a connettersi quando si è raggiunta la consapevolezza che la formazione delle opinioni, compresa la propria, è solo un prodotto della macchina mediatica su cui si regge il capitalismo della sorveglianza.
Il programma si apre con la registrazione in presa diretta del corteo funebre che segue la salma di Francesco Lorusso, studente di medicina presso l’ateneo bolognese e militante di Lotta Continua che nel pomeriggio dell’11 marzo 1977 venne colpito da un colpo di calibro 9 sparato da un carabiniere nel tentativo di dissolvere il corteo di protesta del movimento studentesco bolognese al quale Lorusso si era unito.
La notizia del suo omicidio diffusa da Radio Alice esaspera un clima già teso e sconvolge per tre giorni Bologna, tra scontri e barricate. Il 12 marzo, come scrisse Lucia Annunziata nel suo libro, «rimane ancora oggi il singolo giorno di maggiore violenza della storia d’Italia». Fu anche l’ultimo giorno di trasmissione di Radio Alice prima del suo sgombero da parte delle forze dell’ordine, nonché simbolicamente lo sfondo temporale della diretta radiofonica di Radio Pentothal.
Come da programma radiofonico, in studio si alternano interviste agli ospiti, musica e interventi degli ascoltatori, il tutto gestito da tre performer, Ruggero Franceschini, Paula Carrara e Angelo Callegarin, in dialogo costante con l’intelligenza artificiale che alimenta la diretta. Gli ospiti in studio sono personaggi appartenenti al quadro degli anni Settanta ricostruito dall’IA ai quali i performer donano voce e corpo. Il lavoro è svolto in primis da ChatGPT al quale vengono rivolte le domande degli intervistatori in forma di prompt; lo stesso meccanismo si applica per le domande rivolte dal pubblico al quale è garantita la possibilità di intervenire sia in chat sia chiedendo la parola.
Un’ora di diretta densa di spunti e riflessioni: si ragiona intorno al tema della futurabilità postulato da Franco Berardi detto Bifo, il leggendario leader settantasettino, ci si interroga su cosa sia il comunismo 4.0 (e se esistano il 2.0 e il 3.0) e sull’urgenza di una rivoluzione; ma si ascolta anche musica e poesia direttamente prodotta dall’IA, come questo haiku: l’amore è un virus / ricorda, siamo il virus / virus è amore.
Una delle ultime riflessioni riguarda proprio la radio e la sua funzione creatrice di un legame sociale. Dopodiché, come in un copione già scritto, la polizia irrompe in studio e la diretta s’interrompe. In quest’epoca ciò che unisce le persone e le coscienze è un pericolo, quantomai necessario, ma che pochi hanno il coraggio di correre.
Radio Pentothal è un progetto ambizioso che si serve delle immense capacità dell’intelligenza artificiale per costruire un archivio spaziotemporale interattivo. È possibile trasmettere la storia, quella fatta da donne e uomini in prima persona, specialmente quella di un decennio così focoso e vivo come furono gli anni Settanta, attraverso l’IA? Se l’operazione sommersa di ricerca brilla per accuratezza, ancora un po’ meccanica risulta la partecipazione dell’IA durante la diretta radiofonica vera e propria. In questo senso influisce il tempo fisiologico di composizione dei prompt. Già da ora, però, le funzioni di interazione vocale previste dai principali chatbot potrebbero rendere più snella e fluente la performance.
Resta comunque saldo il valore di un progetto che vive nel confine tra arte e storia e che apre anche il lavoro di studiosi, ricercatori e storici verso nuove frontiere da esplorare, si spera, anche in campo didattico. Si dice che il mondo oggigiorno cambi in maniera repentina, eppure basta varcare la soglia di una tipica scuola italiana per accedere a una dimensione sospesa nel tempo: chi può dire se i vecchi programmi ministeriali sopravviveranno anche all’avvento dell’intelligenza artificiale?
RADIO PENTOTHAL
concept e regia Ruggero Franceschini
drammaturgia Ruggero Franceschini e Sonia Antinori
con le voci di Alberto Baraghini, Angelo Callegarin, Paula Carrara, Claudia Gambino, Samantha Silvestri
sound design I Fidanzati della Morte
set design Kinga Kolaczko
foto Tommaso Girardi
creative developer Michele Cremaschi
tutor Marcello Cualbu e Anna Maria Monteverdi
con il supporto di MALTE, Sineglossa
un ringraziamento speciale a Bifo e Frank Precotto