MICHELE PECORINO / PAC LAB* | Ha debuttato il 6 dicembre al Teatro Astra di Torino, Orlando, diretto da Andrea De Rosa e interpretato da Anna Della Rosa, pièce che riesce a rendere la vertigine della scrittura di Virginia Woolf attraverso un’esperienza scenica intensa e coinvolgente. La drammaturgia, affidata a Fabrizio Sinisi, intreccia il romanzo Orlando con le lettere e le pagine di diario in cui la Woolf scrive in merito alla creazione. Lo spettacolo esplora i meandri della creatività letteraria, della passione intesa in senso lato e del tempo.
La scena, ieratica e simbolica, è dominata da un immanente tronco di quercia, privo di chioma, piantato su un tappeto erboso dal verde sgargiante. Questo elemento scenografico centrale rappresenta non solo un punto di riferimento fisico per l’attrice, ma anche un simbolo visivo del romanzo stesso: la quercia è infatti il titolo del poema che, nel romanzo, Orlando scrive, impiegando ben trecentocinquant’anni. Attorno a questo imponente elemento si sviluppa un racconto intimo, onirico e a tratti ironico, che combina il dialogo con il passato, una realtà altra, e una riflessione sulla scrittura come atto creativo e vitale. Tutto intorno non è presente alcuna quinta: si scorgono soltanto le pareti grigie del teatro, le porte di sicurezza e le corde annodate ai relativi sostegni a parete che tengono fissate le americane. Anna Della Rosa ruota di continuo attorno al grosso tronco, compiendo gesti impercettibili ma carichi di un dinamismo che deflagra in maniera preponderante attraverso le parole pronunciate.
L’illuminazione, inizialmente fredda, evolve gradualmente, simulando il variare della luce naturale nel corso della giornata. Ciò amplifica la sensazione di un tempo che fluisce incessantemente. Si alternano suoni di cinguettii, rintocchi di campane e il rumore quasi impercettibile di fogli che cadono. Questi ultimi, prima uno alla volta e poi in una pioggia fitta, invadono la scena. Cadono attraverso meccanismi appositamente approntati per lo spettacolo, dalle americane che la sommità del tronco sembra lambire. I candidi fogli diventano metafora della scrittura di Virginia Woolf: un incessante flusso che avvolge e sovrasta, fino a ricoprire persino il corpo dell’attrice nel momento culminante del finale, quando un’americana, dalla quale cadono i fogli, si abbassa sempre di più sul corpo sdraiato di della Rosa, fino a pochi centimetri da lei. Una scena che coincide simbolicamente con il suicidio di Woolf. Qui la scrittura diventa, allo stesso tempo, vita e dissoluzione: un modo per dare forma al caos interiore, un’inesorabile discesa nell’abisso, un abbandonarsi alle acque e al moto ondoso tipico dei periodi woolfiani, connotati dall’uso spasmodico del gerundio.
La scelta registica di Andrea De Rosa evidenzia il carattere poliedrico del testo di Woolf, trasformando la scena in un mosaico di frammenti tratti da Orlando e dalle lettere dell’autrice, specialmente quelle rivolte all’amica-amata Vita Sackville-West. Questo intreccio non solo restituisce la profondità e l’erotismo della relazione che ispirò il romanzo, ma illumina anche il gioco linguistico ed emotivo che Woolf tesseva tra scrittura e vita. Anna Della Rosa offre in scena un’interpretazione intensa, alternando con maestria registri emotivi e narrativi. La sua voce si modula per dare corpo tanto alla Woolf scrittrice quanto alla fluidità di Orlando, incarnazione del cambiamento e dell’ambiguità. Tuttavia, in alcuni momenti, la recitazione sembra sacrificare la musicalità tipica del linguaggio di Woolf per privilegiare un ritmo più frammentato, quasi spezzato. Questo tentativo deliberato di evitare eccessi melodici, per non traghettare lo spettatore verso lidi lontani dal significato delle parole pronunciate, rischia talvolta di attenuare la potenza lirica della forma woolfiana – verbosa e caratterizzata da interminabili e complessi periodi – privilegiando piuttosto il contenuto. La sinuosità e la musicalità del testo, che invece sono state rese in maniera fedele nella traduzione italiana recentemente condotta da Nadia Fusini per Neri Pozza, sembrano dunque essere presenti in scena come una leggera patina di cui, di tanto in tanto, qualche parola viene macchiata. Ebbene, il cuore pulsante dello spettacolo risiede nella rappresentazione della scrittura come strumento di scoperta e trasformazione. Le pagine che cadono incessantemente evocano l’idea di una creazione senza fine, che abbraccia sia la gioia che il tormento. La regia mette a tema anche il rapporto tra Woolf e il “tempo”, incarnato dalle campane che scandiscono il fluire delle ore, ma anche dall’atto creativo compiuto da Orlando con il suo poema, che attraversa epoche e identità.
La drammaturgia dell’Orlando di De Rosa si distingue per la capacità di costruire una tessitura che attraversa diversi piani narrativi e temporali. Non c’è una netta separazione tra le parole di Woolf e quelle di Orlando: l’una scivola nell’altra senza soluzione di continuità, riflettendo il fluire dei pensieri e delle emozioni. Questo approccio, seppur in parte meno accessibile per chi non ha familiarità con il testo o con la figura di Virginia Woolf, stimola lo spettatore a uno sforzo interpretativo maggiore.
Con Orlando Andrea De Rosa rende omaggio in modo affascinante a Virginia Woolf, un omaggio che supera la semplice trasposizione teatrale per esplorare il flusso profondo del suo processo creativo e le relazioni che lo hanno ispirato dove “Il passato si fonde con il presente, e si vive non soltanto il proprio tempo, ma anche quello degli altri.”
Ne risulta un’esperienza teatrale di particolare intensità, capace di colpire emotivamente e intellettualmente.
ORLANDO
dal romanzo di Virginia Woolf
e dal carteggio tra Virginia Woolf e Vita Sackville-West Scrivi sempre a mezzanotte (Donzelli)
drammaturgia Fabrizio Sinisi
traduzione Nadia Fusini
regia Andrea De Rosa
con Anna Della Rosa
scene Giuseppe Stellato
luci Pasquale Mari
suono G.U.P. Alcaro
costumi Ilaria Ariemme
aiuto regista Paolo Costantini
datore luci Roberto Gelmetti
fonico Claudio Tortorici
sarta Milena Nicoletti
musica di scena sinfonia n. 6 (patetica) Čajkovskij
produzione TPE – Teatro Piemonte Europa
Teatro Astra, Torino | 15 dicembre 2024
* PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture in collaborazione con docenti e università italiane per permettere la formazione di nuove generazioni attive nella critica dei linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac accoglie sul sito le recensioni di questi giovani scrittori seguendone la formazione e il percorso di crescita nella pratica della scrittura critica.